Carabiniere travolto e ucciso a Terno
L’Arma parte civile? Lo Stato dice no

Emanuele Anzini morì a giugno 2019 durante un posto di blocco. L’avvocatura di Brescia ha rigettato la richiesta. «Siamo pochi ed è un omicidio colposo, altre le strade». Storoni: «No comment».

L’Arma dei carabinieri ha chiesto di potersi costituire parte civile al processo per la morte dell’appuntato Emanuele Anzini, travolto e ucciso a un posto di blocco a Terno d’Isola lo scorso agosto, ma dall’avvocatura di Stato è arrivato un secco diniego alla richiesta. Il caso – destinato a sollevare un polverone – vede da un lato l’Arma, che ha perso un proprio carabiniere di soli 42 anni mentre svolgeva il proprio dovere e che, per questo, aveva formalmente chiesto di poter ottenere un risarcimento tramite la formula della costituzione di parte civile: un atto tanto simbolico quanto concreto, voluto dal comando provinciale dei carabinieri.

Dall’altro lato, la procedura prevede che a decidere sia l’avvocatura dello Stato, l’organo legale deputato a rappresentare le pubbliche amministrazioni, compresa dunque la stessa Arma. E l’avvocatura dello Stato di Brescia, che è competente anche per Bergamo, ha negato la richiesta: l’Arma non potrà dunque essere parte civile – come avrebbe voluto, per ricordo del proprio militare caduto in servizio – nel processo a carico di Matteo Colombi Manzi, il cuoco di 34 anni che la mattina del 17 giugno dell’anno scorso, mentre guidava con un tasso alcolico cinque volte oltre il limite, investì con la sua Audi A3 l’appuntato Emanuele Anzini, uccidendolo sul colpo.

Interpellato sulla vicenda, il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Paolo Storoni, si limita a un «no comment». Ma è chiaro che dalle parti di via delle Valli, così come alla compagnia dell’Arma di Zogno dove Anzini lavorava, la decisione dell’avvocatura dello Stato è stata accolta con rabbia e dispiacere dai colleghi e amici dell’appuntato.

Ma come mai l’avvocatura ha preso questa decisione? «In realtà la decisione di costituirsi parte civile viene presa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale noi forniamo un nostro parere, che in questo caso è stato negativo – spiega l’avvocato distrettuale Lionello Orcali –. Le decisioni di costituzione di parte civile sono molto rare, anche per una questione legata al nostro personale, essendo piuttosto limitato. In questo caso, inoltre, si è trattato di un episodio di natura colposa e non abbiamo riscontrato quale possa essere l’interesse, quale amministrazione pubblica, nell’ottenere un risarcimento del danno patito dal soggetto danneggiato. Un obiettivo, questo, che potrà comunque essere egregiamente raggiunto con modalità differenti dalla costituzione di parte civile, anche perché la Procura di Bergamo sta seguendo il caso con estrema attenzione – conclude l’avvocato Orcali – e non c’è alcuna ragione che possa portarci alla necessità di essere affiancati».

Stando al sito dell’avvocatura di Stato, oltre all’avvocato distrettuale, a Brescia risultano in servizio soltanto tre avvocati dello Stato e un procuratore dello Stato (a Milano, per esempio, ci sono 9 avvocati e 7 procuratori), per un territorio di competenza che comprende le province di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova, per un totale di oltre tre milioni e centomila abitanti. Quanto alla tipologia di reato, in realtà Colombi Manzi era stato inizialmente accusato di omicidio volontario con dolo eventuale: in seguito il pm Raffaella Latorraca aveva riqualificato l’accusa in omicidio stradale, escludendo il dolo ma confermando le aggravanti della guida in stato di ebbrezza, dell’omissione di soccorso e della resistenza a pubblico ufficiale. Dopo l’investimento mortale (i soccorsi all’appuntato furono del tutto vani per via della violenza dell’impatto), Colombi Manzi si era infatti allontanato dal luogo dell’incidente, salvo poi tornare sul posto una decina di minuti più tardi, quando venne arrestato dalla polizia stradale che si stava occupando dei rilievi.

Scarcerato e collocato ai domiciliari nella sua casa di Sotto il Monte Giovanni XXIII per tre mesi, attualmente il cuoco trentaquattrenne – che ha sempre dichiarato di non essersi reso conto di aver investito il carabiniere – è sottoposto alla misura dell’obbligo di firma. Tramite il suo legale, l’avvocato Federico Riva, Matteo Colombi Manzi ha chiesto al gup Massimiliano Magliacani di poter essere giudicato con il rito abbreviato: la discussione in tribunale è in programma per venerdì 14 febbraio.

Susanna Anzini, sorella di Emanuele, l’Associazione italiana familiari delle vittime della strada (Aifvs) e l’Associazione sostenitori e amici della polizia stradale (Asaps) hanno chiesto e ottenuto dal gup di essere parti civili. Accanto a loro avrebbe voluto esserci anche l’Arma, della cui famiglia Anzini faceva parte da vent’anni. Che, invece, non ci sarà: non per un diniego dei giudici, ma per una scelta a monte, decisa dallo Stato.

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