Philip Roth, lo scrittore
nelle parole del suo amico

Lontano dalle polemiche che accompagnano da sempre la figura di Philip Roth, Benjamin Taylor ricostruisce la vita del grande scrittore di Newark partendo da un’amicizia strettissima e dai particolari minimi e quotidiani che caratterizzano spesso la vita di chiunque e la definiscono meglio di quelli che possono apparire atti o momenti memorabili. «Siamo ancora qui» è così il ricordo di un amico, ma un ricordo che non fa sconti delle idiosincrasie come delle nevrosi di Philip Roth e che anzi svela senza pudori le debolezze di una delle menti più brillanti del Novecento. Il memoir svela aspetti della vita di Roth affiancandoli a pagine dei suoi libri, ricostruisce il percorso autoriale e i momenti di un’amicizia fatta di confronti schietti. Roth è un uomo già avanti con gli anni, Taylor un promettente scrittore ancora giovane quando si incontrano per la prima volta.

La loro amicizia è disinteressata e ha il tocco raro dell’esclusività tanto più per un uomo d’altri tempi come Roth che vede la propria solitudine sommergerlo giorno dopo giorno: il complesso rapporto con le donne, la ricerca continua di un nuovo amore possibile e al tempo stesso la misantropia, la necessità di isolarsi, stare lontano dalla scena e dalla mondanità. E infine gli amici di un tempo che con l’avanzare degli anni, uno dopo l’altro, si fanno sempre più radi.

Philip Roth adora le bettole, le trattorie popolari, quasi le cerca insieme a Taylor e insieme ridono del cibo malsano che si trovano ad ingurgitare. Le chiacchiere sui libri diventano sempre più l’occasione di ricordare: la giovinezza, le mogli i rapporti con John Updike e Saul Bellow, l’amicizia importantissima con il giornalista George Plimpton. E poi la malattia, anzi le malattie perché Roth si trova nei guai già poco dopo i quarant’anni. Problemi di cuore, gli stessi che lo porteranno alla resa. E non dimentica Taylor di raccontare le corse in ambulanza, compresa una in cui gli infermieri non sanno più dove è l’ospedale mentre un malconcio Roth dalla lettiga dà loro le indicazioni salvo poi sbagliare isolato. Un aneddoto di cui coglie la comicità e le potenzialità romanzesche lo stesso Roth. E poi l’ultima corsa, l’addio struggente. Philip Roth è stato uno dei più grandi scrittori del Novecento, la scrittura era al centro della sua vita al punto da sostituirla per buona parte della sua esistenza, ma non verso la fine quando decise di andare in «pensione» come per ritrovare la realtà attorno a sé e riprendere fiato dai suoi fantasmi.

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