Museo archeologico, l’identikit della mummia sarà in diretta

La direttrice Stefania Casini: si potrà seguire il restauro in corso, al Museo di scienze naturali (25-29 ottobre e 15-19 novembre). Dagli ultimi esami risulta un egizio cinquantenne, smilzo e alto per la sua epoca.

Un egizio cinquantenne, smilzo e decisamente alto per l’epoca. Comincia a prendere consistenza l’identikit della mummia custodita al Museo archeologico di Bergamo, che ora si prepara a un restauro che durante il mese di ottobre potremo seguire in diretta. Dopo la Tac eseguita lo scorso giugno al Policlinico di Milano e l’«autopsia virtuale» con la ricostruzione in 3D del corpo mummificato celato sotto le bende, il 21 settembre il team del centro ricerche Mummy Project - Alessandro Bulfoni, responsabile di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Humanitas San Pio X di Milano, il direttore Sabina Malgora, l’osteoarcheologa Francesca Motta, l’antropologa e odontologa forense Chantal Milani - ha sottoposto la mummia ad una endoscopia laparoscopica. Sono stati prelevati all’interno della mummia campioni di ossa, bende, materiali organici e inorganici, ed è stato possibile osservare l’interno della mummia, effettuare filmati e scattare fotografie, passando dalla visione 3D virtuale della Tac alla visione diretta. Per ora l’indagine endoscopica ha confermato ciò che la Tac aveva evidenziato: lo scheletro è quello di un uomo adulto, fra i 40 e i 50 anni, non particolarmente robusto, ma piuttosto alto per l’epoca: 177 cm (con un margine di più o meno 3 centimetri).

Occorrerà attendere le ulteriori analisi per rispondere ad altri quesiti aperti, tra cui le sostanze usate per la mummificazione, la datazione assoluta e la conferma del profilo antropologico e patologico.

I campioni prelevati prenderanno ora la via dei laboratori di ricerca che si occuperanno delle opportune analisi: datazione al C14, Dna batterico e analisi proteine animali e vegetali, analisi di pigmenti, componenti organiche e inorganiche. L’endoscopia non ha comportato rischi per la mummia, che a breve sarà affidata alle cure di Cinzia Oliva, tra i massimi esperti nel restauro di tessuti antichi, per un delicato intervento conservativo.

È la direttrice del Museo archeologico Stefania Casini ad annunciare le prossime tappe: «Dal 25 al 29 ottobre e di nuovo dal 15 al 19 novembre, il pubblico potrà seguire il restauro in corso, in una delle sale didattiche del Museo di scienze naturali. E sabato 20 novembre è in programma un incontro aperto a tutti cui interverrò insieme alla restauratrice Cinzia Oliva e all’egittologa Sabina Malgora». Quasi 140 anni dopo il suo arrivo a Bergamo potremo finalmente vedere con i nostri occhi la mummia custodita nel sarcofago di Ankhekhonsu. La storia è documentata, la ricordiamo in breve: donata nel 1885 alla città di Bergamo da parte di Giovanni Venanzi, console d’Italia ad Alessandria d’Egitto, la mummia è racchiusa in un sarcofago databile alla XXII Dinastia (900- 800 a . C.), sul quale è ripetutamente riportato il nome del defunto, il sacerdote Ankhekhonsu. Il «presunto» ospite del sarcofago, perché fino ad oggi non si è potuto accertare se la mummia corrisponda realmente al periodo del sarcofago che la accompagna.

La sezione egizia

Mai esposta al pubblico, la mummia di Ankhekhonsu è destinata a diventare protagonista della sezione egizia che sarà creata all’interno del completo riallestimento in corso al Museo archeologico, e ha iniziato da mesi un percorso di check-up al fine di indagare la storia e l’identità del defunto, recuperare indizi sulla sua vita e la sua morte, e informazioni sulle tecniche di mummificazione, fino alla ricostruzione forense del volto, che restituirà alla mummia le sue sembianze permettendo a tutti, studiosi e appassionati, di vederne la fisionomia.

Un ampio progetto

Una sfida tutt’altro che semplice, anche perché, a differenza delle mummie che siamo abituati ad immaginare, la mummia di Bergamo, benchè avvolta in bende, non è un corpo ma quasi uno scheletro e le ossa nel tempo si sono spostate dalla loro sede anatomica, ammassandosi nella parte superiore della mummia.

È il progetto «Una mummia da salvare», ideato dal centro ricerche Mummy Project, diretto da Sabina Malgora, in collaborazione con il Museo archeologico di Bergamo sotto l’egida dell’assessorato alla Cultura del Comune di Bergamo e grazie al sostegno di Fondazione Comunità Bergamasca, Gp Batteries International, Bps srl, Agenzia Funebre Regazzi di Calusco d’Adda e Rotary Club Bergamo che sosterrà il restauro.

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