Brondi: condivido Epicuro, apprezzo quello che ho

L’intervista. Il cantante il 17 settembre alle 21 chiude il suo tour estivo e la stagione di «Nxt Station» di Piazzale Alpini.

Spente Le Luci della Centrale Elettrica, Vasco Brondi si è preso tutto il tempo necessario per pensare a un nuovo album, un libro, un concerto. Intanto il 17 settembre chiude il tour estivo e la stagione di Nxt Station» di Piazzale Alpini (ore 21, biglietti disponibili). L’ultimo lavoro, «Paesaggio dopo la battaglia», è stato anticipato dal singolo «Ci abbracciamo», il desiderio di mandare un segnale di speranza e riportare a galla un vecchio ballo del Dopoguerra, la Polka Chinata. «È una canzone che avevo scritto prima del 2020, quando gli abbracci non erano ancora considerati pericolosi e al tempo tanto preziosi», spiega l’autore. «Ogni epoca è di cambiamento, transizione, quella in cui viviamo ce lo dimostra di continuo. “Todo cambia” come cantava Mercedes Sosa. È una grande legge dell’universo a cui l’essere umano crede di opporsi con la sua illusione di controllo».

Da troppi mesi vediamo scenari di guerra. Ma le battaglie sono anche interiori. Quelle come si vincono?

«Il mio ultimo disco parla di battaglie interne ed esterne; del guardarsi dentro e attorno. È interessante quel che diceva millenni fa il filosofo greco Epicuro: una volta esauditi i bisogni primari possiamo essere felici; se invece rincorriamo bisogni secondari o ancor meno essenziali vivremo una vita di tormenti e saremo sempre insoddisfatti. Credo che imparare ad apprezzare quello che c’è e tutte le fortune in cui viviamo potrebbe essere importante. Un grande antidoto per questa società dell’insoddisfazione. Fermiamoci a contemplare tutti i miracoli che ci circondano!».

«Tendiamo a prestare attenzione solo alle cose memorabili ma la nostra vita merita di essere celebrata in ogni momento»

Nel disco c’è un elemento sacro suggerito dall’estetica gospel. Forse anche dal brano «Il sentiero degli Dei».

«Tutto è sacro se gli si dà la giusta attenzione. C’è una poesia di Jack Gilbert che dice che la nostra vita accade negli intervalli tra cose memorabili. Tendiamo a prestare attenzione solo alle cose memorabili ma la nostra vita merita di essere celebrata in ogni momento. È uno dei temi del disco».

Accanto all’album il libro «Paesaggio dopo la battaglia – note a margine e macerie» parla dell’esondazione di sentimento che è arrivata dopo tanto silenzio. Da dove sgorgano le pagine?

«È il diario di lavorazione del disco, ma, visto che non ci si poteva spostare, è diventato il diario di un viaggio interiore, di tanti slanci, di dubbi sulle canzoni.È’ il racconto della vita che è entrata nel disco e di quella che ne è rimasta fuori».

«Chitarra nera» è un pezzo seminale, l’inizio delle altre sceneggiature. Cosa fa diventare importante una canzone?

«Credo che le canzoni debbano avere un soffio di vita. È importante quando mi accorgo che cantando sto condividendo qualcosa».

L’ultima, «Va dove ti esplode il cuore», di che parla?

«Degli sterminati tour nella provincia ferrarese che facevo agli inizi senza mai sconfinare nelle provincie di Bologna o Ravenna. Descrive l’aria elettrica della fine degli anni Novanta quando in sala prove si parlava di vita e distorsori. Andavo ai concerti e mi interessava tutto anche quello che c’era dietro il palco; quella vita improbabile. Non osavo avvicinare i musicisti che amavo. Non sapevo ancora che dietro il palco più che altro ci sono i gabinetti illuminati al neon con le scritte come negli autogrill».

Il concerto/spettacolo «Una cosa spirituale» messo in scena che non è molto è solo un esperimento o l’inizio di un altro viaggio?

«Sto cominciando a condividere la mia ricerca, il mio percorso al di là della musica e di quel mercanteggiare che vige nella nostra società. È uno spettacolo dove si alternano canzoni e scritti di autori in cui terreno e ultraterreno si sfiorano. Da dieci anni studio e pratico yoga, meditazione. Ho cominciato a condividere queste cose in omaggio ai miei strani maestri spirituali, i CCCP. Frequento ritiri in cui si sta in silenzio per tre giorni senza telefoni, in posti immersi nei boschi. Studio l’uso della voce, la respirazione, yoga e scrittura. Il vero virtuosismo è partire sempre dal profondo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA