Antidoping e dieta, le lezioni attuali del dottor Polini

Il ricordo.Vent’anni fa l’improvvisa scomparsa, aveva solo 47 anni. Persona eccezionale e medico preparatissimo.

Il pensiero torna indietro esattamente di vent’anni, quella brutta domenica 8 dicembre a Torino, dove all’Atalanta toccano i granata in campionato. Valter Polini, il medico sociale dall’estate 2000, era sceso regolarmente a colazione con la squadra ed era poi rientrato nella sua stanza al «Principi di Piemonte» senza più ridiscendere per pranzo. Un infarto aveva fermato la sua vita. Aveva solo 47 anni e lasciava la moglie Emy e la figlia Federica. La partita, considerando lo stato d’animo di tutti gli atalantini, fu ovviamente rinviata.

Valter era una persona eccezionale e un medico preparatissimo, un’intervista nel ritiro di Sarre ce lo rivelò come tale. Fabio Gallo confermò: «Una sera lo chiamai per un forte mal di stomaco. Venne da Dalmine per farmi un’iniezione. E, siccome il dolore non passava, tornò e rimase con me fin dopo mezzanotte, quando il dolore smise di tormentarmi. In 15 anni di calcio non ho mai avuto un medico come lui».

Polini veniva dal ciclismo, dove fu un discreto professionista dal 1977 al 1981, vantando illustri compagni di squadra quali Moser, Baronchelli e Saronni. Si era laureato nel 1986, specializzandosi in Medicina dello sport tre anni dopo. Storica e coraggiosa la sua crociata contro il doping nel ciclismo in anni decisamente difficili. «Sono stato un apripista» come lui stesso ricordava. E in quella intervista scoprimmo che Sarre e dintorni non erano una novità per lui, che nel 1987 si trovò, concomitanti, il matrimonio e il Giro della Val d’Aosta da seguire come medico per la sua squadra. Con Emy mandò in onda un viaggio di nozze a tappe.

E a Sarre aveva svelato la sua idea di dieta, soprattutto per venire incontro alle esigenze dei calciatori, che venivano da anni tristi di pasta o riso in bianco e filetto ai ferri con spinaci (testimonianza diretta di mister Vavassori). Così, nel menù di Polini, trovavano posto gli «Spaghetti sfiziosetti col crudo», «Gli gnocchi di patate, pomodoro e panna» e, in onore al territorio che li ospitava, anche «Crespelle e Scaloppine alla valdostana». «Si cerca di andare incontro all’atleta e così si studia come dare più gusto alla tavola. Anche l’impatto psicologico davanti a un piatto ha la sua bella importanza. Si potrebbe dire che una portata che non piace rischia di non essere digerita bene». Valter arrivò a sdoganare la birra: «Per smaltire le tossine del dopo partita, vedo bene un minestrone, una bistecca e una birra che è un ottimo antiossidante». Vent’anni fa era avanti una cifra! E, sempre Fabio Gallo, ricorda come il dottore si presentò al suo primo giorno di ritiro a Deutschlandsberg: «Sono Valter Polini e sono a vostra disposizione, ma sono nuovo, aiutatemi ad aiutarvi. Questo ci ripeteva, voleva imparare da noi, adeguarsi alle regole del gruppo senza creare problemi. Era davvero un grande!»

Ai suoi funerali, tre giorni dopo a Mariano di Dalmine, don Adriano Bravi dirà: «Ci vorrebbe uno stadio per salutare Valter. Questa chiesa non basta». E Padre Alvaro: «Non possiamo che dirti grazie di cuore». C’erano i suoi due mondi, ciclismo e calcio. Con Gimondi e Baronchelli, Titta Rota e Ventola. Un abbraccio fin lassù, Valter, qui nessuno ti dimentica.

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