Covid, i medici: alla scuola serve uno stop di 15 giorni

La proposta di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, sostenuta anche da Guido Marinoni, al timone dell’Ordine bergamasco: «Circolazione virale da contenere. Si recuperi a giugno». Vincenzo Cubelli, direttore dell’Ufficio scolastico territoriale di Bergamo: «Difficoltà nell’applicazione, specialmente per le scuole superiori di primo e secondo grado che devono sostenere gli esami secondo un calendario già fissato e poco modificabile».

Fermare la didattica in presenza per due settimane, recuperando le lezioni a giugno, così da ridurre il rischio di un’ulteriore impennata dei contagi. È la proposta di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, sostenuta anche da Guido Marinoni, al timone dell’Ordine bergamasco. Un’ipoteche tuttavia, avverte il direttore dell’Ufficio scolastico territoriale di Bergamo, Vincenzo Cubelli, presenta difficoltà concrete, in particolare legate all’organizzazione dei calendari, tenuto conto ad esempio degli esami in programma per gli studenti delle scuole secondarie.

La proposta dei medici

«Le misure messe in atto dal governo sono importanti, ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia – premette Anelli -. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi. Per questo chiediamo uno stop di 15 giorni, da recuperare poi a giugno, quando dovremmo essere fuori dall’emergenza».

Per Marinoni, si tratta di «proposte di buon senso»: «In questo momento è opportuno rimandare di un paio di settimane la ripresa delle lezioni. Ci uniamo a questa richiesta: l’importanza della didattica in presenza è nota a tutti, va bene la scelta ideologica – riflette Marinoni - ma la situazione in questo momento è davvero complicata. Rimandare il ritorno tra i banchi di due settimane consentirebbe di contenere la circolazione virale nel momento in cui ci si avvicina al picco, riprendendo poi a febbraio quando la curva potrebbe essere migliore. Un ritorno massiccio in classe già ora, invece, aggraverebbe il quadro. Si potrebbe allungare l’anno scolastico a giugno-luglio: abbiamo imparato che in quel periodo il virus si attenua. Se ci si fermasse ora per due settimane, inoltre, si potrebbe velocizzare la vaccinazione dei bambini e avviare in maniera più rapida l’inizio della dose booster per i 12-15enni (le cui prenotazioni si aprono proprio oggi, ndr)».

Marinoni si dice d’accordo anche con la posizione espressa ieri tramite le colonne del nostro giornale da Remo Morzenti Pellegrini, rettore emerito dell’Università di Bergamo, secondo cui sarebbe preferibile aspettare un paio di settimane prima del ritorno tra i banchi. La ripresa a pieno regime è prevista per lunedì, anche se un numero ridotto di istituti – circa il 20% – ha ricominciato già ieri: molte classi però erano decimate, tra positivi in isolamento e contatti in quarantena, e diverse assenze si sono segnalate anche nel personale scolastico.

«Soluzione difficile»

«Premesso che un dirigente dello Stato non ha il compito di prendere decisioni politiche né quello di giudicare le norme ma solo quello di applicarle - è la posizione del direttore dell’Ufficio scolastico, Vincenzo Cubelli – osservo che la sospensione delle lezioni ed il conseguente recupero presenterebbero alcune difficoltà nell’applicazione (specialmente per le scuole superiori di primo e secondo grado che devono sostenere gli esami secondo un calendario già fissato e poco modificabile). Sarebbe tuttavia la sospensione una bellissima lezione di cittadinanza se potesse essere l’occasione per vaccinare nelle scuole studentesse e studenti con il consenso dei loro genitori. Ma anche tenere le scuole aperte in una così complessa contingenza sarebbe un successo per ogni studente, per ogni classe in sicura presenza».

Secondo la Federazione nazionale degli Ordini dei medici va cambiato anche il sistema delle «Regioni a colori»: «Serve una nuova classificazione, nuovi parametri che tengano conto della pressione sulla sanità territoriale». «Non si può guardare solo all’occupazione degli ospedali – aggiunge Marinoni -: quelle statistiche non restituiscono il carico altissimo che è sulle spalle della medicina del territorio. La situazione è ingestibile. Purtroppo, ancora una volta, lo sforzo enorme dei medici di base non viene considerato». In Lombardia sono 444.555 le persone attualmente con l’infezione in corso: 2.858 di queste sono ricoverate, lo 0,64%, mentre tutte le altre – tolta una parte consistente asintomatica – sono seguite a casa dal medico di base.

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