Depressione post partum, colpita una donna su dieci: «Se ne parla poco»

ASST PAPA GIOVANNI . Bondi (Dipartimento di salute mentale): «È importante l’intervento precoce. Utili i nuovi farmaci». Molti i percorsi messi in campo per non lasciare da sole le donne. L’approfondimento su L’Eco di Bergamo di domenica 10 dicembre.

Ansia, pensieri bui, difficoltà a interagire con il proprio bambino, disturbi del sonno, fatica, panico. «La depressione post partum ha molte sfaccettature, può avere anche una componente biologica che gioca la sua parte, e può capitare a tutte. Ma se ne parla sempre troppo poco. Soprattutto è avvolta in un’aura di silenzio, e di stigma: silenzio e stigma da combattere, perché è importante intervenire precocemente, nei casi di neomamme colpite da questi sintomi. Se non trattati, possono avere conseguenze, anche gravi, non solo per la donna, ma anche per il bambino». Emi Bondi, direttore del Dipartimento di Salute mentale dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo e presidente nazionale della Spi, Società italiana di psichiatria (per la componente dei Servizi territoriali) inquadra il fenomeno anche all’interno di un radicale cambiamento della società. «Lo stigma resta, le stesse donne che soffrono di depressione spesso fanno fatica ad ammettere di avere bisogno di aiuto – spiega – . Perché la gravidanza viene comunemente rappresentata come un momento, “di grazia”: è vero, ma è anche momento molto delicato, di grande vulnerabilità. Fisica, ma in particolare psichica e psicologica, soprattutto nell’era contemporanea. Una volta i figli nascevano in “tribù” tra nonne, zie, parenti che potevano aiutare la donna ad accudire e accogliere questa nuova vita nella quotidianità. Oggi le donne sono spesso sole. E da loro ci si aspetta che sappiano affrontare cambiamenti radicali che, inevitabilmente, arrivano dopo una gravidanza».

Attenzione alta

L’Asst Papa Giovanni, spiega Emi Bondi, ha da tempo un’attenzione molto alta verso le depressioni post partum e tutto quanto riguarda la donna in gravidanza e puerperio: «Siamo stati tra i primi ad attivare lo screening per intercettare i casi sospetti: è uno screening semplice, basato su una serie di domande a cui la donna risponde, sempre su base volontaria. Viene proposto alle donne in due fasi: quando arrivano in ospedale per l’ecografia al quinto mese di gravidanza, e poi dopo il parto, quando portano i neonati in ospedale, a tre mesi, per le prime vaccinazioni – spiega Emi Bondi – . Una scelta, questa dell’indagine pre e post partum perché in realtà sarebbe corretto di parlare di depressione perinatale, i segnali possono comparire anche prima del parto. Ed è importante intercettarli precocemente. Se i risultati sono positivi, alla donna viene proposto un colloquio con uno psicologo. E, se necessario, si costruisce un percorso di psicoterapia, affiancato eventualmente anche da una terapia farmacologica». All’Asst Papa Giovanni, spiega la responsabile del Dipartimento di Salute mentale, sono almeno 2.000 le donne sottoposte al test (ogni anno, per avere un’idea delle proporzioni sul numero di partorienti intercettate, al «Papa Giovanni» si registrano circa 4.000 parti) e «di queste, secondo le nostre statistiche, tra il 10 e il 12 per cento hanno test che danno risultati positivi. Una percentuale che è allineata alla media italiana ed europea». All’interno della quale, comunque, le condizioni delle puerpere che risultano positive allo screening sono assolutamente variegate.

«Attualmente abbiamo in carico una quarantina di donne, con percorsi che durano circa 4-6 mesi, con équipe multidisciplinari. Generalmente questi disturbi si risolvono nel giro di 6 mesi, e non sempre è necessario costruire un percorso di supporto, dopo il primo colloquio. Ma nel 25% dei casi, se le donne non vengono trattate, le stato depressivo può anche continuare per un anno e più. Nello 0,1% dei casi abbiamo registrato forme di psicosi gravi, a volte diventa necessario anche un ricovero – continua Bondi – . È importante che le donne capiscano che, qualora si registrino sintomi che possono essere segnali d’allarme, non sentano di aver “mancato nel loro ruolo di madri”. La gravidanza è un momento certamente fisiologico e naturale, e la nascita di un figlio è un evento gioioso, ma si deve tenere conto anche che si tratta di una fase delicata per una donna. Spesso sola, ad affrontare stanchezza, sonno, stress emotivo. Gioca un ruolo fondamentale la presenza maschile: il papà del bambino viene sempre coinvolto nei percorsi di supporto che attuiamo. E con lui anche i familiari della donna».

Non solo psicoterapia

Non solo psicoterapia, comunque: anche i farmaci possono essere importanti. «Spesso si teme che assumere farmaci in gravidanza sia rischioso. Al “Papa Giovanni” contiamo sull’aiuto del Centro antiveleni e di Tossicologia che abbiamo in ospedale: la consulenza di questi specialisti è fondamentale, le donne possono stare tranquille; i farmaci di ultima generazione possono essere assunti anche durante l’allattamento. E di recente negli Usa è stato approvato un farmaco di ultima generazione, a base ormonale, che risulta molto efficace, senza controindicazioni. Si attende l’approvazione anche di Ema ed Aifa». Accanto quindi a supporti farmacologici e psicologici, quando non psichiatrici, a uno stretto collegamento con l’Ostetricia e la Ginecologia (anche per i casi di donne già in cura per depressione o ansia che intraprendono una gravidanza), l’Asst non trascura il supporto pratico alle donne che hanno appena partorito. «L’home visiting delle ostetriche, che si recano a domicilio per aiutare tutte le donne che hanno appena partorito, è cruciale, ancora di più nel percorso di cura delle puerpere con segnali di depressione post partum – spiega Bondi – .I cambiamenti nella vita quotidiana, con la gestione di un neonato per una donna possono essere molto stressanti. L’apporto a domicilio di un aiuto professionale, competente e preparato è fondamentale. È importantissimo non fare sentire sola una donna nel puerperio, e, in caso di segnali di depressione, l’intervento precoce è importante anche per il futuro del figlioletto: la letterature scientifica ci dice che una mamma depressa interagisce meno con il bimbo, che quindi diventa meno reattivo. E siccome il suo primo canale di comunicazione e di conoscenza è proprio la mamma, potrà avere disturbi nella socializzazione e nell’apprendimento. Non si deve temere la depressione post partum, le cure ci sono, è lo stigma che va combattuto».

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