«Bergamo mi ha regalato la vita: due trapianti e il podio del tennis»

LA BUONA SANITÀ. Francesco Fiore: il primo cuore a 11 anni, il secondo a 30, con i reni». E nel 2023 bronzo alle Olimpiadi di chi ha ricevuto organi.

«Sono nato, cresciuto e vivo a Matera, in Basilicata, ma Bergamo è la mia seconda città, ed è proprio il caso di dirlo, del cuore. Mi ha ridato la vita e la possibilità di fare quello che amo di più: lo sport, il tennis in particolare». E Francesco Fiore, 36 anni e una grinta da Guinness dei primati, ha dimostrato il valore dei doni ricevuti a Bergamo con una vittoria preziosa, di portata mondiale: trapiantato di cuore, due volte, e una volta di reni, sempre nell’ospedale cittadino, si è piazzato terzo alle Olimpiadi dei trapiantati disputate a Perth, in Australia, ad aprile 2023, conquistando la medaglia di bronzo sia per il singolo sia per il doppio maschile. «Quella bandiera italiana sventolata in campo dopo aver conquistato queste medaglie era dedicata a me, ai miei sforzi, al mio impegno, ma anche all’ospedale di Bergamo, a cui devo tutto».

Un ospedale che all’epoca del primo trapianto di cuore di Francesco, nel 1988, si chiamava ancora Ospedali Riuniti e che oggi è il «Papa Giovanni», dove l’olimpionico di Matera ha ricevuto un secondo cuore e i reni nel 2017. «Il caso di Francesco Fiore non è affatto un ritrapianto comune, non esistono molti centri che sono in grado di fare un trapianto combinato cuore-reni. Francesco ha ricevuto il primo cuore da piccolo, aveva 11 anni. E il secondo cuore da adulto – rimarca Attilio Iacovoni, cardiologo della Chirurgia dei trapianti e del trattamento chirurgico dello scompenso cardiaco dell’ospedale Papa Giova nni –: i medici che l’hanno curato e che lo seguono lo conoscono sin da piccolo, ma anche lui ha visto medici e infermieri crescere con lui. E ha visto anche l’evoluzione dell’ospedale: questa è davvero la sua seconda famiglia».

Miocardiopatia dilatativa

Era poco più che uno scricciolo, Francesco, quando ha cominciato a stare male: miocardiopatia dilatativa. Era il 1993 «e alcuni amici cardiologi della Basilicata consigliarono ai miei genitori di portarmi subito a Bergamo: “Lì c’è il meglio, a livello internazionale”. I miei genitori non persero tempo». Nel 1998 viene messo in lista d’attesa: «Ricordo con grande affetto il dottor Roberto Fiocchi, che mi seguiva come fossi un figlio (Fiocchi, cardiologo e cardiochirurgo, è scomparso a 65 anni, nel 2018, stroncato da un infarto proprio in quell’ospedale dove aveva fatto parte dell’équipe guidata da Lucio Parenzan, che nel novembre 1985 effettuò il primo trapianto di cuore a Bergamo ndr) – racconta Francesco Fiore –. Poi il cuore nuovo arrivò: era il 9 giugno 1998. E dopo cinque giorni dal trapianto io sostenni l’esame di quinta elementare nella mia stanza in ospedale, grazie all’interessamento dei medici e di una scuola di Bergamo».

Con quel cuore nuovo Francesco torna alla vita attiva: riprende il tennis (lo sport è una costante in casa Fiore: papà Antonio, insegnante come la moglie Anna, è maestro di tennis, il figlio maggiore Vincenzo è tecnico nazionale della Federazione tennis e Francesco e l’altro fratello Claudio praticamente sono cresciuti con la racchetta in mano ndr), continua gli studi per diventare ragioniere, incontra gli amici, ha le sue prime storie d’amore. E segue il programma di terapie e controlli all’ospedale di Bergamo. «Come ogni trapiantato anche Francesco ha dovuto e deve assumere farmaci antirigetto, che possono essere tossici e causare danni collaterali – rimarca Attilio Iacovoni –. E intorno ai 19 anni Francesco ha sviluppato pesanti problemi ai reni ed è stato costretto alla dialisi». Il giovane materano è quindi obbligato ad abbandonare il tennis. I problemi non finiscono qui: «I farmaci antirigetto causano a Francesco, nel tempo, anche danni alle arterie del cuore. E le sue condizioni si fanno critiche», specifica Iacovoni. Ha circa vent’anni quando arriva il tracollo. «Mi hanno portato in ospedale a Matera, il mio cuore era davvero malmesso. E io non ho avuto esitazioni: ho voluto a ogni costo andare a Bergamo, senza perdere tempo, come la prima volta. In Cardiologia a Matera non sapevano nulla di me: abbiamo pagato di tasca nostra il viaggio in ambulanza fino a Bergamo».

