«Non ha nascosto il suo volto», la genesi della Via Crucis di Brolis

EVENTO. La Fondazione Bernareggi inaugura al Famedio del Cimitero Monumentale la mostra dei gessi preparatori dell’opera: è il racconto della Passione come un catalogo dell’umanità.

«Non ha nascosto il suo volto», il 30 ottobre alle 18.30, si inaugura al Famedio del Cimitero Monumentale una mostra - la prima organizzata da Fondazione Bernareggi «Fuori dal museo» - per raccontare la genesi della monumentale Via Crucis in bronzo realizzata da Piero Brolis per la chiesa di Ognissanti. Un’opera familiare a molti bergamaschi, che da decenni accompagna il silenzio e le preghiere che abitano uno dei luoghi più cari alla città.

Un «manifesto» d’autore

Tra il 1961 e il 1971, Piero Brolis modella e fonde la sua Via Crucis per la chiesa del cimitero: un fregio di oltre quarantacinque metri, animato da ottantadue figure a grandezza naturale, fuse in novantotto quintali di bronzo. Non una Via Crucis tradizionale, scandita in stazioni divise, ma una narrazione continua in cui le stazioni scorrono l’una nell’altra srotolandosi, quasi come una pellicola cinematografica, lungo le pareti perimetrali della chiesa. Unica nel suo genere, per concezioni e dimensioni, per Brolis è un’opera testamento, un vero e proprio «manifesto» della sua poetica, ed è con l’intento di preservarne la memoria che l’artista dona studi e disegni preparatori all’Accademia Carrara e le prove in gesso al Museo Diocesano.

Il dialogo con l’opera

Al Famedio, dunque, per la prima volta i 14 gessi preparatori provenienti dalle collezioni diocesane del Museo Bernareggi dialogheranno con l’opera definitiva in bronzo, consentendoci di ripercorrere la genesi complessa di un’opera imponente, complessa e fortemente simbolica per la città. Ci saranno il tempo dello studio, della ricerca, del confronto con la materia, che rivivono in esposizione anche nel documentario storico «La Via Crucis di Piero Brolis», realizzato da Sandro Da Re e Federico Rampini seguendo Brolis durante il lavoro.

Esercizio creativo

È una Via Crucis, quella di Brolis, capace di parlare anche al presente, comprese le nuove generazioni, che non a caso la Fondazione Bernareggi ha voluto coinvolgere nel progetto: «Tre gruppi statuari esposti in mostra sono stati restaurati grazie al lavoro di giovani studenti di restauro della Scuola Fantoni, segno di una cura che si protende alle giovani generazioni solo apparentemente distanti dalla meditazione escatologica che queste opere ci propongono. – sottolineano don Davide Rota Conti e Silvio Tomasini, rispettivamente Direttore e Conservatore del Museo Bernareggi -. Giovani sono anche gli operatori de progetto Le Vie del Sacro che, in collaborazione diretta con il personale del Museo Bernareggi, sperimentano l’esercizio creativo che muove la nascita di una mostra e la sua quotidiana gestione. Le sculture esposte sono un omaggio all’artista Brolis, ma primariamente sono un omaggio alla sua capacità di intendere il complesso insieme di emozioni del Golgota. Isolando i volti dei personaggi, poi calati nel contesto narrativo, comprendiamo il percorso di profonda ricerca ed introspezione che portò un uomo ad interrogarsi circa il dolore degli altri uomini, sublimandolo nel dolore universale e salvifico di Cristo».

Simboli morali

Ogni volto, ogni figura, nella Via Crucis di Brolis nasce da un’osservazione profonda delle espressioni dell’umano, dal dolore alla pietà fino alla speranza. Ogni stazione, poi, è popolata da figure ispirate alla vita quotidiana: madri, soldati, indifferenti, curiosi, sacerdoti. Lo scultore li trasforma in simboli morali, in personaggi che incarnano condizioni universali: «Il racconto della Passione che Piero Brolis mette in scena – scrive don Giuliano Zanchi nel quaderno che accompagna la mostra - si trasforma in un catalogo della varietà umana, a favore del quale convoca una memoria rurale tutta bergamasca, assunta come allegoria morale, senza la gravità sintattica dell’allegorismo classico, ma con gusto sapienziale, gnomico, quasi caricaturale, con quella potenza descrittiva che hanno spesso certi soprannomi di una volta, in grado di scolpire in due parole un carattere, una pulsione, una identità. Si dispiega allora una galleria di umani, raccontata dallo scultore con una miscela di severità e comprensione, in cui parrebbe di vedere un intero paese dei nostri arruolato nella sacra rappresentazione di una passio, portando nella recitazione della parte veri quotidiani atteggiamenti, autentici vizi e comuni virtù». La mostra sarà aperta, con visite gratuite, fino al 16 novembre: venerdì 31 ottobre ore 14 -17; sabato 1 e domenica 2 novembre ore 9-12 e 14 -17; sabato 8 e 15 novembre ore 9-12; domenica 9 e 16 novembre ore 9-12.

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