«Abbiamo perso un amico vero»
Elio Corbani ricorda Nielsen

«Un grande giocatore, una persona intelligente e di grande correttezza»

Flemming Nielsen, il «Fenicottero» dal cuore nerazzurro, non c’è più. Il ricordo di Elio Corbani scava nel tempo e con un pizzico di malinconia si rituffa negli Anni sessanta, con la vittoria della Coppa Italia e l’immagine di un’Atalanta, capace ieri come oggi, di piegare le big: «Nielsen è stato un grande giocatore e una persona perbene, di valore, legatissima a Bergamo e all’Atalanta - esordisce Corbani -, la sua scomparsa mi addolora profondamente. Ho ancora negli occhi la falcata dirompente di Flemming, mediano di qualità e di fisico. Nella stagione 1962/1963 l’Atalanta riuscì a battere per due volte l’Inter di Helenio Herrera che a quei tempi vinceva quasi sempre. E nella gara di Bergamo (3 marzo 1963, ndr) fu Nielsen a segnare il gol decisivo. Finì 1-0 per noi...».

Arrivò a Bergamo nell’estate del 1961...
«Insieme a Christensen che però non possedeva il tasso tecnico di Flemming. Venne acquistato dall’Atalanta grazie ai contatti che il presidente, il senatore Turani, aveva in Danimarca. Ci furono segnalazioni e Tentorio lo portò in nerazzurro».

Si poteva già definire un giocatore moderno per i suoi tempi, di fisico e tecnica?
«Assolutamente sì. Era alto, prestante, ma aveva soprattutto piedi buoni e visione di gioco. Si può tranquillamente paragonare ai centrocampisti di oggi, pure all’attuale tandem della linea mediana nerazzurra. Soprattutto a Freuler, anche se Nielsen aveva più qualità. Gli piaceva avere libertà d’azione, senza obblighi di marcatura. Direi più mezzala d’attacco che mediano».

Con la maglia dell’Atalanta 112 presenze complessive e 10 gol. Alcuni memorabili. Ma soprattutto una Coppa Italia alzata...
«Aveva un gran tiro. Però, nonostante l’altezza, non era un fenomeno nei colpi di testa. Era sicuramente più abile con il pallone tra i piedi. La Coppa Italia vinta il 2 giugno del 1963 contro il Torino a S.Siro è “La Partita” nella storia dell’Atalanta».

Il punto più alto?
«Esplose Domenghini con 3 gol. E il 3-1 finale fu ineccepibile. E pensare che il Torino era il grande favorito...».

Nielsen è sempre stato legato a quella vittoria.
«Senza dubbio. Ma era affezionato all’ambiente Atalanta nel senso più ampio. Era rientrato in Danimarca anche per uno spiccato senso di attaccamento alla sua Nazione e alle sue radici. Ma aveva casa ad Alzano e tornava spesso da noi».

Nielsen centrocampista di qualità e anche giornalista. Un caso unico di giocatore-corrispondente.
«Scriveva articoli per le riviste del suo Paese. Sul campionato italiano in generale. Stiamo parlando di una persona molto intelligente, preparata, di grande correttezza. Lo ricordo molto disponibile nelle interviste. Allora bastava una telefonata, non si facevano conferenze stampa ogni settimana... Aveva uno stile nordico, serio nei comportamenti».

È diventato una bandiera pur essendo rimasto solo 3 anni a Bergamo.
«A questo ha contribuito il grande spessore del personaggio e il suo fortissimo attaccamento ai colori nerazzurri e a Bergamo. Abbiamo perso un amico vero e un pezzo importante della storia dell’Atalanta».

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