«La nuova ondata di Covid in Cina non si replicherà in Italia»

L’intervista.Il professor Locatelli: «Qui situazione molto diversa, lo si deve all’alta copertura vaccinale. Ormai non siamo più in un periodo pandemico».

Un anno fa, in questi stessi giorni, Omicron dilagava e si tornava a pianificare restrizioni. Due anni fa, invece, s’imboccava ancora la strada delle chiusure, proprio nel cuore delle feste. Oggi, a quasi tre anni dalla prima scintilla pandemica, la realtà è profondamente diversa: la convivenza col Sars-CoV-2 è «matura» e restituisce una vita sostanzialmente normale. Per il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità (Css) e già coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza Covid, «non siamo più in periodo pandemico, ma in una fase di endemizzazione». Un cambio di paradigma che però non cancella tutto il resto: la campagna vaccinale, ad esempio, va proseguita, specie la quarta dose per anziani e fragili. Perché è proprio l’immunizzazione – quella da vaccino e anche quella da guarigione – che fa la differenza, rispetto alla situazione di nuovo critica che si osserva in Cina.

Professore, qual è oggi la situazione del Covid in Italia?

«Una situazione assolutamente sotto controllo. L’incidenza del contagio è ulteriormente scesa, così come l’occupazione dei reparti di area medica, mentre le Terapie intensive sono tra lo stabile e la riduzione dei posti occupati».

Da un anno, Omicron è dominante.

«Anche l’ultima flash survey dà conto di come BA.5 sia al 91,7% dei campionamenti. Vuol dire che questo sottolignaggio è prevalente, e che al momento non abbiamo a che fare con alcuna variante potenzialmente in grado di evadere la risposta immunitaria o causare una patologia più grave. Rimane alta la contagiosità, le reinfezioni sono sopra al 20%: grazie alle coperture vaccinali e alla pregressa immunità c’è però una larga protezione».

Quanto resisterà questa variante?

«Alcune settimane ancora di sicuro. Vederla più in là è aleatorio. Circolazioni alte come quelle in Cina possono teoricamente favorire l’emergere di nuove varianti. Certamente non siamo più in periodo pandemico, ma largamente in fase di endemizzazione. Come tutti i virus respiratori, questa stagione può favorire la circolazione del Sars-CoV-2: continuerà a circolare ancora per anni, come altri virus respiratori, con periodi di maggior e minore incidenza. Questa non sarà l’ultima zoonosi, per questo è necessario dare un compiuto corso alla creazione dell’hub nazionale antipandemico».

In Cina sembra essere tornata l’emergenza: cosa sta succedendo? Dobbiamo preoccuparci?

«In Cina purtroppo c’è una percentuale bassa di vaccinazione, e forse anche con vaccini non esattamente paragonabili ai nostri in termini di efficacia, e una minor pregressa esposizione al virus. In Italia la situazione non è paragonabile: c’è un’alta copertura vaccinale e praticamente più di un italiano su due, sommando i casi ufficiali e anche quelli non notificati, ha incontrato già il virus».

Sulla quarta dose, l’adesione è rimasta sempre tiepida.

«Nella fascia 60-69 anni la quarta dose l’ha ricevuta il 18,5%, nella fascia 70-79 anni siamo al 30%, tra gli over 80 al 43%: sono percentuali insufficienti e va ribadita la raccomandazione, perché soprattutto in quelle fasce d’età c’è ancora il rischio di sviluppare complicazioni insufficienti. Perché l’adesione è bassa? C’è un po’ di stanchezza vaccinale, la percezione che il problema sia stato superato».

Come valuta i primi provvedimenti del nuovo governo?

«Sulle mascherine, è assai opportuno aver confermato l’obbligo di indossarle nelle strutture ospedaliere e nelle Rsa, dove ci sono le persone più fragili».

E sulla riduzione dell’isolamento?

«Il Consiglio superiore di Sanità aveva espresso una posizione del tutto analoga già alla fine di agosto, quando si era ridotto l’isolamento a 5 giorni per gli asintomatici e per i sintomatici senza più sintomi da almeno 2 giorni, lasciando poi al governo la decisione sul tampone finale: la scelta del precedente esecutivo è stata più prudenziale, il nuovo si è orientato a non prevedere il tampone. Era comunque un parere che il Css aveva sostanzialmente già dato: personalmente raccomanderei comunque un tampone per quelle persone che, specie per motivi di lavoro, si trovano a contatto con persone fragili».

Le ultime settimane hanno visto anche il boom dell’influenza.

«Teoricamente ce lo si poteva aspettare, anche se non era completamente prevedibile. Abbiamo assistito a un numero di casi decisamente superiore rispetto al passato. Aver indossato le mascherine negli ultimi due anni ci aveva protetto anche da questo tipo di infezioni. Negli ultimi 7-10 giorni c’è stata una decelerazione, dopo il picco. Rimane la raccomandazione a vaccinarsi».

Qual è, oggi, lo stato di salute della Sanità italiana?

«Ha mostrato punti di forza in termini di resilienza ma anche debolezze, su tutte la medicina territoriale e anche i pronto soccorso. Su questi aspetti c’è una situazione delicata, che non può più essere rimandata: va affrontato e gestito il tema dell’organizzazione dei pronto soccorso e dei meccanismi premiali per incentivare le future classi mediche a considerare il lavoro nei pronto soccorso, anche in tema di programmazione delle scuole di specializzazione».

E sulla medicina di base?

«È prioritario ripensare la modalità di formazione dei medici di medicina generale, che al momento è solo a livello regionale. Una rivisitazione integrando percorsi accademici, anche sinergici a quelli regionali, potrebbe essere una soluzione per migliorare e incrementare la qualità della formazione. Nel precedente governo si era avviato, proprio nell’ambito del Css, un tavolo di lavoro proprio per arrivare a riformulare il percorso di formazione: il mio personale auspicio è che di questo problema se ne voglia far carico anche il nuovo esecutivo».

Che messaggio consegna, dopo quasi tre anni di pandemia?

«È bene, in particolare per Bergamo, che si mantenga la memoria storica di questi anni e si onori la memoria delle vittime della pandemia con comportamenti responsabili, isolando quelle che sono alcune prese di posizione antiscientifiche specie sui vaccini».

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