Ora il Real, dedicato
a chi non c’è più

«Vorrei che tu fossi qui», arpeggia una famosa canzone dei Pink Floyd, tra le più belle che siano mai state scritte. Vorrei che tu fossi qui e ti lustrassi gli occhi con Atalanta-Real Madrid, il duello che non osavi sperare, che neppure provavi a immaginare né ti ho mai sentito fantasticare. E invece succederà mercoledì sera, proprio a Bergamo, la tua città. Andata degli ottavi di finale di Champions League, che ai tuoi tempi si chiamava Coppa dei campioni, non aveva la musichetta ma solo a pronunciarne il nome suonava imponente come la Nona di Beethoven.

Frugando nei Campi Elisi della memoria ciascuno di noi può incontrare persone care – familiari, parenti, amici, maestri di vita, affabulatori di gesta sportive – che ci raccontavano il calcio, che lo dibattevano, ce lo rivelavano, trasmettendoci un amore che poi spendevamo sul campo di terra dell’oratorio fino a quando faceva buio, provando la rovesciata di Riva, prendendo le botte di Benetti o scappando sulla fascia come Cabrini, quando non dovevi indossare i guanti di Albertosi perché «chi sta in porta? Dai vai tu» (sottinteso «che sei il più debole e, per esclusione di chi la palla la sa trattare come si deve, ti tocca»). A loro che vissero l’età del ferro e magari non fecero in tempo a conoscere l’età dell’oro gasperiniana dedichiamo un minuto dei nostri pensieri: Atalanta-Real è per loro che non ci sono più e ci avrebbero ricamato un poema, magari al bar tabacchi del Mario ( in via Statuto), allora uno dei bar sport per eccellenza. Allo stadio ci andavano tutte le domeniche, da fedeli abbonati.

E comunque la conquista di un trofeo, la Coppa Italia del 1963, la videro con i loro occhi, mentre noi la leggiamo sui libri e su Wikipedia. Il loro Real Madrid era Di Stefano, mitologia lontana nelle gerarchie del pallone, non solo sul mappamondo. E buona per lunghe discussioni – tra le boccette e un calicino – su chi fosse il più forte di tutti tra il bomber argentino (naturalizzato spagnolo) e Pelè. Ma poi arrivò Maradona... Erano cantori instancabili delle imprese e delle sconfitte nerazzurre. Ora l’Atalanta ha azzerato quella distanza storica, ma se è arrivata fin qui è anche grazie al sostegno, culturale prima che agonistico, dei nostri vecchi. Ragazzi, vincete anche per loro.

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