Lorini: «In terapia intensiva la mortalità per Covid ora è scesa al 30%»

Ospedale Papa Giovanni «Siamo riusciti ad abbatterla. Ricoverati non vaccinati e malati già con altre patologie» Omicron? «Non crea troppi problemi agli immunizzati».

La lieve risalita della curva non spaventa Luca Lorini, direttore del dipartimento di Emergenza Urgenza e Area Critica del «Papa Giovanni» di Bergamo. Lorini e la sua équipe nella prima ondata hanno gestito la Terapia intensiva più grande al mondo dopo quella di Wuhan, e un accenno alla risalita dei casi, in questi giorni in cui gli hub vaccinali iniziano a spegnere le prime luci, non desta troppa preoccupazione.

«La verità è che Omicron è una variante che possiamo in qualche modo permetterci di far circolare, naturalmente con attenzione. Alla stragrande maggioranza delle persone completamente vaccinate questa variante non causa troppi problemi , e in più stiamo andando incontro alla stagione estiva, quella che favorisce un minor contagio». E se i principali indicatori restituiscono un quadro fiducioso, al netto di oscillazioni minime, c’è un dato che, seppur in calo, fatica a essere incoraggiante: i decessi, fra i 130 e i 180 al giorno a livello nazionale.

« Alla stragrande maggioranza delle persone completamente vaccinate questa variante non causa troppi problemi»

Dottor Lorini, chi muore oggi di Covid-19?
«Direi due macro-categorie di persone. La prima è rappresentata da cittadini contagiati ben oltre un mese fa, in Terapia intensiva anche da 50 giorni : parliamo soprattutto di non vaccinati che, essendo senza protezione, hanno contratto la malattia in forma estremamente severa. Per dare una proporzione: fino ad un paio di settimane fa in Terapia intensiva avevamo 16 malati: 11 non erano vaccinati, e dei 5 vaccinati 4 lo erano con sole due dosi, peraltro con la seconda somministrazione fatta quasi un anno fa, nella primavera 2021 e senza aver mai completato il ciclo con il booster che è fondamentale».

E l’altra categoria?
«È costituita da persone compromesse da altre patologie, pensiamo a chi arriva in Terapia intensiva con un’insufficienza respiratoria o cardiaca per esempio, e che al momento del decesso risultano positive. Sono morte per via del virus o per altre patologie? Con certezza non lo sappiamo. Ma sta di fatto che vengono inserite fra i decessi per Covid. E, al netto di strumentalizzazioni stucchevoli, è un dato di cui tenere conto. Ma sulla mortalità va detta una cosa chiave».

Quale?
« Siamo riusciti ad abbatterla moltissimo nelle persone ricoverate in Terapia intensiva . Durante la prima ondata era attorno al 50%, da noi al “Papa Giovanni” in verità un poco più bassa, attorno al 42%. Oggi è scesa invece al 30% (cioè muore il 30% dei pazienti che entrano in Terapia intensiva col Covid). Guai a pensare che sia una sottigliezza, una riduzione da poco. In medicina si deve lavorare anni per limare la mortalità delle patologie e quello che è successo con il Covid-19 è da considerarsi un fatto straordinario».

Il merito a chi va?
«Lo distribuirei a più fattori. Il primo è la vaccinazione: chi si vaccina, anche se si contagia, nella stragrande maggioranza dei casi non si ammala gravemente. Il secondo è la minor pressione ospedaliera: avendo meno ricoverati e potendo lavorare con una pressione che non è più quella travolgente della prima ondata, riusciamo a curare tutti al meglio. Il terzo è l’esperienza che ha accumulato la comunità scientifica in questi mesi, anestesisti ma non solo, inclusi noi del “Papa Giovanni”: le risposte che ci sono arrivate sul campo, oltre ai dati e alla letteratura internazionale, oggi ci guidano».

Siamo riusciti ad abbattere moltissimo la mortalità nelle persone ricoverate in Terapia intensiva»

I dati in crescita sulle sottomutazioni di Omicron non la spaventano?
« Difficile che qualcosa spaventi ancora chi ha avuto stabilmente 100 pazienti in Terapia intensiva . Detto questo, di varianti ce ne sono a decine, e il vaccino - lo vediamo - protegge. C’è però una cosa da fare a stretto giro, e la stiamo chiedendo da tempo: va costruito un sistema di alert territoriale che ci avvisi quando ci sono anomalie o trend allarmanti, e che ci consenta di organizzarci per tempo . E non lo dico tanto per il “Papa Giovanni”, che con i suoi 88 posti di terapia intensiva è la Germania d’Italia. Lo dico per tutto il Paese». Crede che una convivenza pacifica con il virus passerà inevitabilmente per una quarta dose? «No, al momento non ne vedo la necessità. Certo, dobbiamo vedere cosa accadrà in autunno, ma Paesi a latitudini opposte alle nostre, Australia e Nuova Zelanda in testa, qualche anticipazione ce la potranno dare. Semmai credo che la svolta vera, ed è questa la sfida del momento, verrà dalla formulazione di un vaccino contro tutti i coronavirus : vaccino che, ormai credo l’abbia capito chiunque, andrà reso accessibile a tutto il mondo se ne vogliamo davvero uscire».

«Va costruito un sistema di alert territoriale che ci avvisi quando ci sono anomalie o trend allarmanti, e che ci consenta di organizzarci per tempo»

A proposito: come la mettiamo con il suo monito? Lei ricorda sempre che la pandemia potrà essere dichiarata superata solo dopo 40 giorni con casi zero . Siamo lontani...
«Ci vorranno anni, anni attraverso cui la pandemia diventerà endemia prima di arrivare stabilmente a zero casi quotidiani. Ma visti i numeri contenuti e, tutto sommato, una convivenza già pacifica col virus, teniamoci stretta la variante Omicron».

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