Il ritorno a Bergamo per il secondo cuore

E arrivato qui – Francesco si commuove nel racconto – ritrova il dottor Roberto Fiocchi, che ipotizza un nuovo trapianto. «È lui che l’ha voluto fortemente, nonostante le mie condizioni. Ricordo ancora quando mi disse: “Serve un cuore nuovo e hai bisogno anche di un trapianto di reni. Lo faremo, non devi preoccuparti”. E così è andata. Ho avuto il privilegio incommensurabile di ricevere organi grazie alla bontà di persone a me sconosciute e di essere curato in uno dei pochissimi centri in cui si effettuano trapianti d’organo combinati: a Bergamo ho toccato con mano l’eccellenza sanitaria». Già prima del trapianto, una volta inserito nella lista d’attesa, Francesco si era anche trasferito in Bergamasca: «I medici mi aveva consigliato di restare vicino all’ospedale, avevo preso casa a Curno, con l’allora fidanzata, e andavo a Ponte San Pietro a fare la dialisi». Il trapianto combinato viene effettuato il 23 agosto 2017 e va bene: Francesco torna lentamente alla vita, comincia con passeggiate, poi percorsi più lunghi, fino al Cammino di Santiago. «Da solo, 350 chilometri a piedi – sottolinea –. Un’esperienza importante. E da lì ho ripreso in mano la racchetta, sono tornato sui campi. Mi sono anche iscritto all’Università, Scienze motorie, e ora lavoro in un’azienda di divani e poltrone a Matera».

Il bronzo in Australia

Il resto è storia: ad aprile 2023 partecipa alle Olimpiadi per i trapiantati a Perth, in Australia; Francesco finisce sul podio, medaglia di bronzo, sia per il singolo che per il doppio maschile. «Con i trapianti ho ricevuto doni importanti: il futuro, il benessere e la possibilità di fare sport». E di arrivare alle Olimpiadi del tennis per i trapiantati: in questi giorni seguendo le prodezze di Jannik Sinner – «Dovremmo essere tutti orgogliosi di lui», dice, già pregusta i prossimi Mondiali di tennis per trapiantati nel 2025 in Germania. «Se posso fare tutto questo è per l’ospedale di Bergamo e i suoi medici».

Un ospedale che ha un’esperienza di oltre 50 anni per le cardiopatie congenite, sottolinea Amedeo Terzi, responsabile della Chirurgia dei trapianti e del trattamento chirurgico dello scompenso dell’Asst Papa Giovanni XXIII: «Oggi l’eredità dell’équipe di Lucio Parenzan è stata raccolta dal Dipartimento cardiovascolare diretto da Michele Senni. L’approccio multidisciplinare e l’elevato livello di sinergia tra tutte le unità dell’ospedale è il vero valore aggiunto. Al “Papa Giovanni” oggi è possibile curare un paziente con una cardiopatia congenita o acquisita che renda necessario un trapianto, per poi proseguire il follow up lungo tutto l’arco della vita. Nei casi in cui si renda necessario, oltre che possibile, il paziente ha l’opportunità di sottoporsi a Bergamo a un secondo trapianto di cuore in età adulta, anche in abbinamento: è questa la particolarità dell’ospedale di Bergamo, che lo distingue da tutti gli altri Centri trapiantologici italiani».

Francesco Fiore torna ogni quattro mesi al «Papa Giovanni» per i necessari controlli: «E per me è sempre un piacere. Un viaggio lungo, dalla Basilicata fino a Bergamo, ma parto sempre con gioia. C’è una cosa che vorrei fare, però e che non ho ancora fatto: partecipare a iniziative a Bergamo per diffondere la cultura della donazione di organi. Sto girando l’Italia come testimonial: vorrei diventarlo anche a Bergamo.

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