Bullismo, i primi casi già sotto i 14 anni. «Poi, convocati in questura, piangono»

IL FENOMENO. La polizia a fianco delle scuole. Il questore: «Puntiamo più sulla prevenzione che sulla repressione». Nel 2023 gli episodi più gravi sono stati 14. Il dirigente dell’Anticrimine: col decreto Caivano scatta l’ammonimento. Il tema sarà approfondito anche in una serie di podcast sul nostro sito.

Il confine con la bravata è sottilissimo. Eppure, quando alcuni atteggiamenti sfociano nel cosiddetto bullismo, i ragazzini che li mettono in atto compiono a tutti gli effetti un reato, che può andare dell’estorsione alla rapina, alla violenza privata. E l’età dei «bulli» a Bergamo è scesa drasticamente: «I primi casi si riscontrano ormai anche al di sotto dei 14 anni, quando gli autori non sono nemmeno ancora imputabili – spiega il primo dirigente della polizia di Stato, Andrea Sandroni, a capo della divisione Anticrimine della Questura cittadina –: vengono chiaramente richiamati, anche se formalmente non raggiunti da provvedimenti ufficiali quali il cosiddetto ammonimento. Va comunque sottolineato che la legge prevede che, al compimento del diciottesimo anno di età, questi eventuali provvedimenti vengono tutti cancellati, perché l’intenzione è sempre quella di dare un’altra possibilità a chi può aver sbagliato da ragazzo».

Il fenomeno

Ma come si comporta il bullo nei confronti dei suoi coetanei? Dai casi giunti in Questura, si va dalle banali minacce – spesso ripetute tutti i giorni, in una sorta di accanimento – di consegnare una merendina fino alla richiesta di denaro o capi d’abbigliamento. L’età dei bulli bergamaschi va dunque dai 14 anni, qualche volta anche meno, fino ai 18, quando poi chi mette in atto questi comportamenti viene giudicato a tutti gli effetti come un adulto.

I casi che sono sfociati in denunce sono pochi: si tratta però delle situazioni più gravi, arrivate all’attenzione delle forze dell’ordine e circondate da un «sottobosco» di situazioni borderline che rischiano di peggiorare. In tutto il 2023 i casi finiti all’attenzione della polizia di Stato (compreso il commissariato di Treviglio) sono stati 14: di questi, 10 hanno avuto come teatro la strada e gli altri 4 la scuola. «Possiamo dunque affermare con certezza che il fenomeno non è preoccupante, ma va seguito e noi come forze dell’ordine siamo in campo sul territorio con iniziative accanto alle scuole, da dove riusciamo a sensibilizzare ragazzi, docenti e genitori – spiega il questore, Stanislao Schimera –. È importante il dialogo diretto con gli alunni, i genitori e gli insegnanti. A Bergamo e provincia puntiamo molto sulla prevenzione più che sulla repressione. La prevaricazione dei ragazzi sui propri coetanei non è un modo per risolvere i problemi o far prevalere la propria personalità».

Ascolta "Le forze dell'ordine a fianco delle scuole" su Spreaker.

Il decreto Caivano

Nulla a che vedere, invece, con il fenomeno delle baby gang: «Queste operano con mentalità criminale, con il profitto quale loro scopo, mentre il bullo agisce per sopraffazione», evidenzia il questore. L’impegno in Questura per contrastare il bullismo è pressoché quotidiano: «I contatti per costruire incontri e confronti con ragazzi e genitori sono costanti – aggiunge Sandroni –: in quelle circostanze noi spieghiamo chiaramente che chi subisce atti di bullismo può ricorrere a strumenti legislativi che non arrivano subito alla denuncia, ma che consentono di avere una difesa da parte della giustizia: il nuovo strumento introdotto dal decreto Caivano nel settembre del 2023 in caso di minaccia, lesioni o violenza privata prevede, prima della querela, il cosiddetto ammonimento, che deve però arrivare dalla parte offesa. È uno strumento amministrativo di prevenzione. Spesso i ragazzini derubricano le situazioni di bullismo in bravate, ma si tratta comunque di comportamenti gravi e che vanno fermati perché in alcuni casi hanno portato a situazioni anche disastrose per le vittime. Quando poi i bulli arrivano qui in ufficio con i genitori, spesso diventano agnellini e scoppiano a piangere». Non meno grave la declinazione social del bullismo, il cosiddetto cyberbullismo: «Già dal 2017 è previsto l’ammonimento in caso di body shaming o atti di presa in giro su Internet». Anche questo un risvolto più che mai attuale.

L’inchiesta de L’Eco con la serie podcast

In vista della «Giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo» del prossimo 7 febbraio, L’Eco in queste settimane tratterà il tema con interviste, dati, informazioni, consigli dei vari enti e organismi coinvolti, in un’inchiesta pubblicata sul giornale e sul sito tutti i mercoledì. Contestualmente verrà realizzata una serie di podcast sull’argomento, con interviste e interventi a esponenti delle forze dell’ordine, delle scuole, delle associazioni, gli stessi ragazzi e i vari enti che hanno organizzato, negli anni e in vista del prossimo 7 febbraio, iniziative di sensibilizzazione sull’argomento.

Il primo podcast sarà a disposizione a partire dalla giornata del 17 gennaio sul sito del nostro giornale: intervengono il questore Stanislao Schimera e il primo dirigente Andrea Sandroni, a capo della divisione Anticrimine della Questura. «La diffusione di Internet e dei social – spiega il questore nel podcast – ha portato a cambiare il rapporto tra i giovani stessi e degli adulti con i giovani, che prima era diretto, mentre ora si parla meno direttamente con le nuove generazioni. Da una parte, dunque, le informazioni sono più rapide e più globali rispetto al passato, dall’altra si è persa la relazione diretta con la gente».

«Anche la nostra attività – aggiunge Schimera – si è trasformata e oggi passiamo molto tempo a indagare anche sui social, che ci consentono di individuare quali possano essere gli ambiti di intervento per venire sempre più incontro alle esigenze dei ragazzi. L’asse si è spostato da ambiti localizzati a qualcosa che va ben oltre il locale. E spesso Internet diventa un luogo dove nascondersi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA