Treviglio, l’esperienza sociale della Cascina Redentore

Inizio ’900 Alessandro Frecchiani osserva un mondo a metà strada fra quello di Ermanno Olmi e il nuovo che avanzava.

Tra i numerosi e validi libri che accompagnano questa stagione trevigliese uno si profila come libro-riflessione, che induce molte domande non solo sull’epoca e la realtà considerate - protagonista la Cascina Redentore, opera di straordinaria sensibilità sociale di inizio Novecento a Treviglio – ma anche sulla urbanità - termine da approfondire sociologicamente - e sulla umanità di un gruppo di persone coabitanti una medesima e, per allora, moderna (quanto semplice) struttura residenziale.

Il volume – «La Società di mezzo dopo l’Albero degli zoccoli», pagine 104, Zephiro Edizioni – ha come autore Alessandro Frecchiami, trevigliese, forte di vasta esperienza politico-sociale- amministrativa e di volontariato, desideroso di calare lo sguardo su un mondo a metà strada

fra i tempi del celebre film di Olmi (’800 inoltrato in terra bergamasca, soprattutto nell’area trevigliese e della Bassa) e l’epoca in responsabile ricerca del «nuovo», ipotizzato e sostenuto da monsignor Ambrogio Portaluppi, teologo lungimirante e socialmente operoso a Treviglio: quest’ultimo fu ideatore della Cascina Redentore e della Cassa Rurale, due «cugine» in spirito, un’intrapresa non tanto visionaria quanto realistica di una sociologia cristiana abbeverata alla «Rerum Novarum» e resa efficace dall’impegno di tante famiglie in cerca di uno spazio di vita comunitario.

C’è dentro la storia umana di un territorio dove accanto alle tradizioni, che sopravvivevano tumultuose e in apparenza invalicabili, si avvertivano segni e valori di un esercizio di rinnovata volontà di discernimento del nuovo: il vivere insieme in un grande cascinale dove uomini, donne e famiglie rappresentavano vicende di affetti, di aspettative, di emozioni e di speranze, di amori e di lutti significava stabilire varchi aperti di umanità tra la sofferenza e la comunanza di gioie partecipate ancorché complesse.

Sfogliando le pagine del libro sembra di camminare - grazie alle tracce della sapienza espositiva e puntualmente cronachistica di Frecchiami che quelle ha vissuto e condiviso - come in un labirinto da districare, tuttavia intensamente amabile. Un libro che stimola a rivisitare, con occhio attento e arricchente, quello che resta di un passato di sacrifici ma anche di presenza cristianamente solidale.

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