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Martedì 22 Aprile 2025
«Dall’inferno della finale con la Juve al paradiso con il Leverkusen: vi racconto “Atalanta. Una vita da Dea”».
L’INTERVISTA. Beppe Manzi, regista del film sul club bergamasco: «La reazione più bella è dei bergamaschi che vivono fuori provincia, la dimostrazione di un senso d’appartenenza straordinario».
Bergamo
«L’idea di realizzare “Atalanta. Una vita da Dea” è nata quando la squadra si stava qualificando alla semifinale di Europa League contro il Marsiglia. Abbiamo realizzato un video di lancio, per sfatare il tabù della storica semifinale contro il Malines. Poi ci siamo detti: “e se va male?”. È andata bene e abbiamo scelto di raccontare la settimana tra le due finali, di Coppa Italia e di Europa League. Sperando di vincere almeno un trofeo: alla fine è arrivato il più bello. E quindi dall’inferno della sconfitta al successo contro gli invincibili».
La nascita di «Atalanta. Una vita da Dea»
Beppe Manzi, bergamasco classe 1980, è il fondatore di Oki Doki Film e regista di «Atalanta. Una vita da Dea». Un film che sta riscontrando un enorme successo, non solo a Bergamo: «Sta andando molto bene. Il riscontro dei tifosi è stato incredibile, lo abbiamo percepito negli incontri nelle sale. La reazione più bella è dei bergamaschi che vivono fuori provincia, la dimostrazione di un senso d’appartenenza straordinario».
La prima volta «all’Atalanta»
«Avevo 8 anni quando mio papà mi ha portato “all’Atalanta”, con il primo abbonamento», racconta Beppe Manzi. «Ero contentissimo. Pian piano, crescendo, mi sono dedicato allo studio e tutto è passato in secondo piano. Fortunatamente le cose sono andate bene e sono tornato a frequentare lo stadio, finché non è nata la collaborazione tra Oki Doki e Atalanta».
«Dall’inferno della finale con la Juve al paradiso con il Leverkusen: vi racconto “Atalanta. Una vita da Dea”». Video di Elena Catalfamo
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