«Servono decisioni rapide e chiusure»
Lorini: così potremo ridurre i contagi

L’intervista a Luca Lorini: non sono numeri da lockdown ma bisogna agire. «Gli sforzi vanno profusi nella direzione della vaccinazione massiccia».

Contagi e ricoveri in costante aumento nella Bergamasca, una delle province rimaste fino a qualche giorno fa ai margini della seconda ondata. Un campanello d’allarme inizia a risuonare anche qui, con la soglia dei cento positivi giornalieri superata più volte nel mese in corso e 77 ricoverati in più dal 1° al 17 febbraio nei vari ospedali del territorio, che ora ospitano 262 pazienti Covid.

«Ma non bisogna farsi prendere dal panico. Tra le lezioni imparate in questi mesi una è molto semplice: i numeri devono guidare le strategie – spiega Luca Lorini, direttore del Dipartimento di emergenza urgenza e area critica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo –. Più contagi alimentano più ricoveri e più morti. Se i numeri alti si confermano per vari giorni consecutivi, all’interno di un trend, bisogna essere rapidi a tornare un po’ indietro, in attesa dei vaccini e di una percentuale di popolazione vaccinata superiore al 70%. Tradotto: bisogna fermarsi un attimo. Tutti vorremmo un’altra verità, ma il virus non cammina da solo, lo trasmettiamo noi e bisogna essere rapidi a rallentare i numeri. Se sono stabili, abbiamo raggiunto un equilibrio; se scendono, possiamo provare a riaprire alcune attività, ma se salgono bisogna tornare indietro un po’. Tuttavia non siamo ancora a una situazione da lockdown ed è inutile guardare ai numeri giornalieri influenzati da troppi fattori. Serve analizzare i trend settimanali e decidere». E il trend dell’ultima settimana certifica che Bergamo ha registrato un incremento del 35% di contagi rispetto ai sette giorni precedenti. «Bisogna far qualcosa per riportare i numeri in equilibrio – ribadisce Lorini –. Abbassare i contagi e chiudere qualcosa, selezionando attività e comparti. Ma serve rapidità nel prendere le decisioni, montare e smontare con grande rapidità. Quando si può riaprire un pezzo di libertà, di ristorante, di stadio, si può fare. Altrettanto rapidi bisogna essere nello smontare il sistema quando i numeri salgono. Flessibili e veloci, perché fin quando non avremo vaccinato tante persone andremo avanti così ancora per 5-6 settimane».

Sul tema delle varianti, Lorini invita a una riflessione: «Dobbiamo comportarci con le varianti, in particolare con quella inglese, esattamente come quando contrastavamo il virus all’inizio. Nel senso che è un virus contagioso, letale per gli anziani, può essere contratto anche dalla popolazione più giovane e quindi servono sempre prudenza e distanziamento. Questo è il fratello gemello, sono simili, è cambiato un pezzettino come accade sempre nelle pandemie prima di sparire. Ricordiamoci quanto fosse diffuso e pericoloso il virus a marzo. Anzi, la variante inglese non ci ha fatto male come il primo virus. Il vero tema dirimente in ogni caso è la vaccinazione massiccia con il passare del tempo. Gli sforzi vanno profusi in questa direzione, senza paura. Delle altre varianti sappiamo meno, ma non dobbiamo fare l’errore di pensare di essere meno esposti visto che Brasile e Sudafrica sono più lontani. La Cina insegna».

Un elemento di preoccupazione può essere la velocità con cui si stanno propagando i contagi, più delle varianti, ma «l’allerta di adesso – sottolinea Lorini – non è paragonabile a quella di un anno fa, in cui non avevamo nemmeno idea del virus già presente tra di noi. Al Papa Giovanni abbiamo finora 67 malati Covid, che ci consentono di avere un ospedale che funziona all’80% della sua potenzialità. Un equilibrio accettabile. Se i dati dei malati dovessero salire, siamo pronti a vari scenari, sui reparti e le aree da attrezzare. L’unica vera preoccupazione è che con l’aumento progressivo dei pazienti Covid in un pezzo di ospedale, si tolgono un po’ di posti agli altri pazienti che non sono Covid: se tratto cento malati Covid, non riesco a seguirne altri cento no Covid. Si sposta ciò che è spostabile, con priorità alle urgenze».

Sulla pressione ospedaliera, Lorini evidenzia che «nella seconda ondata, dal 1° ottobre in poi, ci siamo messi a disposizione della rete lombarda perché il contributo locale è stato relativamente basso, con gran parte dei pazienti provenienti da fuori provincia (Brescia, Varese, Monza, Milano e Pavia). E in sostanza siamo ancora nella seconda ondata».

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