Baschenis e i tappeti del ’600, intreccio di arte, viaggi e simboli

IN MOSTRA. Al museo di Santa Brigida i due esemplari di «Ushak Lotto» in dialogo con il trittico Agliardi. Venerdì 22 agosto la conferenza di Manzoni sugli affreschi del pittore nelle chiese del Trentino.

Un tappeto non è mai soltanto un tappeto. È un intreccio di fili, di viaggi, di mani che annodano colori e simboli. È un atlante segreto che porta dentro di sé l’eco di mercati lontani, il fruscio di carovane in cammino, la voce di pittori che lo hanno dipinto e di famiglie che lo hanno custodito.

La combinazione artistica

Al Museo Baschenis di Santa Brigida, inaugurato lo scorso luglio, due preziosi esemplari «Ushak Lotto» del XVII secolo parlano questa lingua antica. E lo fanno in dialogo serrato con le riproduzioni del trittico Agliardi di Evaristo Baschenis, in un percorso che lega l’Anatolia a Bergamo, l’Oriente ottomano al Seicento lombardo, i toni rossi e oro delle stoffe alle ombre fresche delle chiese di valle.

L’esperienza che si compie entrando nel museo è più di una visita: è un attraversamento. Le sale mostrano una cucina e una camera da letto ricostruite con attenzione filologica, mentre i video tridimensionali raccontano la vita dei frescanti Baschenis, famiglia di artisti che per secoli ha disseminato di colori e figure le chiese delle valli bergamasche e trentine. Ma è l’incontro tra i tappeti e l’arte pittorica a lasciare senza fiato.

«Guardate bene il particolare da un dipinto di Evaristo Baschenis e poi quello da un tappeto del museo Mita di Brescia – spiega Giovanni Valagussa –. Sono quasi identici. Si tratta di tappeti cosiddetti Lotto, Ushak anatolici di fine Quattrocento e inizio Cinquecento, con il motivo a racemi giallo-oro su fondo rosso e la bordura a cartigli romboidali. Li chiamiamo così perché il pittore veneziano Lorenzo Lotto li raffigurò più volte nei suoi dipinti».

In effetti, l’eco veneziana è fortissima. Lorenzo Lotto visse a Bergamo per oltre un decennio, lasciando in città capolavori che ancora oggi la segnano. «Possiamo supporre – aggiunge Valagussa – che anche per suo merito arrivassero a Bergamo questi eleganti manufatti orientali. Il soggiorno del pittore contribuì a diffonderne il gusto, che rimase vivo a lungo». Non stupisce allora che poco più di un secolo più tardi Evaristo Baschenis abbia rappresentato proprio un tappeto Lotto nel suo unico autoritratto, mentre suona la spinetta accanto all’amico Ottavio Agliardi, raffigurato con un arciliuto.

«È un motivo di straordinario interesse – continua Valagussa –: l’opera ricompone davanti a noi un contesto di cinquecento anni fa, in cui arte, musica e oggetti preziosi si intrecciano come fili di uno stesso tessuto».

Quei tappeti arrivavano da Ushak, in Anatolia occidentale, centro nevralgico dei commerci e della produzione tessile per la corte ottomana di Istanbul. Sottili, delicati, ricercati per il loro aspetto «asciutto», erano contesi dai mercanti veneziani, che li distribuivano nelle corti e nei palazzi d’Europa.

Oggi, vederne due autentici esemplari a Santa Brigida significa leggere in controluce la mappa di quei traffici antichi, riconoscere l’eco di un passato che non smette di interpellarci. Ma il museo non è solo esposizione: è anche luogo di incontro e di pensiero. Ad agosto, infatti, ospita il ciclo di conferenze dedicate alla famiglia Baschenis. Dopo gli interventi di Tarcisio Bottani e di Giovanni Valagussa, venerdì 22 alle 21 toccherà a Ugo Manzoni guidare i presenti in un viaggio tra gli affreschi dei Baschenis nelle chiese del Trentino.

E sabato 23 agosto il museo aprirà straordinariamente fino alle 22, in dialogo con la vicina chiesa di San Lorenzo, che custodisce un affresco firmato dai Baschenis

Un’occasione per ampliare lo sguardo e riscoprire il legame profondo tra la cultura delle valli e le grandi correnti artistiche alpine. E sabato 23 agosto il museo aprirà straordinariamente fino alle 22, in dialogo con la vicina chiesa di San Lorenzo, che custodisce un affresco firmato dai Baschenis. Sarà un’esperienza suggestiva: entrare al tramonto in un luogo che custodisce tappeti, dipinti e memorie, e poi uscire sotto il cielo estivo per ritrovare gli stessi colori filtrati dalla luce tremula degli affreschi sacri.

In esposizione fino al 31 agosto

I tappeti al Museo Baschenis resteranno visitabili fino al 31 agosto, ogni sabato pomeriggio e domenica mattina, sempre a ingresso libero. Ma il vero dono è un altro: sentire che ciò che sembrava lontanissimo – i mercati di Istanbul, i palazzi veneziani, i dipinti dei grandi maestri – si ricompone in questo piccolo paese della Valle Averara. «Abbiamo già proposto questo confronto a Palazzo Agliardi – conclude Valagussa – ma vederlo qui, nel nuovo museo dedicato ai Baschenis, è come chiudere un cerchio. È la memoria che torna a casa».

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