Processo Ubi, i difensori: «Assemblea, voti truccati? No, inaffidabili i calcoli Gdf»

Venerdì 21 maggio si è tenuta una nuova udienza, sono proseguiti gli interventi delle difese.

«Non ho elementi per poter dire se il mancato deposito dei dati è dovuto al disordine o a una precisa scelta». La stoccata dell’avvocato Andrea Pezzotta è rivolta agli inquirenti e riguarda i conteggi delle schede per le liste 2 (Jannone) e 3 (Resti) all’assemblea 2013. Al processo Ubi è una vexata quaestio, più di un difensore ha sostenuto che, in merito al reato di illecite influenze sull’assemblea, si è indagato solo in una direzione, e cioè sulla lista 1 (Moltrasio) che uscì vincitrice. Pezzotta scodella un ragionamento matematico imbastendo la difesa di Andrea Moltrasio (5 anni e 10 mesi la richiesta di pena del pm Mandurino), ex presidente del Consiglio di sorveglianza (Cds), a riguardo del reato di illecite influenze sull’assemblea (ha chiesto l’assoluzione come il co-difensore Mauro Angarano che nelle scorse udienze aveva trattato l’ostacolo alla vigilanza). L’accusa sostiene che senza le deleghe in bianco (illecite) la lista 1 non avrebbe vinto e durante il processo aveva chiesto l’acquisizione di un file che la Gdf aveva elaborato dai dati della Computer Share, la società che s’era occupata del risultato elettorale dell’assemblea per conto di Ubi, un documento contenente solo i voti della lista 1. Il tribunale l’aveva però dichiarato inutilizzabile perché non contenuto nell’avviso di conclusione indagini.

Ma, è il sospetto del legale, se gli investigatori hanno fatto un raffronto, perché non hanno mai parlato di file della lista 2 e 3? Il mancato deposito di questi dati è «dovuto al disordine o a precisa scelta»? Ma, anche nel caso fossero stati depositati, essendo il documento inutilizzabile, «tutti questi dati sfuggono alla possibilità di verifica» e «il processo penale non è un atto di fede». Anche perché Pezzotta butta lì dei dati capaci di minare i calcoli dell’accusa: «Nel verbale dell’assemblea la lista “1” risulta aver preso 7.318 voti; per la Gdf invece 7.340; la lista “2” 1.548 secondo l’assemblea e 1.586 per la Gdf, stessa discrepanza per la lista “3”. Per l’assemblea, i cui calcoli sono stati vagliati da un team di 5 notai, i voti validi erano 13.559, per la Gdf 13.671».

Per lo stesso reato Pezzotta ha chiesto l’assoluzione di Matteo Brivio (1,6 anni la richiesta di pena) e Stefano Lorenzi (lo stesso pm ha invocato l’assoluzione per lui), membri della Compagnia delle Opere. Per il difensore le deleghe raccolte dalla Cdo servivano a garantire la partecipazione di chi non aveva un delegato di riferimento e non ad alterare il risultato elettorale. Anche Mario Mazzoleni, ex membro del Cds accusato di ostacolo alla vigilanza(3,8 anni la pena richiesta), per Pezzotta va assolto. L’accusa vuole che le due associazioni esterne impartissero direttive, pratica proibita. «Mai visto un’associazione più scalcagnata di Amici di Ubi - osserva il legale -. Non aveva una sede, non aveva un euro, 38 dei suoi soci sottoscrivono per la lista Jannone e per quella di Resti». Come poteva influenzare la governance?, è la domanda sottintesa.

Gianluca Quadri ha invocato l’assoluzione per Gianni D’Aloia, accusato di aver raccolto deleghe in bianco nell’ambiente Cdo: «È una persona perbene che non ha avuto alcun rilievo nella vicenda se non spendersi, anche pubblicamente, per il rinnovamento della banca e che per questo è stata travolta, anche per via dei dati informativi forniti alla Finanza da Jannone».

Per Mario Cera, ex vice presidente Cds (chiesti 4,6 anni per ostacolo) hanno invocato l’assoluzione i legali Carlo Melzi d’Eril e Simone Lonati; per Flavio Pizzini, ex Cdg (chiesti 3 anni per ostacolo), l’ha invocata l’avvocato Riccardo Gussoni.

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