Aggressioni al personale sanitario, in tre anni 135 episodi e 29 infortuni

Asst Papa Giovanni I casi di atti lesivi acuti hanno generato 400 giornate di lavoro perse. Ferrari, responsabile prevenzione: dati sottostimati, molte situazioni non vengono denunciate.

In tre anni quasi 400 giornate di lavoro perse, per infortuni dovuti a forme di violenza: percosse, pugni, schiaffi spintoni. Sono i numeri, e riguardano solo i casi emersi, raccolti dall’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo in occasione della prima Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari, indetta con il decreto del 27 gennaio firmato dal ministro della Salute Roberto Speranza di concerto con il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e dell’Università e della Ricerca Maria Cristina Messa.

Prevenzione e sensibilizzazione

Un’occasione per lanciare forme di prevenzione e sensibilizzazione su un fenomeno che sembra davvero fare a pugni, a due anni dallo scoppio della pandemia, con i ringraziamenti e la riconoscenza tributati a livello mondiale, e in particolare a Bergamo, a tutto il mondo del sanità, per quanto e come si è speso per curare i malati colpiti da Sars-Cov2. «In effetti, l’aspettativa era che l’afflato del “Siete tutti angeli” durasse un po’ di più: non è stato così, purtroppo. Non che il fenomeno delle violenze contro gli operatori sanitari fosse sconosciuto prima della pandemia, anzi. Ma guardare ora le cifre che dal nostro osservatorio abbiamo raccolto negli ultimi tre anni, dopo tutto quello che è successo con la pandemia, fa un certo effetto – rimarca Tatiana Ferrari, responsabile Servizio prevenzione e protezione e coordinatrice del gruppo di lavoro aziendale sulla violenza contro gli operatori dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo – . Diventa quindi importante sviluppare una serie di attività da un lato rivolte al personale, per la formazione a prevenire e gestire situazioni critiche, dall’altro all’utenza, di sensibilizzazione sul fenomeno, all’educazione al rispetto».

«Sviluppare attività da un lato rivolte al personale, per la formazione a prevenire e gestire situazioni critiche, dall’altro all’utenza, di sensibilizzazione»

I numeri, si diceva: il sistema informativo a cui hanno accesso tutti i lavoratori dell’Asst Papa Giovanni, dove ogni dipendente, sia sanitario, sia amministrativo o comunque impiegato nella struttura può fare segnalazione, anche in forma anonima di episodi di violenza, verbale e no, subita sul posto di lavoro, ha raccolto dal 2019 all’anno scorso, 135 segnalazioni di violenze subite nel corso delle proprie prestazioni lavorative: di queste 41 nel 2019, 20 nel 2020, l’anno del lockwdown, quando negli ospedali si era concentrati a fronteggiare l’ondata massiccia di ricoveri Covid, e i numeri poi risalgono a ben 65 nel 2021.

Inail: il 70% delle violenze non segnalato

«Va sottolineato che le segnalazioni non riguardano soltanto i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari in senso stretto, ma anche gli amministrativi, che possono essere oggetto di soprusi da parte degli utenti, per esempio al Cup – evidenzia Tatiana Ferrari – . E questi dati, che pur non sono bassi, sono comunque sottostimati. Secondo l’Inail si calcola infatti che circa il 70% delle aggressioni e delle violenze subite non venga segnalato, e in caso di danni fisici le persone interessate non vadano in pronto soccorso a farsi refertare. Per i più svariati motivi: per il timore del giudizio degli altri, perché ci si sente in qualche modo responsabili, perché si ha paura di non saper svolgere bene la propria mansione, per il timore di aver sbagliato qualcosa, anche a volte per non mettere in difficoltà l’utente che si è reso protagonista dell’aggressione».

«Non segnalano per diversi motivi: il timore del giudizio degli altri, la paura di non saper svolgere bene la propria mansione, di aver sbagliato qualcosa, anche a volte per non mettere in difficoltà l’utente»

Dai 135 episodi segnalati negli ultimi tre anni all’Asst Papa Giovanni di Bergamo sono generati 29 infortuni sul lavoro: 11 nel 2019, 7 nel 2020 (anche qui i numeri calano, si è nel pieno dello tsunami Covid, 11 nel 2021): infortuni refertati e per i quali è stata aperta una pratica Inail, che in totale rappresentano un danno quantificato in 400 giornate di lavoro perse. «E tra questi 400 giorni di lavoro persi spicca il fatto che 148 siano nel 2020 con 7 infortuni, ma l’anno scorso, quando gli infortuni segnalati Inail sono stati 11, le giornate di lavoro perse sono 208, quasi il doppio. Infortuni quindi anche di una certa gravità – continua Ferrari – . E nel 70 per cento dei casi riguardano le donne: è necessario evidenziare che non si tratta di una questione di genere, ma di proporzione numerica, visto che il 70% del personale sanitario è costituito da donne».

Valutazione del rischio

Importante, nella messa in atto di azioni preventive, l’analisi del fenomeno attraverso una documentata valutazione del rischio per la messa in atto di nuovi strumenti. «Molto si può fare anche a livello logistico, per esempio lavorare sugli ambienti, con separazioni di aree, installazione di “elimina code” agli sportelli perché siano più smart – conclude Tatiana Ferrari – . Ma un ruolo fondamentale è anche quello dei corsi di formazione per i lavoratori, perché riconoscano le situazioni che possono degenerare, perché adottino comportamenti specifici nelle strutture o nei reparti più a rischio, come per esempio la psichiatria e il pronto soccorso».

«Quest’anno abbiamo adottato una cartellonistica dislocata in molte aree dell’ospedale, dai Cup ai pronto soccorso, negli ambulatori e nei reparti, tradotti anche in molte lingue»

«Ma tanto può fare anche l’informazione all’utenza: quest’anno abbiamo adottato una cartellonistica dislocata in molte aree dell’ospedale, dai Cup ai pronto soccorso, negli ambulatori e nei reparti, tradotti anche in molte lingue. La gente deve essere informata ed educata su quanto sia fondamentale il rispetto verso chi si occupa della salute altrui, ma deve avere anche coscienza che qualunque atto aggressivo è un reato, e che sarà perseguito».

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