Al via la stagione della prosa. Panigada: «Teatri in crisi, ma il Donizetti esplode»

Il 13 dicembre.La direttrice Panigada: «Dopo la pandemia tanti devono togliere repliche, noi le aggiungiamo». Martedì 13 dicembre il sipario si apre al Donizetti con Romain Gary riletto da Silvio Orlando, «strepitoso, in uno stato di grazia»

martedì 13 dicebre si aprirà la Stagione di Prosa 2022/’23 della Fondazione Teatro Donizetti. Sul palco del Teatro Donizetti Silvio Orlando interprete de «La vita davanti a sé», spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di Romain Gary. Maria Grazia Panigada è la direttrice artistica della Stagione di prosa e di Altri percorsi.

Partiamo da un numero: 4.688 abbonati.

«Impressionante! Un incremento di circa il 15% rispetto allo scorso anno. E sono solo quelli della prosa, poi c’è Altri percorsi, e anche lì c’è stato un balzo».

Numeri a parte, che comunque contano, è al via la nuova Stagione.

«Sì, e parte con un titolo che mi aveva colpito. Silvio Orlando è strepitoso in questo lavoro, si è calato nel testo in maniera molto intensa, è in un vero e proprio stato di grazia. È uno spettacolo bello, piacevole, non è pesante, anzi; c’è la musica dal vivo. E possiede una peculiarità che per me è importante, la capacità del teatro di portare al centro la vita, e le riflessioni sulla comunità. Non per niente intorno allo spettacolo stiamo facendo un lavoro con alcune scuole per il progetto “La bellezza e l’ombra”, insieme al professor Ivo Lizzola abbiamo visitato il Nuovo albergo popolare, la comunità Kairos, i ragazzi hanno fatto un lavoro sui temi della fragilità. Questo spettacolo ti permette di avere uno sguardo diverso sui luoghi che magari sembrano più in ombra della città, e che presentano comunque delle possibilità di cura, di presa in carico, di attenzione: è perfetto perché ha una qualità attoriale alta e nello stesso tempo affronta un bel tema».

Poi, da gennaio, altri 6 titoli.

«Dopo Silvio Orlando, al Teatro Donizetti tornerà Gabriele Lavia ne “Il berretto a sonagli” (9-15 gennaio), un testo che ho trovato molto efficace, “pulito”, ben strutturato. Quindi “Moby Dick alla prova” (31 gennaio-5 febbraio) - che è un’opera assolutamente corale del Teatro dell’Elfo. Attenzione: non è il “Moby Dick” di Melville ma quello di Orson Welles. «La bottega del caffè» di Carlo Goldoni (7-12 febbraio), portata in scena da una notevole compagnia d’attori capitanata da Michele Placido. Arriverà poi una novità , “Maria Stuarda” (21-26 febbraio, con Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi), che porta per la prima volta a Bergamo una regia di Davide Livermore. Ritorna Ottavia Piccolo con l’Orchestra multietnica di Arezzo (28 marzo-2 aprile) che racconta la vicenda di Elda Pucci, sindaca di Palermo. Siamo entrati nel progetto della Rete per la legalità, della quale fanno parte tantissimi enti e scuole, ci permette una riflessione importante su questi temi, in rete con altri. Poi c’è Cirillo, che - come è nel suo stile - presenta un Cyrano immaginario, poetico e stralunato (18-23 aprile), in un gioco teatrale dove il testo si intreccia con il teatro-canzone, e diventa quasi un varietà. Titoli scelti tenendo conto di tutti i gusti e anche dell’alternanza: quella di quest’anno è la Stagione teatrale in cui ci sono più classici. Anche su di essi facciamo un lavoro di approfondimento per capire quanto questi testi parlino ai ragazzi».

Il tema del lavoro con le scuole da sempre le sta molto a cuore.

«Quest’anno abbiamo ricevuto 5.420 richieste di biglietti per assistere agli spettacoli, da tutte le tipologie di istituto: è un numero importante. Da una parte ci chiedono di portare i ragazzi a teatro, dall’altra ci sono scuole che aderiscono ai nostri progetti formativi (conferenze, incontri) gratuiti, siamo a 3.800 presenze. Quello che ci interessa è ascoltare i ragazzi, metterli al centro di una riflessione che li faccia diventare protagonisti. Ai relatori chiediamo di mettersi in gioco con loro. Questa cosa è partita lo scorso anno e si è rivelata una strategia vincente. Per esempio, uno spettacolo come “Le supplici” di Euripide (al Sociale il 26 e 27 gennaio per Altri percorsi) diventa una riflessione sul tema della guerra, del conflitto sia individuale che globale. Ovviamente poi lavorando anche sul testo, che però a quel punto diventa non un reperto dell’Atene di duemila anni fa, ma qualcosa che ci interroga oggi. Lo stesso stiamo facendo con tutti i classici, così come sui temi storici».

