«Quel Gentiluomo è del Moroni»
Sorpresa alla Pinacoteca di Siena

Il «Ritratto di gentiluomo con libro», custodito alla Pinacoteca di Siena, secondo il giovane storico dell’arte Luca Brignoli è da attribuire al maestro Moroni: gli occhi azzurri e l’incarnato sono la prova.

Niente da dire: «Il cavaliere in rosa» - esposto in queste settimane alla Fondazione Magnani-Rocca, nella casa-museo a Mamiano di Traversetolo, per Parma Capitale della cultura 2020-2021 - è un capolavoro di Moroni, certamente il più cool grazie all’elegantissima mise alla spagnola che ha sempre attirato l’attenzione per quel colore «femminile» che oggi ci appare inconsueto, ma che non lo era per nulla per un gentiluomo del Cinquecento che voleva mostrarsi gagliardo e alla moda.

Troppo spesso però dimentichiamo che a fare di Moroni uno dei campioni della ritrattistica del suo tempo, e soprattutto uno dei grandi pittori della realtà, è una straordinaria schiera di anonimi effigiati, giovani e attempati, nobili e borghesi. Come su un set fotografico, nel suo studio il pittore li metteva in posa seduti, con un libro o un guanto in mano, rigorosamente abbigliati di quel nero che di Moroni è diventata una cifra. Proprio ora che Moroni è stato sdoganato, grazie alle mostre internazionali degli ultimi anni, da Londra a New York, ecco che l’attribuzione di un nuovo ritratto ci ricorda che nella storia dell’arte non è mai detta l’ultima parola.

La recente riscoperta ci conduce alla Pinacoteca Nazionale di Siena, dove il giovane storico dell’arte Luca Brignoli, studioso di Cinquecento e di storia del collezionismo, punta l’attenzione su un «Ritratto di gentiluomo con libro» e lancia un appello per un «Ritratto di donna anziana» da ritrovare.

Ma andiamo per ordine e ricostruiamo grazie a Brignoli la singolare vicenda critica del «Ritratto di gentiluomo». Nel 1981, in occasione dell’edizione pubblica del secondo volume del catalogo della Pinacoteca Nazionale di Siena, Piero Torriti pubblicava tramite una piccola foto in bianco e nero il «Ritratto di gentiluomo con libro» come opera di un «artista bergamasco della seconda metà del sec. XVI o primi del XVII», indicando nella sintetica scheda che la tela era stata recuperata all’ultimo momento nei depositi del museo. Considerata l’ottima qualità del dipinto, ne ipotizzava la vicinanza alla maniera di Moroni o di Cavagna, appellandosi «agli specialisti della scuola lombarda per un auspicabile esame più approfondito». Invito caduto nel vuoto, visto che la tela fino a oggi non è stata presa in esame.

Il dipinto senese raffigura un personaggio dagli occhi azzurri, neanche a dirlo in abito nero di foggia spagnola con tanto di colletto bianco «a lattuga», che curiosamente poggia al petto una mano, così realistica nelle nocche e nei solchi delle vene, impreziosita al mignolo da un anello di ametista, pietra simbolica che fa riferimento alle virtù cardinali.

«Volendo inquadrare questo ritratto nel percorso di Moroni, si può rilevare una serie di affinità con altre opere dell’artista di Albino – spiega Brignoli - che permettono di proporre una cronologia all’inizio degli anni ’60 del Cinquecento. La luce frontale che irradia l’effigiato modula in maniera vibrante anche la semplicità del fondo grigio tipico del pennello moroniano. La barba crespa, di cui si può apprezzare il virtuosismo pittorico nella resa volumetrica e nei dettagli dei peli color rame, è uno dei brani pittorici più riusciti dell’opera».

Riscoperto un Moroni, ora Brignoli va a caccia di un altro, questa volta allontanatosi da Seriate senza lasciare alcuna traccia: «La raccolta del gentiluomo bergamasco Antonio Piccinelli a Seriate – spiega - era fra i massimi nuclei del collezionismo orobico (la punta di diamante era la “Madonna con il Bambino e i Santi Rocco e Sebastiano” di Lorenzo Lotto, ora alla National Gallery of Canada di Ottawa). Il dipinto da rintracciare raffigura il ritratto di una donna in età senile, un’opera di cui era finora possibile avere un’idea solo dalla fotografia di inizio Novecento di un salotto di casa Piccinelli, ma di cui esiste anche una buona riproduzione storica nel fondo fotografico dell’Istituto Italiano d’Arti Grafiche».

Il «Ritratto di donna anziana» a Seriate faceva pendant con l’effigie di un uomo anziano poi approdata al Norton Simon Museum di Pasadena: «Una sorte più oscura è invece toccata all’effigie femminile, della quale si sono perse le tracce. Un’opera – conclude lo storico dell’arte - che avvince per la quotidiana verità che caratterizza sia ogni singolo dettaglio del suo semplice e ordinato vestiario sia i tratti del volto e della rugosa epidermide senile, cosicché l’effigiata esprime un deciso senso di umile dignità».

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