Il coronavirus a Bergamo
«La cronaca diventa storia»

Nel libro del giornalista Massimo Tedeschi il racconto della pandemia a Bergamo e Brescia. Tentativo di fare ordine nel mare di informazioni: «La carta stampata è stata la mia sorgente principale».

Fare storiografia quando è ancora il tempo della cronaca. Quando le notizie ancora incalzano/si susseguono con il ritmo dell’urgenza, dubbi che scuotono gli affetti e domande che smuovono le coscienze sono ancora in sospeso, se non nelle more delle indagini giudiziarie. Raccontare una pandemia ancora in corso, con le questioni sulle responsabilità per la mancata Zona rossa in bassa Valle Seriana, le morti nelle Rsa, il rapporto fra (pessima) qualità dell’aria e diffusione del contagio tutt’altro che appianate. Operazione difficile e ingrata.

Ci ha provato, non senza coraggio, il giornalista di lungo corso Massimo Tedeschi, già, per moltissimi anni, inviato di BresciaOggi, già caporedattore responsabile del dorso bresciano del «Corriere della Sera», ora «felicemente in pensione», nel libro «Il grande flagello. Covid-19 a Bergamo e Brescia» (Scholé, pp. 327, euro 19,90), in distribuzione, in libreria e on line, da oggi.

«L’idea – spiega Tedeschi – è di Ilario Bertoletti, direttore editoriale di Morcelliana» (di cui Scholé è un marchio): «Fare, in tempo reale, un libro di cronaca storica, che, mentre la materia è ancora palpitante e viva, tenesse insieme due poli-epicentro dell’epidemia: Bergamo e Brescia». Il libro si sforza di mettere ordine nella vera «infodemia» concretasi attorno alla pandemia. Una viralità intricata, contraddittoria, proliferante all’infinito, di informazioni, comunicazioni, dibattiti, via tv, radio, blog, social, carta stampata, in cui persino i soloni dell’epidemiologia dicevano, di giorno in giorno, da fine febbraio al 4 maggio, tutto e il contrario di tutto. «Sono andato alle fonti di cui mi fido: i quotidiani. La carta stampata è stata la mia sorgente principale. I colleghi, “L’Eco” in testa, hanno fatto un lavoro strepitoso, eccezionale, per tempestività ed efficacia, a livello di cronaca, approfondimento, interviste. Si parla sempre male dei giornalisti, invece hanno scritto pagine straordinarie».

Nel mare magnum dei contributi, almeno un’emergenza, che, per tutti noi, sarà difficile e sarebbe ingiusto scordare: «Sento viva, ancora adesso, l’emozione nel leggere la cronaca di Stefano Serpellini sulla domenica di Alzano. Una pagina di storia» (e, insieme, di costume e di ambiente) che «va incorniciata. La prefigurazione del pozzo nero in cui saremmo precipitati». Poi «i social, siti di Regione, Province e Comuni, le interviste, i blog», tra cui, in particolare, «“Vissuto intensiva”, in cui anestesisti e rianimatori si sfogavano in tempo reale: pagine drammatiche e bellissime». Il libro è strutturato in tre parti.

La sintesi dell’accaduto

Le prime 120 pagine costituiscono un «Memoriale» in cui si tenta, con grande, encomiabile dovizie di numeri, dati concreti, percentuali, di fare una sintesi dell’accaduto, organandolo attorno a temi salienti. Tra l’altro: le generazioni maggiormente colpite; la planetaria attenzione mediatica concentratasi sul piccolo ma efficientissimo distretto Bg-Bs (a metà marzo articolo del «Wall Street Journal» su Bergamo: «Il Ground zero dell’epidemia»); l’aporia per cui ad essere maggiormente colpite sono due province punta di diamante dell’industrializzazione e innovazione tecnologica, dove le cose, normalmente, «funzionano»; un’eccellenza ospedaliera tale che «nessun bergamasco e nessun bresciano, in pratica, andavano a farsi curare fuori provincia». Nel rapporto del «Sole 24 Ore» sulla qualità della vita 2019, nella classifica per la (minore) Emigrazione ospedaliera, Bergamo era 1à. Durante la pandemia «47 pazienti bergamaschi finiranno in Germania, molti altri in altre regioni d’Italia. Nelle corsie degli ospedali bergamaschi e bresciani arriverà personale sanitario da Sud Italia, Albania, Polonia, Russia». Il rovescio, infatti, della medaglia: «Nella classifica sulla Dotazione di medici di medicina generale la provincia di Bergamo è 92a. La sovrapposizione fra queste posizioni di retroguardia e l’intensità dell’epidemia è impressionante». Una ricerca dell’Università di California rileva che «il tasso di rischio di infezione per gli operatori sanitari in Lombardia è di 19,1 volte superiore rispetto al resto della popolazione». Discorso analogo per la scarsità, nella nostra regione, di laboratori di sanità pubblica. Ma non si può non elogiare l’enorme duttilità mostrata dal personale sanitario, che ha riconvertito, in tempi brevissimi, interi reparti ospedalieri. Un capitolo è dedicato, e si capisce, al caso Val Seriana: «una catena di errori e di sottovalutazioni».

Le interviste

La seconda parte del libro è costituita da interviste: ai due sindaci Giorgio Gori ed Emilio Del Bono; al direttore del Dipartimento emergenza urgenza area critica dell’ospedale Papa Giovanni, Luca Lorini; ai vescovi Francesco Beschi e Pierantonio Tremolada.

Il diario di bordo

La terza parte è un «Diario di bordo», una serrata cronologia degli eventi: materiale «un po’ grezzo», ma che consente di rivivere, da vicino, il drammatico succedersi degli eventi. Sintesi, approfondimento e diario provano a «restituire il quadro da diversi punti di vista».

Un libro, ne è ben cosciente Tedeschi, fondato anche su materiale deperibile, che può essere presto consumato/superato da eventi seriori. Ma dalla lettura dei documenti «alcune cose, però, emergono». Per esempio: «Tutti dicono che non c’è stato allarme. Non è vero: il 22 gennaio una circolare del Ministero della Salute lancia un allarme drammatico che elenca i sintomi e avverte il personale sanitario: tutelatevi, usate i dispositivi». Allarme poi largamente ignorato, a causa di quel clima di sottovalutazione che è ben ricostruito nel libro. Altra grande questione: «il Piano epidemico della Regione Lombardia: vecchio, inadeguato. Di fronte a un test né massiccio né drammatico come l’epidemia influenzale N1H1, definita “mite pandemia”, nella pur efficiente Lombardia erano emerse lacune, inefficienze, incrostazioni in merito a programmazione, rapporti con Rsa e territorio, stoccaggio, scorte, fornitura di farmaci. C’è una delibera della giunta Formigoni che denuncia la sua inadeguatezza, elencando esattamente cosa non ha funzionato. Perché non è stato aggiornato?».

Altra domanda piuttosto «sconvolgente»: «Tutti elogiamo il Veneto che ha brillantemente circoscritto la pandemia. Ma non si capisce perché non abbia accolto pazienti lombardi. Il Veneto aveva creato un gran numero di posti di terapia intensiva rimasti vuoti, inutilizzati, per oltre il 40%. Perché tanti pazienti bergamaschi e bresciani hanno dovuto finire a Berlino, Lipsia, Palermo? Un punto interrogativo molto forte».

La prima presentazione pubblica del libro si terrà il 30 giugno nel complesso di Santa Giulia a Brescia, alla presenza dei due sindaci. Ancora da definire la data della presentazione bergamasca.

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