Italia-Inghilterra, i bergamaschi a Londra: «Noi sui carboni ardenti»

L’attesa dei tifosi: «In casa 7 contro 1, mia moglie inglese». «Ci temono». «Guarderò la partita a Trafalgar Square: sarà bello vincere in mezzo a loro».

C’è chi ha già deciso di tuffarsi nella bolgia dei «nemici» e chi cerca ancora un posto sugli spalti, nonostante i prezzi dei biglietti siano schizzati alle stelle dopo l’ultima semifinale. I più si stanno organizzando per un barbecue in giardino, o per una cena in un ristorante italiano. A Londra fervono i preparativi per assistere alla storica finale dell’Europeo di calcio in programma domani sera, e tra i bergamaschi residenti nella capitale inglese la febbre è già altissima.

Arturo Paris , 62 anni, originario di Ponte Selva, è tra i decani dei nostri conterranei in terra inglese: arrivato a Londra nel 1976, ha fatto il cameriere e il fotografo; oggi fa il giardiniere e affitta appartamenti. «Per loro è una grande occasione – racconta –. Noi in famiglia abbiamo un problema: mia moglie è inglese ed è molto più scalmanata di noi. Ma domenica saremo in sette contro uno, tiferà Italia anche mio figlio, che qui in Inghilterra ci è nato».

Reduce da due partite allo stadio (quelle contro Svizzera e Spagna), Arturo Paris dovrà accontentarsi di vedere la finale in televisione: «Dopo che l’Inghilterra ha vinto contro la Danimarca – racconta – i prezzi sono schizzati fino a tremila sterline». Quasi meglio un barbecue tra amici, come farà anche Daniele Mastrigli , 37 anni, originario del quartiere cittadino di Monterosso, a Londra dal 2015, dove lavora come manager in una società finanziaria: «Giocare contro l’Inghilterra, per noi che viviamo qui, è il massimo – racconta –. Lo stadio è a 20 minuti da casa mia: nei giorni scorsi c’erano molti più italiani, domenica ce ne saranno di meno. Ma gli inglesi ci temono, sanno che l’Italia è sempre stata una squadra forte».

Paolo Bellotti è tra i giovanissimi bergamaschi che vivono a Londra: ha appena 22 anni ed è partito da Osio Sotto poco prima del Covid. «Nel bar dove lavoro – dice – vengono tanti italiani. Con gli inglesi siamo passati dalle risate a un’improvvisa rivalità. Per me è la prima finale, quando abbiamo vinto il Mondiale nel 2006 avevo soltanto 8 anni; da allora, solo delusioni». Pub e piazze, a Londra, sono al completo da tempo: anche nella capitale inglese qualche restrizione anti Covid resiste, anche se ormai la paura sembra passata, nonostante la recrudescenza dei contagi: «Ormai qui siamo tutti vaccinati – racconta Anna Personeni , 24 anni, studentessa di Sant’Omobono –. Vivo in Inghilterra e anche se vincessero loro, sarei contenta lo stesso, ma ho tanti amici inglesi che fanno il tifo per l’Italia».

«Qui sono tutti matti»

Gabriele Bonzi ha 32 anni, e da cinque si è trasferito da San Giovanni Bianco a Londra: è ingegnere e fa il manutentore di mezzi di soccorso: «Qui sono tutti matti – dice –. L’altra sera durante i festeggiamenti hanno distrutto autobus e ambulanze; per questo molti miei colleghi sperano che vinca l’Italia. È una nazionale di ragazzi giovani, bravi, che parlano poco e pensano a divertirsi. Il Covid? Qui non si ha la percezione che avete voi in Italia dell’Inghilterra: i contagi crescono, è vero, ma rispetto all’anno scorso, i ricoveri si sono quasi azzerati».

Dopo l’emozione della semifinale vissuta sugli spalti, Radames Bonaccorsi – 51 anni, originario di Osio Sotto, da 23 anni a Londra, dove lavora come assistente sociale e organizza iniziative per il circolo dei Bergamaschi nel mondo, di cui è presidente – ha deciso di guardare la finale a Trafalgar Square, la «bolgia» per eccellenza del tifo inglese: «Saremo pochi italiani – ammette –, ma sarà bellissimo vincere e trovarsi a festeggiare proprio in mezzo a loro. Qui siamo tutti sui carboni ardenti, come per la finale del Mondiale del 2006. I rapporti con gli inglesi? Siamo già ospiti, se dovessero perdere la finale – aggiunge ridendo –, potrebbero diventare pericolosi».

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