Applausi e rose: teatro entusiasta del Verdi di Muti

CAPITALE DELLA CULTURA. Il maestro sabato sera al Donizetti ha regalato l’ennesima lezione di musica, portando a un livello molto alto la sua Orchestra giovanile Cherubini.

Passa il tempo, ma non per Riccardo Muti, si direbbe. A 82 anni suonati il maestro napoletano ha regalato l’ennesima lezione di musica e di direzione d’orchestra al pubblico del Teatro Donizetti e alla città di Bergamo. Un concerto tutto d’un fiato, in piedi senza batter ciglio dall’inizio alla fine, salvo un breve intervallo nel mezzo.

Il sindaco Giorgio Gori ha ricordato il legame speciale tra Muti e Bergamo, le sue presenze reiterate in questi ultimi anni - l’ultima nel 2021, nel pieno della pandemia - nonché la cittadinanza onoraria nel 2016 alla presenza del presidente Sergio Mattarella, nel cinquantesimo del suo debutto proprio a Bergamo come direttore d’orchestra, nel 1966, con Gioventù Musicale Italiana.

Il pubblico, che gremiva ieri sera il teatro nobile della città, non ha mancato di tributare, non appena il maestro è entrato in palcoscenico, applausi ed entusiasmo senza risparmio, gridando «bravo» a più riprese, praticamente a ognuno dei brani in scaletta. E così pure ha terminato con un profluvio di battimani, con lancio di rose bianche e rosse, senza per altro concedere l’agognato fuoriprogramma.

L’iniziativa per le celebrazioni di Bergamo Brescia Capitale della Cultura, realizzata congiuntamente da Fondazione Teatro Donizetti, Associazione di Bergamo degli Amici del Festival pianistico internazionale con il Corpo palchisti Teatro Donizetti, con il contributo di Zanetti spa è stata - come prevedibile - uno spettacolare successo.

Successo nel segno del tricolore musicale per definizione, ossia di Giuseppe Verdi, a cui è stata interamente dedicata la serata e di cui Muti è, notoriamente, uno dei (o il) direttori d’orchestra di riferimento assoluti.

Successo personale per Muti, con gran gioia dei suoi molti estimatori, e magari disappunto per i detrattori che - a quanto ci capita di sentire - non sono entusiasti del protagonismo personale. Eppure Muti parla con i fatti, e le sue parole, quando arrivano, non sono mai di circostanza e mettono a fuoco problemi della cultura e della politica italiana in fatto di musica e patrimonio artistico nazionale.

L’Orchestra Cherubini, ieri sera assieme al Coro del Teatro municipale di Piacenza, smentiscono per altro questa visione: sono una dimostrazione che Muti investe e costruisce prodotti e proposte musicali attingendo a giovani musicisti, dimostrando ogni volta di fare musica ad alti livelli. Insomma, che si tratti dell’Orchestra della Scala, della Chicago Orchestra, per dire due realtà di valore assoluto dove ha lasciata il segno, Muti fa musica come pochissimi.

La sua direzione ci racconta di un Verdi in certo modo «michelangiolesco»: che siano sinfonie d’opera, arie o scene, le pagine del genio di Roncole di Busseto sono dei grandiosi affreschi sonori, racconti di sentimenti, di personaggi e del loro sentire.

La sinfonia di «Nabucco», condita di temi celebri, offre uno spaccato esemplare della gestualità di Muti oggi: un gesto prevalentemente morbido, quasi un abbraccio tra ribattuti di trombe, archi leggeri ed elettrici, alternati a gran cassa e orchestra al completo.

Grande stile

Come dicevamo, una drammaturgia in grande stile. Il celeberrimo tema di «Va’ pensiero» si muove tra voce sottomessa delle ance, oboe e legni svelando passo dopo passo una studiatissima espressività, ma anche un formidabile meccanismo a orologeria ineffabile.

In effetti quando si vede Muti in azione sembra tutto semplice, ogni cosa scorre con naturalezza ma - come più volte ha ribadito anche lui parlando della direzione - si tratta dell’esito di un lavoro mirato e razionale, centellinato con cura.

I contributi solistici del basso Riccardo Zanellato, dalla caparbietà vocale e dall’espressione incisiva, con un timbro pieno e calibrato, e quello del soprano Benedetta Torre, timbro morbido, duttile nei recitativi e filati di ottima accuratezza, hanno affiancato a dovere le prove dell’orchestra e del coro.

Ma l’impressione maggiore, anche perché è fatta di giovani under 30, è proprio stata quella fornita dall’Orchestra Cherubini, di cui giustamente Muti è particolarmente orgoglioso. Una compagine prodigiosa per duttilità, quasi un’emanazione precisa e immediata delle volontà del direttore d’orchestra: capace di svariare dagli acuti estremi ai bassi più fondi, passando da delicatezze sussurrate a colori infuocati ed espressivi.

La scelta, infine, del repertorio, da «Macbeth» alla sinfonia di Giovanna d’Arco, ha voluto sottolineare che tutto Verdi, il cosiddetto maggiore e quello «minore» sono fonte di bellezza e occasioni di suggestioni spesso inattese e sorprendenti. Un po’ come dell’opera del «padre» di Verdi, ossia quel Gaetano Donizetti a cui pure Muti ha dato un contributo non da poco.

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