Tutela dei territori attraversati dal Morla: c’è il protocollo per il «Contratto di Fiume»

L’iniziativa.Con Bergamo coinvolti Azzano, Comun Nuovo, Levate, Orio, Ponteranica, Sorisole, Spirano, Stezzano, Zanica. Strategie contro i dissesti.

Tutelare i territori attraversati dal torrente Morla e programmare azioni per la gestione della prevenzione e di eventuali interventi in caso di dissesto idrogeologico: sono questi gli obiettivi dal protocollo d’intesa che è stato siglato venerdì 2 dicembre in Comune a Bergamo, un protocollo che avvia l’iter per la sottoscrizione del «Contratto di Fiume». I Comuni di Bergamo, Azzano San Paolo, Comun Nuovo, Levate, Orio al Serio, Ponteranica, Sorisole, Spirano, Stezzano, Zanica, la Regione Lombardia, Ersaf, la Provincia di Bergamo, Ato, UniAcque, il Consorzio di bonifica della Media Pianura Bergamasca, Legambiente Lombardia, Parco regionale dei Colli di Bergamo, hanno infatti sottoscritto un documento per avviare il percorso di costruzione di una visione comune e di azioni integrate per prevenire situazione di dissesto idrogeologico legate al corso del Morla. Anche Arpa Lombardia e il Pli del Rio Morla e delle rogge aderiranno prossimamente al Protocollo d’Intesa.

I fiumi e torrenti che necessitano maggiormente di uno strumento come il «Contratto di Fiume» sono quelli che soffrono delle criticità tipiche dei corsi d’acqua in territori a elevata urbanizzazione: sono territori caratterizzati da trasformazioni del paesaggio e fenomeni di degrado diffuso, in questa categoria rientra il torrente Morla. Dopo la sottoscrizione del protocollo, tutti gli enti coinvolti andranno a realizzare un’analisi conoscitiva del bacino fluviale e del territorio che attraversa, un documento strategico e un programma d’azione, tutti strumenti propedeutici alla sottoscrizione del «Contratto di Fiume» conclusivo.

Cos’è un Contratto di Fiume

Il Contratto di Fiume è uno strumento volontario di programmazione strategica che persegue tutela, valorizzazione e corretta gestione di un bacino fluviale e del territorio di competenza, in un processo di restituzione dell’identità e di recupero delle sue funzioni ecosistemiche. I primi esempi di «Contratti di Fiume» sono stati istituiti in Francia negli Anni Ottanta mentre in Italia il primo è stato stipulato nel 2004 per il fiume Olona e da allora ne sono stati sottoscritti ben 60 in diverse regioni. Il «Contratto di Fiume» (indicato anche nella forma abbreviata di CdF) è un accordo tra soggetti pubblici e privati (ad esempio, istituzioni, enti locali e di ricerca, parchi, associazioni e rappresentanti dei settori agricoli e imprenditoriali) per affrontare congiuntamente le vulnerabilità dei bacini fluviali e dei loro corsi d’acqua. Il corso d’acqua non deve però essere inteso solo come l’alveo del fiume e l’acqua che si trova al suo interno. Questo strumento di programmazione ha infatti un approccio integrato e multi-obiettivo volto a perseguire la tutela e la corretta gestione delle risorse idriche, la salvaguardia dal rischio idraulico, la valorizzazione dei territori fluviali in termini di tessuto ecologico ma anche di fruizione dello spazio aperto, contribuendo allo sviluppo locale. Il «Contratto di Fiume» consente infatti di esplorare soluzioni integrate e innovative, permettendo di lavorare a scala territoriale ampia, superando i limiti amministrativi e al contempo di rimarcare il ruolo delle associazioni e della società civile al fianco delle amministrazioni pubbliche. Il «Contratto di Fiume» non è un nuovo piano, ma dialoga con la pianificazione e programmazione esistente e può contribuire ad integrare la pianificazione locale in conformità con gli obiettivi ambientali delle normative europee.

La situazione del territorio

In Bergamasca circa 60mila persone vivono in zone a rischio frane e alluvioni. Il dato è contenuto nell’ultimo rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico: un tema sempre di grande attualità, tanto più dopo la tragedia di Ischia che ancora una volta ha evidenziato gli enormi pericoli connessi alla fragilità del territorio. A Bergamo sono 345,8 i chilometri quadrati «a rischio frana molto elevato o elevato» (il 12,6% del suolo provinciale). Le persone conteggiate in queste aree sono 9.813, poco più di 4.200 famiglie. Ma le zone da «bollino rosso» comprendono anche 4.383 edifici, 851 imprese, 92 beni culturali. Sono invece 117,2 i chilometri quadrati ad «elevata pericolosità idraulica» (il 4,3% del totale), ma il numero delle persone interessate dai potenziali rischi è molto più alto: 27.520, oltre 11.200 famiglie. Anche in questo caso sono da includere 5.324 edifici, 2.694 imprese e 138 beni culturali. Tra le aree interessate non c’è la città di Bergamo né i comuni limitrofi né il bacino nel quale scorre il torrente Morla. Sono comunque di fondamentale importanza l’opera di prevenzione dei rischi idrogeologici e le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici e delle precipitazioni: Bergamo si è dotata in tal senso di un piano che abbraccia nove comuni del Parco dei Colli, «Cli.C. Bergamo», strategia di adattamento al cambiamento climatico.

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