Il Nobel bergamasco che nessuno ricorda
Fu il padre delle neuroscienze

È Camillo Golgi, nato a Corteno, Valcamonica, allora paese bergamasco. Lo storico Mazzarello: ha rivoluzionato la conoscenza del cervello. Gli studi a Pavia sul ciclo della malaria. Tra gli allievi la pasionaria Anna Kuliscioff.

È stato un grande scienziato e in analoga misura dimenticato. Questa è la storia di Camillo Golgi, Nobel della Medicina nel 1906, uno dei padri principali delle neuroscienze, al centro peraltro di un singolare rebus anagrafico: è nato a Corteno, un paesino della Val Camonica allora sotto il territorio bergamasco e più tardi passato nella giurisdizione di Brescia.

Una figura centrale delle scienze mediche e senatore del Regno negli ultimi anni di vita, come ci racconta Paolo Mazzarello, ordinario di Storia della medicina all’ Università di Pavia, e autore del libro «Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi», edito da Bollati Boringhieri, ultima edizione nel 2019.

Professore, partiamo dallo scampolo bergamasco.

«Il paesino oggi si chiama Corteno Golgi in omaggio allo scienziato, a quel tempo amministrato all’ interno del distretto di Edolo e appartenente alla Bergamasca. Il padre del Nobel, pavese, vi giunge nel 1838 come medico condotto e vi rimane a lungo prima di trasferirsi all’ ospedale di Abbiategrasso. Camillo resta in Valcamonica fino ai primi anni del liceo che conclude a Pavia, per poi laurearsi in Medicina nel 1865.

Ogni anno, in estate, tornerà nel paese natale al quale rimarrà legatissimo».

Protagonista di una carriera prestigiosa.

«Ha svolto sempre due incarichi: professore di Patologia generale all’ Università di Pavia e primario ad honorem, non pagato, al Policlinico San Matteo. Ma ha iniziato anche lui - diremmo con il linguaggio di oggi - da precario, precario di lusso. Nei primi anni di carriera è un normale assistente a Pavia e diventa allievo di Cesare Lombroso, il noto e discusso inventore dell’ Antropologia criminale. Poi, sollecitato dal padre perché trovi un posto stabile, Golgi passa all’ ospedale per malati cronici di Abbiategrasso. Qui conclude le sue ricerche da Nobel nel 1873, ricerche che però aveva iniziato a Pavia».

E diventa così il padre delle neuroscienze.

«È stato veramente un personaggio rivoluzionario per la conoscenza del cervello, l’ organo più complesso dell’ universo conosciuto. Fino ad allora gli anatomisti, quando aprivano la scatola cranica e sezionavano il cervello, non riuscivano a trovare il bandolo della matassa della struttura del sistema nervoso. Lui, invece, rese visibile la singola cellula. Il suo lavoro sulla “Reazione nera” o “Metodo di Golgi”, ha rappresentato il punto di partenza per conoscere l’ architettura del cervello. In sostanza, è stato capace di tradurre in termini semplici ed elementari la straordinaria struttura a labirinto fatto da tanti “gomitoli” interconnessi che formano il cervello. Per identificare le funzioni della massa cerebrale bisogna prima conoscerne la struttura. Questa scoperta conoscitiva ha così favorito lo sviluppo delle discipline di base sul cervello e, come conseguenza, la ricerca clinica neurologica e psichiatrica».

Perché Nobel dimenticato?

«Innanzitutto è il primo italiano in assoluto a ricevere un Nobel e l’ unico, per la Medicina, a ottenerlo grazie a una scoperta fatta in Italia. Il Nobel gli viene assegnato nel 1906, poco prima dell’ annuncio del Nobel per la Letteratura al Carducci.

Golgi era molto noto e stimato in tutta Europa, ma con il tempo la sua figura è scivolata un po’ nel dimenticatoio.

Aveva ricevuto il Premio ex aequo con lo spagnolo Santiago Ramón Cajal, che nell’ immediato avrà più notorietà dell’ italiano. Per spiegarmi le cito un fatto. Un mio amico americano mi ha raccontato che un suo studente italiano pensava che Golgi non fosse un cognome, ma un nome latino: golgus, golgi. Questo per dire».

L’ impegno scientifico di Golgi è stato comunque svolto in diversi campi scientifici.

«Uno scienziato a tutto campo.

Attorno al 1885 il Gabinetto di Patologia generale dell’ Università di Pavia, diretto da Golgi, stava rapidamente conquistando una posizione di grande prestigio fra i laboratori medico-biologici d’ Italia, attraverso progetti di ricerca destinati a sconvolgere le concezioni che si avevano sulla struttura più elusiva di tutto il dominio biologico: il cervello. Nel suo Gabinetto, fra l’ altro, giunge anche il futuro Nobel per la pace Fridtjof Nansen, all’ epoca giovane scienziato molto interessato alla biologia, che impara direttamente da Golgi e dal suo assistente Romeo Fusari i metodi applicati a Pavia nello studio delle strutture nervose. Terminata quella fase, Golgi rivolgeva l’ attenzione a nuovi argomenti di ricerca. Le scoperte realizzate in Francia e in Germania avevano mutato le idee sulle affezioni contagiose, la categoria patologica cui andava ascritta la maggior parte dei decessi nella popolazione generale.

