Stagione con tanta neve, ma solo ad alta quota

METEO. Quantità che non si vedevano da dieci anni. La sabbia sahariana rischia però di scioglierla presto.

Nonostante la tendenza degli ultimi anni sia stata quella di avere meno neve, quest’anno le cose sono andare diversamente e le precipitazioni nevose in quota sono state abbondanti. Dopo due stagioni eccezionalmente avare in termini di precipitazioni e accumuli nevosi, le forti nevicate che hanno colpito l’Arco alpino meridionale nelle scorse settimane hanno dato un’autentica sterzata alla stagione di accumulo 2023/24.

«La quantità di neve caduta al suolo alle quote glaciali – spiegano Riccardo Scotti e Giovanni Baccolo dell’associazione “Servizio glaciologico lombardo” – ha raggiunto valori tra i più elevati degli ultimi dieci anni». Allo stesso tempo però, come confermato dal nuovo report della Fondazione Cima research foundation, l’innevamento alle quote medio-basse risulta deficitario. «Il contrasto – analizzano i due esperti – si spiega considerando le temperature elevate che, dopo aver fatto registrare l’inverno più caldo dall’inizio delle serie di misura, si sono mantenute alte anche nel piovosissimo marzo.

La maggior disponibilità di vapore acqueo in atmosfera garantito dalle temperature elevate può aver giocato un ruolo non indifferente nell’intensità delle precipitazioni. Durante gli ultimi eventi si sono addirittura osservati f enomeni temporaleschi con tuoni e grandinate anche in ambito alpino. Ricordiamo che simili manifestazioni sono estremamente rare in questo periodo dell’anno, proprio a causa del fatto che l’atmosfera tra inverno e inizio della primavera è ancora relativamente scarica dal punto di vista energetico. Evidentemente le temperature sopra la media degli ultimi mesi hanno contribuito alla stranezza di questa stagione».

Gli esperti del servizio glaciologico: contrasto dovuto alle alte temperature

Tale situazione è lo specchio del clima inedito per le Alpi: lunghi periodi caldi e siccitosi alternati a forti precipitazioni concentrate e nevose solo in alta quota con episodi dall’intensità tipicamente estiva anche in sede invernale. A febbraio e marzo infatti il limite delle nevicate è rimasto spesso sopra i 1.800-2.000 metri, portando piogge dal carattere estivo alle quote inferiori, provocando eventi di dissesto in una stagione assolutamente inusuale. «L’innevamento attuale – aggiungono Scotti e Baccolo – è in linea con le tipiche stagioni molto nevose che contraddistinguono il clima sudalpino. Per trovare annate simili dobbiamo tornare al 2014, al 2009 o al 2004. Al momento gli enormi accumuli dell’anno 2000/01 rimangono imbattuti, almeno sotto i 3.000 metri».

A proposito invece delle nevicate del 30 e 31 marzo scorsi, la polvere sahariana è stata coperta da un accumulo di neve pulita che, attorno ai 2.500 metri di quota, aveva a metà della scorsa settimana uno spessore di circa 30 centimetri: «Per conservare la neve scesa tra febbraio e marzo – aggiungono i due glaciologi – è fondamentale che lo strato sahariano emerga in superficie il più tardi possibile. Una volta esposto, porterà infatti a un’anomala accelerazione dei tassi di fusione dovuta al maggior assorbimento di radiazione solare. Fondamentale in tal senso è riuscire a superare l’ondata di caldo di questi giorni».

«Per l’estate ghiacciaio meglio del 2023, ma servirà un clima fresco nei prossimi mesi»

Se l’estate prossima i ghiacciai avranno finalmente un bilancio di massa vicino all’equilibrio è ancora presto per dirlo: molto dipenderà dalle temperature dei prossimi mesi. «Possiamo però sbilanciarci – concludono Scotti e Baccolo – dicendo che anche nella peggiore delle ipotesi il bilancio sarà comunque meno catastrofico che negli ultimi due anni. Nella migliore, potremmo invece registrare un piccolo recupero rispetto a quanto perso nel 2023. Non dimentichiamo che per un ghiacciaio ci vuole neve accumulata e temperature estive fresche. A oggi possiamo dire che la prima parte dell’equazione l’abbiamo sistemata, vedremo che segno avrà la seconda».

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