Caldara a L’Eco: «Dura fermarsi. Ma adesso guardo avanti»

L’INTERVISTA. Il difensore bergamasco ha annunciato l’addio al calcio: «Ora si volta pagina. Mi piacerebbe allenare. E sto iniziando a dare una mano nella scuola calcio dell’Azzano».

Nei giorni scorsi, la notizia del suo addio al calcio era stata d’impatto, non tanto per la scelta in sé, dettata dai tanti infortuni, quanto per il racconto accorato e toccante del calvario – fisico ed emotivo - che l’ha portato fin lì. Mattia Caldara ha sofferto per abbandonare il pallone, ma sta già voltando pagina: a 31 anni senza farsi assalire dai rimpianti, ripensa ai suoi migliori momenti e studia un futuro diverso.

Vuole fare l’allenatore, cominciando dai più piccoli: senza assilli né scorciatoie, sognando di arrivare un giorno nell’Atalanta, la squadra della sua vita, che continua a guardare con affetto. A proposito: sabato 22 novembre i nerazzurri giocano contro quel Napoli che, per due volte, rivoluzionò la sua storia calcistica.

Caldara, come sta?

«Bene: l’accettazione è la cosa più difficile. Raggiunta quella, si riesce a voltare pagina: la mia vita da calciatore è finita, e non immaginavo così presto, ora sono pronto a crearmi una nuova vita».

Quanto tempo ci è voluto per arrivare fin qui?

«A fine agosto ho concepito l’idea che tutto stava per finire, tra settembre e ottobre è stata dura, ma ora sono sereno. È tutto un discorso di testa, in certi momenti non vedevo la luce: la mia carriera ha proposto tante cose belle ma ad un certo punto era diventata un peso. Nel Milan mi sono rotto tendine d’Achille e crociato, poi è stata la cartilagine della caviglia a costringermi a smettere, per un infortunio con lo Spezia».

Nella sua lettera ha trasmesso la sua sofferenza.

«Forse i toni sono stati troppo drammatici, ma il messaggio è quello che volevo lasciare passare. Mi hanno scritto in tanti, con affetto: so di avere lasciato qualcosa a tanti amici e compagni, anche quelli con cui ho giocato poco».

Cosa c’è nel futuro di Caldara?

«Voglio allenare, ma prima devo studiare ed essere pronto: ora non lo sono e io voglio essere sicuro di fare bene ciò che faccio, perché sono molto critico con me stesso, dunque l’estate prossima farò il patentino e vedremo se questa storia si evolverà. Sto iniziando a dare una mano nella scuola calcio dell’Azzano, in cui gioca mio figlio Alessandro di cinque anni (primo di tre fratelli, ci sono anche Ludovico e Leonardo, ndr), e in cui insegno la fase difensiva all’Under 14: i ragazzi mi ascoltano, è una soddisfazione».

Leggi l’intervista completa sulla copia digitale de L'Eco di Bergamo del 21 novembre, alle pagine 46 e 47

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