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Domenica 08 Giugno 2025
Elliott Murphy torna a Bergamo: nel nuovo disco il suo rock urbano
L’ANNUNCIO. Il rocker americano, salutato negli Usa come «un nuovo Dylan», sarà in concerto al Druso il 12 settembre.
Dopo l’esperienza di «Born To Cruise», la crociera springsteeniana organizzata dal sodalizio «Noi&Springsteen», Elliott Murphy torna in Bergamasca per un concerto fissato il 12 settembre al «Druso» di Ranica. L’appuntamento di «Bergamo racconta Springsteen» allarga l’orizzonte anche a Lecco, dove il giorno prima - l’11 settembre - il vecchio rocker presenterà il suo nuovo album al «Discoshop», prendendo successivamente parte a un incontro al «Roofstop Lisander» di Melgrate. Alle 20, nel noto negozio di dischi lecchese, Elliott presenta «Infinity», suonando qualche pezzo in acustico col fido chitarrista Olivier Durand. La sera dopo al «Druso» proiezione del video «Born To Cruise» alle 20.45; concerto alle 21.30 con la band.
Tempo fa il rocker americano veniva in Bergamasca spesso e volentieri, poi le sue visite si sono diradate. Ad ogni tournée europea il passaggio dalle nostre parti era d’obbligo. Questo ritorno è certamente atteso dai tanti appassionati del suo rock urbano e cantautorale. Elliott Murphy è un rocker prestato alla canzone d’autore, alla maniera del Boss. I due hanno iniziato insieme, anche se i rispettivi destini hanno seguito traiettorie umane e musicali diverse. Murphy all’inizio degli anni Settanta è stato salutato dalla critica statunitense come un «nuovo Dylan», quando l’America cercava epigoni da affiancare al grande cantautore di Duluth.
In verità Murphy non è mai stato un dylaniano convinto, sposando la causa del rock dal lato urbano di Lou Reed, e dal lato glamour di David Bowie. Su queste direttrici, negli anni, Elliott ha scolpito il suo stile poetico e metropolitano. All’inizio le sue quotazioni salgono alle stelle, poi la nutrita discografia si assesta su uno standard di tutto rispetto che non ha più toccato l’avvenenza dei primi tre o quattro album. Era nella logica di questo straordinario artista, un classico outsider, un «magnifico perdente» che si è preso il lusso di firmare dischi bellissimi, cruciali nella storia del rock urbano d’America, per scegliere la libertà di scrivere, suonare, girare il mondo senza darsi tregua. Vive a Parigi per anni, fa la comparsa in un film di Fellini, intrepretando se stesso, portando sempre in giro la sua immagine di uomo ostinato e solo. Il mondo prova persino a dimenticarlo, senza riuscirci.
Che passeggi lungo la Senna o tra le mille luci di New York, Elliott è il portatore vivo di un «rock & roll dream» che non si spezza e mai si spezzerà. La carriera di Elliott James Murphy ha seguito un corso irregolare. All’inizio le lusinghe del «music biz», la pubblicazione di dischi fondamentali come «Lost Generation», «Nightlights», «Just A Story From America», segue la strada in salita, l’avventura quotidiana da inventare all’impronta, con i soliti attrezzi: la chitarra, l’armonica, il brogliaccio per prendere appunti. La scrittura è un vezzo, il metodo per estendere il racconto di qualche canzone memorabile. Elliott è sempre poetico, romantico, tra Scott Fitzgerald e Kerouac. Attraversa l’America di Nixon e del Vietnam, canta «The Fall Of Saigon», e avanti tratteggia la figura di Patti Smith in «Lady Stiletto». Poi la storia continua, sino ad oggi.
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