«Ci sono margini per riaprire prima?»
Bergamo prepara un documento

Il presidente della Provincia: lunedì confronto con politica e parti sociali sullo studio dell’Università. «Prepareremo un documento per Regione e Governo». Un’eventuale zona arancio non prima del 27 novembre.

«Voglio convocare un tavolo con tutte le forze politiche, parlamentari, consiglieri regionali, sindacati, Confindustria e le parti sociali per capire meglio lo studio preparato dall’Università sulla seconda ondata del Covid nella nostra provincia». Ci sono ancora un paio di dettagli e agende da incrociare ma ci sarà probabilmente lunedì in Provincia, convocato dal presidente Gianfranco Gafforelli.

Sul tavolo il lavoro curato da Paolo Buonanno, ordinario di Economia e prorettore delegato alla comunicazione istituzionale, che ha evidenziato come la seconda ondata abbia colpito in modo praticamente speculare la parte ovest della Lombardia, Milano, la Brianza, il varesotto e Como. Quella cioè che non ha subito i devastanti effetti della scorsa primavera quando il flagello si è abbattuto su Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona.

«Voglio capire se ci sono i margini per poter trasformare questo studio in una decisione di natura politica: preparare cioè tutti insieme un documento da sottoporre alla Regione piuttosto che al ministro della Salute, Roberto Speranza, per vedere se ci siano possibilità di allentare le limitazioni attuali nella nostra provincia» prosegue Gafforelli. «Lo facciamo per andare incontro a tutte quelle attività che in questo momento vivono una situazione molto difficile essendo tutti in zona rossa seppure con una situazione migliore rispetto ad altre parti della Lombardia. Nessuna volontà di scavalcare qualcuno né tanto meno imporre qualcosa: non ne ho il potere né tantomeno l’intenzione: ma qui abbiamo dei dati sui quali credo ci si debba confrontare tutti insieme, naturalmente mettendo al centro di tutto la salute pubblica».

I governatori all’attacco

Intanto i presidenti di Regione hanno «chiesto un incontro con i ministri competenti per rivalutare i parametri utilizzati fino a oggi. Parametri che l’integrità dei presidenti ha ritenuto poco congrui» spiega da Palazzo Lombardia Attilio Fontana.

«I governatori hanno chiesto di essere maggiormente coinvolti per la classificazione e valutazione dei nuovi parametri, una volta individuati» ha detto Fontana. Quanto alla possibilità che la Lombardia dalla prossima settimana possa passare da zona «rossa» ad «arancione» tutta o solo in alcune province, il governatore ha chiarito: «L’eventuale differenziazione territoriale non comporta un cambio di zona, ma un allentamento delle misure».

Ed è proprio su questa possibiltà che si muove il quadro delineato dallo studio dell’Università che sia lo stesso Buonanno che il rettore Remo Morzenti Pellegrini hanno sempre inteso come un contributo di natura tecnica (non epidemiologica) ai decisori politici. Fermo restando che per poter cambiare zona, o ipotizzare allentamenti delle misure di natura provinciale (o anche in parti di essa) serve che per almeno 2 settimane si rimanga sotto determinati valori e in modo stabile e continuativo.

La Lombardia, nel complesso, da venerdì scorso è tecnicamente in zona arancione, nel senso che è scesa sotto i livelli (determinati da 21 parametri, ora i governatori hanno proposto di restringere la rosa a 5 ma il Governo non pare dell’idea) che l’hanno messa in zona rossa. Ma per passare davvero in quella arancione servono appunto 2 settimane, quindi non avverrà (se avverrà) prima di venerdì 27 novembre.

«Ridefiniamo i rischi»

«Lo studio della nostra università suggerisce che le distinzioni regionali basate sul profilo di rischio andrebbero più coerentemente ridefinite quantomeno a livello subregionale o provinciale» spiega Morzenti Pellegrini. «È stata evidenziata una relazione inversa tra la severità della prima ondata, misurata dal tasso di mortalità in eccesso rispetto agli scorsi anni e il numero di contagi della seconda».

La spiegazione è duplice: «È possibile che una parte della popolazione sia ora immunizzata, ma soprattutto ci potrebbe essere stato un cambiamento nei comportamenti degli individui, ora più attenti al distanziamento e all’uso delle mascherine. Un maggior senso di attenzione e cooperazione che gli economisti chiamano “capitale civico” e che potrebbe essere alla base di eventuali provvedimenti meno restrittivi per questa parte del Paese» spiega il rettore. «Non è un “liberi tutti”, ma la necessità di confrontarci con un quadro mutato e vedere se ci siano le condizioni per ripartire già adesso».

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