Lallio, prosegue la rassegna «Box organi» tra suoni e parole d’autore

Rassegna. Nella chiesa arcipresbiterale plebana il nuovo appuntamento di «Box organi, suoni e parole d’autore» con Silvio Celeghin e Dorina Frati.

«Box organi, suoni e parole d’autore» prosegue questa sera (sabato 24 settembre alle 21, ingresso libero) nella chiesa arcipresbiterale plebana di Lallio con un concerto dell’organista Silvio Celeghin, docente al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. La serata, intitolata «Gioie private e pubblici disastri», si apre con una improvvisazione al mandolino di Dorina Frati, considerata tra i maggiori virtuosi dello strumento a quattro corde doppie e prevede una raccolta fondi a favore di Aido Lallio. Avrà un altro momento unico con «l’inedito» di Laura Bosio e il suo testo «Un sorriso» (2022). Anche il concerto all’organo di Celeghin proporrà, tra altri brani, una prima assoluta, «Battiti», di Alberto Cara (1975), commissionato da Box Organi.

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La rassegna diretta da Alessandro Bottelli, in collaborazione con la parrocchia prosegue l’itinerario per esplorare il repertorio per tastiera che prende ispirazione dalla Storia «o, più semplicemente, da vicende vissute in prima persona dagli stessi compositori e poi tradotte in note su carta pentagrammata», spiega lo stesso Bottelli.

Si parte con la Toccata fatta sopra l’Assedio di Filipsburgo di Alessandro Poglietti (1630-1683) nel tipico stile italiano del primo barocco, suddivisa in diverse sezioni, poi il Concerto in re minore op. IV n. 6 da «La Stravaganza» di Vivaldi, trascritto per tastiera da un anonimo inglese nei primi decenni del XVIII secolo. Di Felice Moretti (padre Davide da Bergamo) si ascolterà invece l’Incendio ideale che prevederebbe l’uso della Campana a Martello. Un Giorno di Regno di Verdi, è strato trascritto dal veneziano Francesco Zane. Tra gli altri brani la Ronda della Guardia Nazionale Italiana di Michele Novaro, il Coprifuoco di Marco Enrico Bossi, il più importante compositore d’organo italiano tra Otto e Novecento.

Giovedì sera Arturo Sacchetti decano tra gli organisti e musicista di lungo corso (oggi è ottantunenne) ha intrattenuto un pubblico scelto sul tema «La storia, le storie: se i suoni dell’organo raccontano il mondo». Un viaggio a due binari, uno biografico, l’altro tra la letteratura organistica e non solo tra i grandi maestri della musica. Sacchetti ha raccontato delle fatiche sue personali a proporre repertori alla sua epoca considerati vacui o senza significato, come quelli di Padre Davide da Bergamo, quando andavano per la maggiore, nella considerazione degli esperti, Berio o Ligeti. Sacchetti ha raccontato di come l’organologia sia una conoscenza praticamente ignorata dai corsi di studi d’organo d’oggi. Oppure della necessità di studiare per realizzare abbellimenti e improvvisazioni in stile d’epoca in modo affidabile.

Una lezione sulla competenza come base per poter restituire e esplorare adeguatamente mondi musicali senza fermarsi alla routine, un rischio sempre dietro l’angolo. Tra gli appelli più forti, quello a riconoscere in tutta la sua grandezza (come musicista, ma anche come profilo umano) Lorenzo Perosi. Al «pretino di Tortona», suo corregionale, Sacchetti ha dedicato una mole di studi e lavori di primissimi piano.

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