Covid, terapie intensive piene. E si teme l’effetto Pasqua

Negli ospedali bergamaschi. Pezzoli (Papa Giovanni): guardia alta ancora per diverso tempo. Keim (Asst Bergamo Est): si accumulano ritardi nelle cure per altre malattie.

Si scende molto, molto lentamente: è ancora alta la pressione dei ricoveri Covid sugli ospedali, ieri i numeri erano più bassi (718 in totale negli ospedali bergamaschi, 27 in meno), ma non nelle Terapie intensive, dove il «ricambio», tra un posto che si libera e l’arrivo di un altro paziente, avviene nel giro di ore nella stessa giornata. Perché? Il coro è unanime: le chiusure che la Lombardia ha sopportato finora non sono mai state davvero rigide, rispetto alla primavera dello scorso anno. E in più, adesso, c’è il timore che quella minima flessione tra pochi giorni si possa rialzare, a causa degli incontri pasquali tra famiglie e amici.

«Purtroppo, è così: bisogna stare in guardia ancora per diverso tempo, non ci si deve fare illusioni. Anzi, siamo su un plateau che non cala verticalmente come era accaduto ad aprile dell’anno scorso – sottolinea Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo –. E la pressione ospedaliera è difficile da gestire. La Regione ci ha concesso di scendere di un livello per le Terapie intensive, dai 52 letti messi a disposizione ora siamo a 48, ma ne abbiamo occupati 45, quindi siamo quasi al sold out. È vero che in pronto soccorso ora gestiamo una media di 4-5 ricoveri per Covid al giorno, rispetto agli 8-9 di qualche giorno fa, ma non è sufficiente per dirsi fuori pericolo. Ora abbiamo 13 ricoveri in meno rispetto all’altro giorno, ma non possiamo dire se questo trend è consolidato: nelle feste di Pasqua c’è chi i picnic con i parenti e gli amici li ha fatti, chi ha ricevuto in casa troppi amici e familiari. Speriamo di non doverci fare i conti le prossime settimane. In tutta la provincia di Bergamo siamo a 89 ricoverati in Terapia intensiva. Una saturazione ancora alta, e dobbiamo pensare agli altri malati, alle emergenze, agli oncologici, a chi da un anno aspetta di essere operato; le persone hanno bisogno di risposte. Come Papa Giovanni stiamo ipotizzando di liberare posti letto nella Chirurgia, e di riaprire alcune attività di sala operatoria per passare a un’attività ordinaria al 69%, ora è al 45%. Ma per recuperare l’arretrato ci vorrà molto tempo. Nel frattempo, si vaccini a tutta velocità. E la popolazione deve aiutarci, rispettando le regole».

I bisogni dei malati

Non nasconde il timore dell’effetto feste pasquali neppure Roberto Keim, direttore del Dipartimento Anestesia e rianimazione dell’Asst Bergamo: «Credo che fino a fine mese sia necessario restare fermi. Da medico dico: siamo saturi, in Terapia intensiva abbiamo tutti i posti occupati, e quando se ne libera uno la gente deve sapere che a volte non si tratta di dimissioni, ma perché la gente muore. Ora stiamo conservando due posti per le emergenze non Covid, ma riuscire a fare fronte ai bisogni del territorio in questo momento è davvero difficile. E nei prossimi mesi sarà complicato recuperare a tutte le necessità: ci porteremo per molti anni gli effetti di questi ritardi e rallentamenti nelle cure per altre patologie. È molto presto, quindi, per pensare a riaperture: dobbiamo continuare a vaccinare, anche calcolando l’effetto AstraZeneca sulla popolazione; una campagna che già non ha brillato per rapidità, potrebbe avere un altro contraccolpo, per la gente che rifiuta il vaccino».

Fare previsioni, quindi, su possibili aperture, ora sembra azzardato. Qualche segnale di un calo c’è, ma non è sufficiente per parlare di una sicura inversione di tendenza. «Constatiamo che dopo i picchi vicini a quota 200 ricoverati, da giorni abbiamo trovato una quota di resistenza attorno ai 160 pazienti Covid – sottolinea Peter Assembergs, direttore generale dell’Asst Bergamo Ovest –. Nonostante le dimissioni, continuano le entrate e il saldo appunto è da giorni attestato a quota 160, di cui 16 in Terapia intensiva. Non facciamo al momento previsioni». Perché il plateau su cui si muovono i ricoveri potrebbe avere anche qualche ritorno verso l’alto.

Attendere altri 15 giorni

«Non credo che ci sarà un nuovo picco, ma non è ancora arrivata la fase della discesa verticale. Il decremento è minimo e le chiusure non totali che si sono susseguite ce l’hanno insegnato: il virus cala se chiudi tutto. Per qualche segnale, speriamo in positivo, bisognerà aspettare almeno altri quindici giorni – rimarca Massimo Castoldi, direttore sanitario di Humanitas Gavazzeni –. Nel frattempo si devono intensificare i vaccini. Ognuno deve fare la sua parte: noi siamo pronti e dal 12 aprile attiviamo 10 linee al Cus di Dalmine, nel frattempo in ospedale abbiamo iniziato a proteggere i nostri vulnerabili, a partire dai dializzati». Sono state avviate le vaccinazioni dei vulnerabili in carico all’ospedale anche al Policlinico di Ponte San Pietro (Iob-Gruppo San Donato) come spiega Eleonora Botta, direttore sanitario: «Non solo, da oggi (ieri ndr) abbiamo attivato anche la gestione delle linee vaccinali a Mapello, che fa capo all’Asst Bergamo Ovest. Le vaccinazioni vanno incrementate, assolutamente. Solo così, tra qualche settimana, si vedranno gli effetti anche sui ricoveri: da noi la pressione al momento non è eccessiva, sia per le degenze ordinarie Covid sia per le intensive. Ma solo fra qualche tempo potremo pensare a riattivare le altre attività. Ora è presto: deve consolidarsi il calo».

Su L’Eco di Bergamo in edicola venerdì 9 aprile tutti i dati aggiornati sui ricoveri nella Bergamasca.

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