In carrozzina sotto la canicola
Il gesto semplice di uno sconosciuto

Un lettera di un nostro lettore, Paolo Bellini, che ci racconta un piccolo gesto di gratuità che lo ha profondamente colpito

Venerdì 5 luglio ore 11,30, temperatura 35 gradi all’ombra. Mia moglie mi ha accompagnato per una visita medica in un paese vicino.

Da qualche settimana sono costretto a muovermi con una sedia a rotelle: terminata la visita le propongo che lei vada a recuperare l’auto parcheggiata un poco lontano e io mi avvii verso la piazza, dove ritrovarci per bere insieme qualcosa di fresco.

Parto, mi muovo abbastanza bene nel primo tratto: marciapiede ampio, ben pavimentato, in piano. Attraverso la via e mi trovo su un marciapiede questa volta stretto, pendente verso la strada e un poco dissestato. Faccio fatica: dopo un mese di ospedale il tono muscolare anche delle braccia è ridotto al minimo. Faccio fatica e procedo molto lentamente. Sono completamente sotto il sole cocente. Ho sbagliato lato della strada, dall’altra parte avrei almeno avuto il beneficio di un po’ di ombra.

Mi superano un paio di persone, un’altra mi viene di fronte, cerco di mantenere uno sguardo quasi sorridente nonostante lo sconforto. Quasi quasi mi fermo... Con la coda dell’occhio vedo una persona che attraversa la strada; giunto a metà carreggiata sento che mi chiede: «Le posso dare una mano?». Senza alcuna esitazione, girandomi di lato gli rispondo: «L’ha mandata la Provvidenza».
«Dove deve andare?» mi domanda; rispondo: «Fino all’angolo della piazza, grazie». Mentre spinge la carrozzella, senza curiosità ma quasi con preoccupazione mi domanda cosa mi è successo. Gli racconto delle mie tribolazioni dell’ultimo mese e mezzo e, senza tanti giri di parole, della diagnosi aspra emessa dai medici un mese prima.

Nel frattempo siamo arrivati in piazza. Mi si mette di fronte, mi guarda e mi dice: «Mi dispiace, ma sono sicuro che ce la farà. Se ha piacere le porto dal bar qualcosa di fresco, un caffè …». Lo ringrazio e gli rispondo che sono in attesa di mia moglie. A quel punto allunga la mano e mi dice: «Fabio», stringendogliela rispondo: «Paolo» e guardandolo negli occhi aggiungo sorridendo: «Grazie, ero proprio un po’ in crisi». Mentre se ne va, guardo la piazza animata di gente che cammina, entra ed esce nei negozi e nei bar, si saluta e cerca all’ombra un po’ di refrigerio nella canicola di mezzogiorno.

Ripenso all’incontro con Fabio: anziché scendere (da Gerusalemme a Gerico), stavo solamente cercando di salire lungo un marciapiede mal messo. Non ci sono stati né briganti né violenze né feriti; ho incrociato alcune persone, quello sì. Uno sconosciuto ha attraversato la strada e si è preso cura di me: mi è spiaciuto, a posteriori, non aver dato a Fabio la possibilità di tirar fuori due euro per un chinotto fresco, sarebbe stata una parabola perfetta.n 

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