«A Bergamo una “Locandiera” molto originale»

L’intervista Tindaro Granata il 21 aprile al Teatro Sociale con un adattamento particolare della commedia di Goldoni: «Tra un atto e l’altro gli attori raccontano i personaggi».

La Stagione di Altri Percorsi della Fondazione Teatro Donizetti prosegue, giovedì 21 aprile, al Teatro Sociale in Città Alta (alle 10.30 matinée per le scuole aperta anche al pubblico e alle 20.30) con «La locandiera» di Carlo Goldoni, nell’adattamento di Angela Dematté e Tindaro Granata, per la regia di Andrea Chiodi. Sul palco ci saranno Ugo Fiore, Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Fabio Marchisio, Francesca Porrini. A raccontarci in anteprima cosa vedremo è Tindaro Granata: «Sicuramente vedrete un’edizione molto originale perché si tratta di un riadattamento che abbiamo fatto io e Angela Demattè, lasciando intatto il testo ma adattandolo alla nostra compagnia.

In che modo?

Abbiamo ad esempio inserito i Memoires che Goldoni scrisse durante i suoi ultimi anni di vita quando si trovava a Parigi. Un’operazione interessante perché, in accordo con il regista, mentre si passa da un atto all’altro ognuno di noi attori lascia i panni del personaggio

«Gli attori sul palco raccontano perché i propri personaggi si comportano in un certo modo»

che interpreta e diventa semplicemente un lettore che racconta e spiega perché Goldoni ha scritto «La locandiera» oppure perché il personaggio si comporta in quel modo e che cosa succede quando una donna cerca di manovrare l’uomo a suo vantaggio».

Certo è una modalità interessante e curiosa, ma non c’è il rischio di spezzare l’azione della messa in scena?

«No, al contrario la risalta perché, almeno per quello che pensiamo noi, le scene sono molto briose, piene di vita, molto esilaranti. Lo spettacolo è stato costruito tutto su un arco di tensione tra i personaggi, quindi quei momenti servono molto a razionalizzare l’azione e poter quindi entrare meglio nel passaggio successivo. Nello stesso tempo fa comprendere al pubblico qual è l’azione drammatica che si sta compiendo».

Ci parla del suo personaggio?

«È quello del marchese di Forlipopoli, un nobile spiantato, senza un soldo. La cosa divertente è che ho costruito questo personaggio ascoltando proprio le parole dei Memoires di Goldoni dove dice che i personaggi dei pretendenti rappresentano i mondi che esistevano allora: quello della nobiltà decaduta e quello degli arricchiti. Goldoni descrive il mio personaggio come altezzoso, viziato giocherellone, sempre sopra le righe. E poi mi diverte molto il fatto che, per rappresentarlo come un nobile che si atteggia, parlo con tutti gli accenti sbagliati».

La protagonista è, pero, ovviamente, Mirandolina che ci sembra sia un personaggio modernissimo.

«Assolutamente sì. Goldoni parla in fondo dell’emancipazione femminile, tema che già esisteva allora. Ci fa vedere una donna che dice: “Decido io di chi voglio innamorarmi,

a maritarmi c’è tempo”. C’è questo scontro tra l’universo femminile e quello maschile: è una commedia, certo, ma con un risvolto leggermente amaro ».

È curioso anche come nella messa in scena ad un certo punto voi attori interagite anche con delle bambole, quelle che Goldoni chiamava «poupettes».

«Sì, ne parla proprio Goldoni nei suoi Memoires. Il primo canovaccio della Locandiera era immaginato come spettacolo con i pupazzi, non con attori in carne e ossa. Poi, si dice, ma non siamo sicuri, che una sua ex amante che faceva l’attrice, a cui lui non aveva mai dato il ruolo da protagonista, volesse interpretarlo e allora Goldoni scrisse per lei il personaggio di Mirandolina, lo adattò per lei e noi abbiamo inserito queste poupettes proprio per questo».

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