Da Kiev alla Fondazione Angelo Custode.
La piccola Amelia ha trovato chi la cura

La storia La bimba ha due anni ed è affetta da una malattia rara che le impedisce i movimenti. È stata accolta a Bergamo con i genitori e la nonna.

Gli occhi di Nadia si inumidiscono mentre Alina racconta una delle ultime telefonate ricevute da Kiev. «Nella loro cantina, Alina e il marito avevano conservato una scorta di latte in polvere della piccola Amelia - dice -. I loro amici le hanno chiesto se potevano berlo, perché i soldati russi erano passati casa per casa a fare razzia di cibo, di coperte e di cuscini, e non avevano più nulla da mangiare. La notte qualcuno di loro sarebbe andato a casa dei conoscenti morti in guerra, per vedere se almeno lì era avanzato qualcosa».

La fuga in Italia

Sono i racconti di un conflitto al quale nessuno, spiega Alina, ha mai creduto davvero fino allo scoppio dei primi bombardamenti. «Sentivamo da tempo la pressione psicologica della Russia, ma un’invasione non la credevamo possibile. Non così: ormai sparano sulle case, sugli ospedali e sui civili per strada. Perché succede? Nessuno di noi, in Ucraina, è nazista». Alina ha 28 anni, la piccola Amelia ne compirà 2 ad aprile; a gennaio di un anno fa i medici le hanno diagnosticato una rara forma di SMA 1, una malattia degenerativa dei muscoli che le impedisce quasi di muoversi. Erano in Polonia, vicino a Cracovia, per una delle tante sedute di fisioterapia cui Amelia deve essere sottoposta periodicamente, quando è scoppiata la guerra. «Non potevamo rientrare, così siamo partiti in macchina per l’Italia», dice Alina. A Bergamo è arrivata tutta la famiglia: lei, Amelia, Oleksandr, il marito, e nonna Olena. Da 10 giorni sono ospitati nella foresteria della Fondazione Angelo Custode, nei locali che di solito sono riservati ai genitori dei bambini in cura alla casa Amoris Laetitia. «Sono arrivati qui - spiega il direttore generale, Giuseppe Giovanelli - su segnalazione della Caritas, perché abbiamo le strutture necessarie per le cure della piccola, e un altro bambino con la sua stessa malattia».

Amelia ha già iniziato un percorso di visite con medici e fisioterapisti per trovare una terapia adatta alle sue condizioni di salute

L’aiuto di Roksana Malinovskyi

Una luce per la famiglia Mishenko, che si è accesa grazie a un’amicizia stretta mesi fa su Instagram, e al momento rimasta solo sui social. «L’anno scorso – racconta Alina – ho conosciuto Roksana, la moglie di Ruslan Malinovskyi, il giocatore dell’Atalanta. Lei ci ha aiutato tanto per raccogliere i soldi necessari per portare Amelia a curarsi negli Stati Uniti». Un viaggio della speranza durato quattro mesi, dal quale sono rientrati a ottobre. «E così quando in poco tempo abbiamo dovuto decidere dove andare, abbiamo pensato subito a Bergamo, dove siamo stati accolti da tutti con calore e professionalità», spiega. Amelia ha già iniziato un percorso di visite con medici e fisioterapisti per trovare una terapia adatta alle sue condizioni di salute. «Ci stiamo già attivando sia per il percorso educativo, che per quello riabilitativo della bambina – dice Maria Luisa Galli, responsabile di casa Amoris Laetitia –. Presto saremo in grado anche di fornirle una carrozzina più strutturata ed efficace, che le consentirà di mantenere meglio la stabilità. Siamo in contatto anche con un centro di Milano, specializzato nella cura della SMA1, affinché possano essere prescritte le cure migliori».

«Non sappiamo quanto tempo resteremo - dice ancora Alina - ma stiamo già pensando all’ipotesi di trasferirci qui»

«Vorremmo vivere qui»

Non sarà un soggiorno breve, quello della famiglia Mishenko in Italia: «Non sappiamo quanto tempo resteremo - dice ancora Alina - ma stiamo già pensando all’ipotesi di trasferirci qui: in Ucraina non ci sono le strutture per curare nostra figlia e dopo la guerra sarà ancora peggio». Prima di dare alla luce Amelia, Alina lavorava come contabile in un’azienda, il marito è un manager in una ditta che costruisce impianti per il Gpl. «Servirà un po’ di tempo per capire come si evolverà la situazione - dice Giovanelli -, poi li aiuteremo a cercare un appartamento che consentirà loro di ritrovare un po’ più di normalità».

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