Don Trussardi: «La carità si fa con testa e cuore, il sentimentalismo non aiuta»

L’Eco di Bergamo Incontra Don Roberto Trussardi è direttore della Caritas diocesana bergamasca dal settembre 2018: dalla pandemia alla guerra in Ucraina, un ruolo difficile. «Mi ricarico in parrocchia cucinando per la sagra di Valtesse».

«La carità si fa con testa e cuore, cuore e testa, e poi tutto noi stessi al servizio degli altri. Il sentimentalismo non serve»: don Roberto Trussardi è direttore della Caritas diocesana bergamasca dal settembre del 2018 ed è collaboratore parrocchiale a Valtesse. «Resto prete in Valtesse e questo mi aiuta anche nel ricoprire un incarico istituzionale così delicato. La comunità mi ricarica per affrontare le sfide complesse della Caritas» racconta, reduce dalla festa della comunità in cui ha dato una mano anche in cucina.

«Alla Caritas bisogna sempre correre»

«La Caritas è Chiesa di Bergamo: non è una cooperativa, non è una associazione o una organizzazione non governativa - spiega -: è la Chiesa di Bergamo che ha una testa e un cuore rivolti a chi fa fatica a vivere, chi è sulla strada, chi è senza casa e senza lavoro». E in questi ultimi anni don Trussardi e la Caritas hanno dovuto affrontare emergenze non da poco. «Quella tosta del Covid che ha colpito le nostre realtà, e ora quella della guerra in Ucraina» racconta. «Alla Caritas bisogna sempre correre e farlo per la guerra dispiace molto perché è una situazione che si poteva evitare, ben diversa dalla pandemia o da un terremoto. Con la guerra ci facciamo del male da soli e dopo questi anni difficili non ci voleva: ma sono felice di vedere che cerchiamo di dare una risposta grazie al contributo di tutti. Questo è un segno bello».

Il rumore delle bombe negli occhi di un bimbo di 6 anni

Per l’emergenza Ucraina la Caritas di Bergamo ha aperto le porte con due centri per la prima accoglienza, in Seminario e al monastero di Matris Domini . «Ma la forza dell’accoglienza sono le comunità parrocchiali che accolgono ognuna pochi nuclei famigliari e insieme fanno tantissimo. A loro va il mio enorme grazie» ricorda don Trussardi. Non è facile confrontarsi con i segni che la guerra lascia su chi è in fuga: «Ho nel cuore soprattutto i bambini - racconta -: non riesco a dimenticare un bimbo di 6 anni, arrivato a Bergamo. Continuava a fare segni con le mani vicino alle orecchie, sembrava avesse dei rumori nella mente, il rumore delle bombe nella testa, come ci ha poi spiegato la psicologa. Ci sono rimasto male. I bambini per fortuna sono anche i primi a superare queste tragedie: con loro improvviso una partita di pallone insieme e riusciamo a sorridere».

L’appello: «Aperti a tutti, senza fare differenze»

«Se dovessi lanciare un appello ai bergamaschi - conclude il direttore della Caritas - li ringrazierei innanzitutto per la loro generosità e gli ricorderei di rimanere sempre aperti a tutti e a ciascuno, non facciamo differenze».

Don Trussardi: «La carità si fa con testa e cuore, il sentimentalismo non aiuta».

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