Ex vigilessa uccisa, rinviati a giudizio le figlie e il bergamasco Mirto Milani

In Tribunale Sono stati rinviati a giudizio Mirto Milani e le sorelle Paola e Silvia Zani: i tre sono accusati dell’uccisione di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di 52 anni uccisa l’8 maggio di un anno fa a Temù, paese dell’Alta Valle Camonica.

Lo ha disposto il Gup Gaia Sorrentino nell’udienza preliminare: i tre saranno in aula a Brescia il prossimo 27 ottobre per il dibattimento, davanti alla prima sezione penale della Corte d’Assise. Dovranno rispondere di concorso in omicidio volontario aggravato e soppressione di cadavere.

Mirto Milani, originario della Roncola San Bernardo e trasferito dal carcere di Canton Mombello, è accusato dell’omicidio della donna, insieme a due delle tre figlie della donna: Paola e Silvia Zani, anche loro in aula, che sono state portate in tribunale dall’istituto di Verziano, dove condividono la cella dallo scorso 24 settembre.

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Durante l’udienza dello scorso 27 giugno, poi aggiornata a lunedì 4 luglio, erano state affrontate questioni preliminari relative alla costituzione di parte civile dei fratelli, della mamma e della figlia mezzana della vittima. Ora la decisione sul rinvio a giudizio dei tre.

Le confessioni

Le sorelle Zani a fine maggio hanno ammesso di aver ucciso la madre.La loro confessione è arrivata, dopo sei mesi di silenzio, il giorno dopo che il fidanzato della maggiore - il 28enne Mirto Milani - ha ammesso per primo l’omicidio come già emerso nelle conversazioni intercettate dagli inquirenti, e finite agli atti, con un compagno di cella a Canton Mombello. Il bergamasco ha così confermato il racconto di quanto progettato per mesi con le figlie della vittima. Al compagno di cella il giovane ha detto di aver contribuito a stordire Laura Ziliani con le benzodiazepine nascoste in un muffin, per poi soffocarla con un sacchetto in testa e seppellirne il corpo in una fossa vicino al fiume. Si sarebbe trattato solo dell’ultimo tentativo di uccidere la donna: «Ci avevamo provato già diverse volte» avrebbe detto il bergamasco.

Dall’interrogatorio in cui le sorelle Zani hanno ammesso il delitto, invece, è emerso un rapporto molto conflittuale con l’ex vigilessa. Secondo quanto trapelato, le due ragazze avrebbero detto di sentirsi sbagliate, inadeguate e inferiori: sarebbe stato questo disagio psicologico a indurle, con l’aiuto del fidanzato della più grande, ad architettare l’omicidio della madre. Tutti e tre hanno dunque negato ogni movente economico, nonostante gli inquirenti restino convinti che il consistente reddito mensile e il patrimonio immobiliare della Ziliani abbiano giocato un ruolo fondamentale.

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