Tutti i numeri di Airbnb a Bergamo
La mappa del boom a rischio «nero»

L’allarme abusivi lanciato da Federalberghi, il boom nella città di Bergamo e nel resto d’Italia. Tutti i numeri di Airbnb nelle infografiche interattive elaborate da L’Eco di Bergamo.

L’insegna non c’è, né tanto meno il cartello con le stelle. Eppure basta fare una “vasca” in Corsarola la domenica pomeriggio per accorgersi che quei palazzi sono stati colonizzati da Airbnb. Affitti brevi, tutto online, a prezzi competitivi e con servizi spesso degni di un albergo. Dall’ormai mitico divano di San Francisco messo a disposizione dieci anni fa dal fondatore Brian Chesky si è arrivati a 4,5 milioni di alloggi in tutto il mondo. La più grande piattaforma ricettiva del pianeta senza possedere nemmeno un albergo. Nella città di Bergamo sono 787 per un totale di 2.021 posti letto, in aumento del 48% rispetto al 2016, anno in cui L’Eco di Bergamo ha svolto il primo monitoraggio.

L’ultimo report è stato pubblicato da Federalberghi nazionale e fotografa una realtà ancora in grande espansione. E a rischio abusivi. Per aprire un Airbnb bastano pochi clic e un account Paypal, anche se la legge prevede la “segnalazione di inizio attività” al Comune di Bergamo.

La presentano tutti? No, almeno secondo un’indagine svolta da Federalberghi Bergamo che indica una stima del 30% di sommerso. Palafrizzoni però, almeno per le sue casse, è corsa ai ripari stringendo un accordo direttamente con Airbnb Italia. Da giugno infatti la tassa di soggiorno viene riscossa direttamente dal portale e girata al Comune.

AGGIUNTA dopo il commento postato da Riccardo Salvoni in calce all’articolo: Al contrario della tassa di soggiorno, la cedolare secca al 21% non viene trattenuta e versata direttamente da Airbnb, ma deve essere dichiarata all’Agenzia delle Entrate dai singoli host contestualmente alla dichiarazione dei redditi con un alto rischio di abusivismo.

TUTTI I NUMERI IN CITTA’ - In attesa di conoscere i primi incassi ufficiali, non ancora resi noti dagli uffici comunali, L’Eco ha elaborato una serie di dati dettagliati sulla presenza di Airbnb in città. In questa infografica interattiva viene evidenziata la quantità di posti letto disponibili per quartiere. Come si può intuire, il centro e Città Alta la fanno da padrone.

E chi pensa che Airbnb sia solo un secondo lavoro, un’entrata secondaria, viene smentito da questi dati. Nella mappa interattiva si vedono tutti i singoli Airbnb della città di Bergamo colorati in base alla quantità di giorni a disposizione in un anno. Più il rosso è intenso, più il proprietario è disposto ad ospitare clienti. Come si può vedere, per molti bergamaschi è diventata una vera e propria professione.

ASCOM - Da questi numeri parte l’attacco di Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo e del gruppo albergatori dell’associazione orobica, intervistato da Diana Noris su L’Eco in edicola mercoledì 26 settembre: «Metteremo questo elenco a disposizione di tutte le amministrazioni nonché delle autorità investigative competenti che desiderano fare luce sul fenomeno – afferma Zambonelli -. La share economy nasconde quattro grandi falsità. Non è vero che si tratta di forme integrative del reddito, sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi e non è vero neanche che si condivide l’esperienza con il titolare.

«Inoltre non si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno e le nuove formule compensano la mancanza di offerta. Il consumatore è ingannato due volte: viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela di clienti, lavoratori, collettività, mercato. Si pone inoltre un problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale, che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».

LE POSSIBILI SOLUZIONI - Il presidente degli albergatori italiani, Bernabò̀ Bocca, ha consegnato il dossier al ministro del Turismo, il leghista Gian Marco Centinaio, con richieste molto precise: l’istituzione in tempi brevi del registro nazionale degli alloggi turistici e la conferma “con chiarezza, anche per le locazioni brevi, dell’obbligo di rispettare le norme di tutela dei clienti, dei lavoratori, dei vicini di casa, della collettività̀, della concorrenza».

Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno troviamo Roma con 29.519 annunci, Milano con 18.482, Firenze con 11.341, Venezia con 8.025 annunci e Napoli con 6.858 annunci. Per quanto riguarda le regioni, la pole position spetta alla Toscana, con 59.320 annunci, seguita dalla Sicilia con 51.022, dal Lazio con 40.700 e dalla Lombardia con 40.494.

La densità maggiore (numero di annunci per kmq) si registra in Liguria, mentre l’incremento maggiore si è verificato in Trentino Alto Adige (+131,9% rispetto ad agosto 2016).

Qui potete consultare il report integrale nazionale diffuso da Federalberghi

© RIPRODUZIONE RISERVATA