Torna la sezione Appuntamento con la storia.

«Sì, dà soddisfazione e funziona bene. Quest’anno abbiamo fatto un bel lavoro proprio sul ‘900, credo ci sia bisogno di fare memoria, e il teatro in questo ci aiuta tanto: affrontiamo figure come Giacomo Matteotti (con Maurizio Donadoni, 21 dicembre), o Pier Paolo Pasolini (17 febbraio): l’ho messo in questa sezione perché Ascanio Celestini lo trasforma nella riflessione su un’epoca. Analizzando la figura di Perlasca (6-8 marzo al Sociale) facciamo una riflessione sui Giusti, anche su quelli di Bergamo. Con lo spettacolo “Diplomazia” (17-18 aprile, con Ivo Lizzola) ragioniamo sul rapporto tra etica e vendetta e non-violenza».

Com’è lo stato di salute del teatro? Siamo sempre ai soliti autori come, appunto, Goldoni, Pirandello…

«No, e credo che le nostre Stagioni lo possano dimostrare: è vero, ci sono Goldoni e Pirandello ma c’è anche la ricerca del Teatro dell’Elfo, con i suoi giovani attori, ci sono Livermore, Cirillo... Il teatro secondo me è in buono stato. Il problema è che il sistema teatrale, per come è stato concepito in questi anni crea dei blocchi a livello di distribuzione. Qualcuno mi ha chiesto, per esempio, perché non viene a Bergamo “M. Il figlio del secolo” con Massimo Popolizio: non viene perché è una produzione di alcuni teatri stabili che gira solo al loro interno. Le riforme che sono state fatte negli ultimi anni vanno a penalizzare gli scambi. A me capita di vedere cose interessanti che non riusciamo a portare a Bergamo. Poi c’è il problema che la Stagione di prosa è concentrata in pochi mesi e quindi si fatica a inserire alcuni lavori. L’anno scorso, ad esempio, avevo visto “Edificio 3” che mi era piaciuto tantissimo, ma girava solo o nella prima parte della stagione o dopo maggio. La realizzazione di un cartellone deve fare anche i conti con il calendario. Secondo me lo stato del teatro da un punto di vista delle produzioni è sano. Certi spettacoli non arrivano a Bergamo perché girano solo a Roma, Torino e Milano. Io vedo 70/80 spettacoli all’anno, cose molto belle anche nel teatro giovane. Molti teatri mi dicono che sono in grossa difficoltà con gli abbonamenti, la gente fatica ad acquistare un carnet che la vincola per tutta la Stagione e preferisce comprare il biglietto singolo. Stanno togliendo repliche. La crisi dopo la pandemia ha colpito molti teatri, tolti alcuni fortunati come noi, che siamo assolutamente in controtendenza».

Avete dovuto aggiungerle.

«Il teatro quest’anno si sta proprio riempiendo, solo con gli abbonamenti eravamo già sold out e rischiavamo di scontentare il pubblico, che non avrebbe trovato posto: siamo quasi al 100% della capienza. Non credo che altri teatri abbiano avuto questa esplosione. Stiamo già valutando anche l’anno prossimo: se il trend resterà questo, dovremo pur essere in grado di garantire al nostro pubblico di poter venire a vedere gli spettacoli».

Come si intreccia la Stagione di prosa con la Capitale della cultura?

«È chiaramente inserita nel programma 2023, abbiamo avuto particolare attenzione a scegliere titoli importanti, a fare una stagione di Altri percorsi rivolta ai giovani, con compagnie under 30, che non sono mai venute a Bergamo. Abbiamo organizzato con l’assessorato alle Politiche sociali del Comune la presentazione di “Otello Circus” del Teatro della Ribalta, uno spettacolo molto importante di una compagnia composta da grandi attori con disabilità. Invece per la Stagione ’23/’24 presenteremo più avanti un nostro evento di apertura, a dicembre, una produzione della Fondazione: sarà uno dei momenti conclusivi della Capitale della cultura».

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