Quando Pelé aiutò la Ciudad de los Niños di padre Antonio Berta

La storia. In questi giorni di lutto per la scomparsa del calciatore, a Sovere, paese natale del fondatore padre Berta, spunta una fotografia che risale al 1971.

Qual è il gol più bello di Pelé, qual è la sua giocata più spettacolare? La rovesciata del film «Fuga per la vittoria» oppure il gol di testa contro l’Italia nella finale mondiale del 1970? Padre Antonio Berta, sacerdote soverese scomparso a maggio del 2007, fondatore della «Ciudad de los Niños» in Bolivia su mandato dell’indimenticabile don Bepo Vavassori, non avrebbe avuto dubbi a rispondere: la dote migliore di «O Rey» era la generosità verso i bambini più poveri, non solo quelli del suo Brasile, a cui ha regalato gioia e allegria, ma anche a quelli di altre nazioni che si divertivano con un pallone fatto di stracci.

C’erano anche loro il 13 gennaio del 1971 sugli spalti dello stadio di Cochabamba in Bolivia ad assistere a una partita del numero 10 più forte al mondo: Pelé era in tournée con la sua squadra, il Santos, e a Cochabamba, raccontano le cronache del giornale boliviano Los Tiempos, affrontava una selezione di calciatori locali. Prima della partita, Pelé aveva visitato la redazione sportiva e si era fatto fotografare in abito e cravatta; dopo il match, vinto per 3 a 2 dal suo Santos, aveva trovato a marcarlo, fuori dagli spogliatoi, un difensore a cui si era dovuto arrendere: proprio quel padre Antonio Berta che aveva insistito a tal punto da convincerlo a visitare gli spazi dove il sacerdote soverese e il patronato San Vincenzo di Bergamo stavano realizzando la nuova comunità di accoglienza per minori.

Di quella visita risalente a quasi 52 anni fa l’ultimo testimone vivente era proprio Pelé, ma al patronato e nell’alto Sebino c’è ancora qualcuno che ricorda quella giornata di cui, fortunatamente, rimane, come documento, una fotografia: padre Berta e Pelè, senza cravatta e senza giacca, forse a causa dell’asfissiante marcatura di padre Berta.

Don Antonio, spedendo la foto a Bergamo per il bollettino del Patronato del marzo 1971, scrisse: «Ne ho approfittato per parlare con lui, perché so che si interessa dei ragazzi abbandonati. Mi ha dato 300 dollari (circa 200mila lire, che in Bolivia valgono 4 volte più che in Italia) e mi ha assicurato che in aprile mi manderà una buona somma. Le mando la foto. Chi la vedrà dirà: che faccia di “tolla” quel don Berta; ma che volete, un mio fratello mi diceva che dovevo fare “ól fra Sircòt” (frate della cerca, e cioè questuante, ndr)».

Sull’entità di quell’ulteriore donazione oggi, tra Sovere e Lovere dove vive qualche pronipote di don Berta, si favoleggia e qualcuno racconta che Pelé regalò alla «Ciudad de los Niños» addirittura 70 milioni di lire, una cifra di cui è difficile individuare tracce, ma di certo c’è che in oltre 50 anni, da quando è stata fondata, la struttura ha ospitato e accolto migliaia di giovani, anche grazie al supporto e alla vicinanza di Pelè.

Lunedì 2 gennaio, nello stadio del Santos, apre la camera ardente: la bara è nel cerchio di centrocampo, e a rendere omaggio a Edson Arantes do Nascimento fino a martedì, quando saranno celebrati i funerali, sono attesi milioni di brasiliani; fra loro, anche se solo idealmente, ci saranno sono tutti gli appassionati di calcio e i ragazzi di Cochabamba che con Bergamo hanno un legame speciale.

Per ricordare padre Antonio Berta invece l’Amministrazione comunale di Sovere gli ha intitolato una piazza e in questi giorni è rispuntata la sua fotografia con il numero dieci brasiliano. Al Patronato si ricordano del sacerdote soverese come di «un visionario» che sapeva realizzare le sue idee fidandosi «fino in fondo della provvidenza. Era profondamente convinto che lo avrebbe aiutato a realizzare ciò che era necessario per aiutare i poveri». Quel 13 gennaio del 1971 la provvidenza indossava la maglia numero 10 del Santos.

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