Ci ha lasciato Dany Eynard, l’architetto
che ha fatto volare l’atletica bergamasca

È morto a 90 anni. Da giovane praticò il salto in alto, da presidente (per 29 anni) portò in orbita l’Atletica Bergamo 59: 33 scudetti, 130 titoli individuali e due bronzi europei. E fu lui a ideare il palasport cittadino.

Dell’architetto restano le opere: la sua mente ha ideato, tra i tanti, il palazzetto dello sport di Bergamo, e la stragrande maggioranza degli impianti sportivi costruiti in provincia a cavallo tra gli anni 70 e 90. Dell’uomo di sport e di atletica, insieme ai trofei (pochissimi, in Italia, da presidente, possono vantarne tanti quanto lui) rimangono invece l’esempio e una signorilità non comune, a tutti i livelli. Se è vero, come dice il saggio, che nessuno muore per davvero sino a che vive nel cuore di chi resta, passerà almeno un secolo prima che Bergamo si dimentichi di Daniele Eynard, per tutti semplicemente «Dany» volato in cielo dal letto di casa sua, nel cuore della città, a novant’anni, nella notte fra giovedì e venerdì. Verso le nuvole, da atleta, aveva mirato in gioventù nel salto in alto, disciplina praticata nonostante a 15 anni un incidente gli avesse fatto perdere l’uso della mano sinistra.

Nato il 23 giugno del 1930 in una famiglia d’origini svizzere (passione per lo sport ereditata da papà Giancarlo, anche lui architetto e amante della regina di tutti gli sport), il suo nome rimarrà legato per sempre alla storia dell’atletica bergamasca e in primis a quella dell’Atletica Bergamo ’59 (oggi sponsorizzata Oriocenter) di cui è stato l’unico a far parte ininterrottamente dal giorno della sua fondazione (il 9 febbraio del 1959, alla Borsa Merci) sino a ieri, quando ancora ricopriva la carica di presidente onorario. Nel consiglio direttivo ha vissuto l’era pionieristica del club giallorosso, quella in cui erano emersi talenti del calibro di Vincenzo Charlie Guerini, ancora oggi riconosciuto come il miglior atleta al maschile della storia bergamasca. Al timone, senza alcuna brama di potere (questione di indole e di carattere) si era trovato all’improvviso nel 1983, prendendo l’eredità di Giulia Mazza, scomparso a breve giro di pista da una scissione interna che stava per portare alla sparizione. Positivo, visionario, lungimirante, nemmeno lui avrebbe potuto immaginare che 29 anni dopo (ha lasciato nel 2012 per raggiunti limiti d’età) i suoi sarebbero stati considerati un modello da imitare in tutta Italia, collezionando in quell’arco di tempo la bellezza di 33 scudetti di società, 130 titoli italiani individuali, un bronzo assoluto agli Europei indoor (Stefania Lazzaroni, salto in lungo edizione di Goteborg 1984) e un terzo posto agli Europei junior (Elena Scarpellini, salto con l’asta).

Appendice statistica: il calcolo esclude le affermazioni dei talenti partiti dalla Bg 59 (un esempio per tutti, Matteo Giupponi) prima di consacrarsi altrove, spesso e volentieri nei corpi sportivi militari. La depressione e l’esaltazione non erano parte del suo Dna, che dopo ogni successo gli faceva dire da campione olimpico dell’equilibrio: «Continueremo sulla nostra linea, senza fare mai il passo più lungo della gamba. E mi faccia ringraziare i nostri club satelliti e i tecnici: è grazie a loro se siamo cresciuti nel tempo».

All’atletica, materia di cui aveva una competenza sia tecnica, sia psicologica, non comune, ha dedicato più di 70 dei suoi 90 anni, facendo staffetta con famiglia e lavoro: quando ancora ci andava quotidianamente, la sua seconda casa si chiamava campo Coni (divenuto Putti solo qualche anno fa). È stato anche fiduciario tecnico del Comitato provinciale della Fidal, presidente del Comitato provinciale e membro del Comitato regionale. Ha ricevuto una benemerenza dal Comune di Bergamo (nel 2008) e un riconoscimento del Panathlon (l’anno successivo). Insieme alle onorificenze, di lui resteranno nel cuore di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo uno stile e una galanteria non comuni: trattava allo stesso modo sia il super esperto di atletica sia chi non conosceva la differenza tra un peso e un giavellotto, il futuro campione come il ragazzino che era palese a breve si sarebbe dedicato ad altro. La sua scomparsa lascia nel dolore la moglie Alba e i figli Laura e Alessandro: l’ultimo saluto è in programma lunedì alle 15 al Tempio evangelico di Bergamo, in viale Roma.

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