Sergio Cavalieri: «L’Università si è aperta al mondo»

INTERVISTE ALLO SPECCHIO. Questa intervista è parte del progetto «Interviste allo specchio», condiviso con Il Giornale di Brescia e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bergamasco e uno bresciano, realizzate da giornalisti delle due testate. Di seguito trovate l’intervista al personaggio bergamasco. Per scoprire il contenuto dell’intervista all’omologo bresciano, invece, vi rinviamo a Il Giornale di Brescia: il link in fondo all’intervista.

Sergio Cavalieri è l’uomo che da due anni guida l’Università degli Studi di Bergamo. Un’istituzione, anzi, forse dovremmo considerarla L’Istituzione della cultura bergamasca – che pure si sviluppa, come sempre accade, per mille rivoli diversi. Ma certo in Università si deposita, e si tramanda, un sapere di primo livello, tecnico e umanistico, locale e internazionale. E la nostra, almeno da qualche decennio, mostra una grande dinamicità, capacità di superare se stessa, di evolversi.

Rettore, lei, da «lassù» ha notato dei cambiamenti nella nostra cultura? È solo per il Covid che siamo diventati – con Brescia – Capitale, o c’è dell’altro?

«La grossa novità, discontinuità rispetto al passato riguarda l’apertura della cultura di Bergamo - in senso lato, non soltanto umanistico ma anche economico e tecnologico – verso realtà internazionali. Sicuramente una parola chiave è “plurale”. C’era spesso il luogo comune del bergamasco un po’ chiuso, invece quello che stiamo notando è proprio una forte apertura e anche accoglienza verso altre culture e altre sensibilità. Una seconda parola chiave è “sostenibilità”, una cultura dell’ambiente intesa come responsabilità. I nostri giovani ci stimolano a immaginare, progettare, sviluppare una serie di percorsi non solo formativi ma anche di ricerca e di sensibilizzazione, in questa direzione».

L’Università che contributo sta dando?

«Negli ultimi anni abbiamo attivato diversi corsi di laurea in inglese e questo sicuramente è un elemento che ha contribuito ad aprire la nostra città all’esterno. Più del 25% degli studenti dei nostri corsi magistrali in inglese ha un titolo di studio conseguito in un Paese estero. Sono una presenza importante. Altro aspetto: l’università è tradizionalmente considerata un “ascensore sociale”: un ruolo ancora importante, ma ne abbiamo via via interpretato anche un altro, quello di essere – a me piace dire - una piattaforma di coesione sociale. La cosiddetta “terza missione”, dopo la formazione e la ricerca, è quella che crea un valore pubblico, perché attraverso le diverse forme di ingaggio della cittadinanza - seminari, rassegne, apertura di spazi - stiamo interpretando un nuovo ruolo: non siamo solo un ente di formazione superiore ma soprattutto una realtà che crea delle occasioni di coesione sociale. A questo “valore pubblico” dell’università io personalmente tengo molto».

Date anche un contributo concreto a questa Capitale?

«Abbiamo diverse iniziative, di alcune siamo noi gli artefici, in altri casi invece patrociniamo o supportiamo associazioni che hanno aderito al programma ufficiale. In prima persona, per esempio, potenziamo la nostra rassegna (5-11 maggio) Bergamo Next Level, l’iniziativa principale di “public engagement” dell’ateneo. È una rassegna di eventi aperti al pubblico che si occupa di creare innovazione in un’ottica sostenibile. Quest’anno le parole chiave sono “frontiera e conflitto”, tematiche purtroppo molto attuali, declinate in quattro filoni tematici: culture, diritti, produttività e ambiente. Poi stiamo sostenendo un’iniziativa dei nostri studenti, “Università canta”; due giorni di concerti, con 25 cori universitari italiani: sabato 22 in Città alta, domenica 23 a Brescia. E stiamo aprendo i nostri spazi: visite guidate all’aula magna (l’ex chiesa medievale di Sant’Agostino, sconsacrata dal ‘700, ndr); sono già iniziate quelle a Palazzo Bassi Rathgeb. Poi avremo l’inaugurazione del chiostro minore di Sant’Agostino… L’Università a Bergamo è diffusa in immobili storici di grande pregio, da visitare».

Come immagina il futuro culturale di questa città?

«Dobbiamo sfruttare un po’ l’abbrivio offerto da questa bellissima iniziativa della Capitale: l’Università avrà un ruolo importante nell’evitare che, spenti i riflettori a fine anno, si rischi di non capitalizzare tutto quanto è stato creato. La Capitale della cultura è anche l’occasione per intessere tutta una serie di relazioni: Bergamo ha una provincia molto estesa con tanti tesori ancora da scoprire, in un’ottica di turismo sostenibile. E dovremo valorizzare la relazione con Brescia, stiamo scoprendo sempre di più delle complementarietà e delle opportunità. Sul mappamondo Bergamo, realisticamente, è un puntino. Se cominciamo a lavorare in maniera più sinergica con Brescia il puntino diventerà un segmento, cioè qualcosa di già percettibile. Ci stiamo lavorando, ci sono collaborazioni importanti non solo tra università ma anche fra le due Camere di commercio, le due Confindustrie e le due amministrazioni comunali».

Leggi sul sito del Giornale di Brescia l’intervista a Francesco Castelli, rettore dell’Università di Brescia, pubblicata anche su L’Eco di Bergamo in edizione cartacea

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