In accordo con quanto stabilito da Agostino Bassi nella prima metà dell’ 800, gli studi capitanati da Louis Pasteur e Robert Koch fornivano un fondamento scientifico alla teoria microbiologica delle malattie infettive. Dopo la pubblicazione del volume “Sulla fina anatomia degli organi centrali del sistema nervoso” (1885), Golgi era ormai pronto a estendere gli interessi di ricerca nella direzione della nascente infettivologia. Nel settembre dell’ 85 soggiorna a Roma per imparare da Ettore Marchiafava, pioniere degli studi sulla patogenesi della malaria, le tecniche più appropriate per lo studio della malattia.

Tornato a Pavia, inizia quelle indagini originali che lo porteranno rapidamente a svelare il segreto dell’ intermittenza (ogni 4 giorni, ogni 3 giorni, eccetera) delle febbri malariche. Oltre a questo, lo scienziato bergamasco-bresciano ha compiuto indagini importanti sulle infestazioni intestinali, ha scoperto quello che si chiama “Apparato di Golgi” o “Complesso di Golgi” che qualsiasi ragazzino oggi studia sin dalla scuola dell’ obbligo. Quindi, in realtà, le grandi scoperte di Golgi sono tre: l’ architettura del cervello, il ciclo della malaria e un mattone fondamentale della cellula, l’”Apparato di Golgi”».

Poi c’ è tutto il capitolo di Anna Kuliscioff, la pasionaria socialista.

«Sì, e questo svela un po’ le origini progressiste di Golgi. La Kuliscioff, prima di tutto, era una donna di grande fascino. Lombroso, molti anni dopo, la considererà “la più bella donna d’ Europa”.

Anna, nata in Crimea da una famiglia benestante, aveva alle spalle una vita errabonda, inseguita dalle polizie di mezza Europa per le sue idee sovversive. Dopo aver soggiornato in Svizzera, malata di tubercolosi ed essersi legata ad Andrea Costa (dal quale ha una figlia), la giovane donna si trasferisce a Napoli per proseguire gli studi di Medicina (unica donna in mezzo a 400 studenti e in un ambiente retrogrado e misogino). A metà degli anni ’80, insieme con il suo nuovo compagno, Filippo Turati, futuro leader del socialismo riformista, giunge al Nord e chiede l’ ammissione all’ Università di Pavia. Qui succede un trambusto, perché il rettore si allarma: teme il contagio, nel clima dell’ epoca, delle idee radicali. Nel mentre la Kuliscioff fa pratica nel laboratorio di Golgi che pubblica anche un suo studio sulla febbre puerperale. Infatti, la non più giovane studentessa pensava all’ argomento della tesi di laurea e, coerentemente con le sue posizioni femministe, scelse di occuparsi di ostetricia e ginecologia, decidendo di studiare l’ eziologia della febbre puerperale, un argomento controverso fin dalla scoperta della sua natura contagiosa da parte del medico ungherese Ignac Semmelweis, che era morto pazzo o forse demente, senza aver visto riconosciuti i suoi meriti. Poi succede che il rettore non dà il benestare definitivo dell’ iscrizione e scoppia il finimondo. Gli accademici si dividono, uno studente scrive un articolo su una pubblicazione locale in difesa della pasionaria e viene poi schiaffeggiato da un avversario politico. I due si sfidano a duello, tenzone che finisce con il leggero ferimento di entrambi. Uno dei padrini, fra l’ altro, è Turati. La storia finisce con l’ espulsione della Kuliscioff, che comunque riesce a laurearsi a Napoli, prima donna medico licenziata dall’ ateneo di quella città e in seguito molto popolare negli ambienti proletari di Milano, dove tutti la conoscevano come la “dottora”».

Golgi in seguito diventa senatore.

«In realtà il suo interesse è sempre stata la medicina. Era comunque cresciuto nel clima patriottico e, al liceo, era stato anche espulso per la presa in giro del professore di tedesco. Era genericamente di formazione positivista e progressista, per poi diventare conservatore illuminato.

Muore nel 1926, a 83 anni, e l’ ultimo scorcio della sua esistenza lo vede protagonista di uno scontro durissimo con Luigi Mangiagalli, professore di ostetricia, che voleva fondare l’ Università di Milano.

Golgi si opponeva, in quanto temeva la concorrenza contro Pavia. Un contenzioso lungo e divenuto proverbiale, tant’ è che Mangiagalli era chiamato “Mangiagolgi”».

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