In mare aperto per vivere da anziani fino in fondo, oltre la sola assistenza

Nave Italia.L’avventura in brigantino di cinque studentesse e altrettante persone in età avanzata con fragilità.

Guardare il mondo dall’alto dell’albero maestro di un brigantino, con il vento fra i capelli, ascoltando il rumore del mare: è un’esperienza unica, che Paolo Illenupi, di Grumello del Monte, ha vissuto a 84 anni. «Non avrei mai creduto di provare un’emozione così intensa», racconta con un sorriso. «Realizzare l’impossibile», superare i limiti e i pregiudizi, è la vocazione del progetto condotto dalla Fondazione «Tender to Nave Italia», che mette a disposizione di enti non profit e istituzioni un veliero con armo classico a «brigantino goletta» lungo 61 metri e con 1.300 metri quadri di superficie velica, con un equipaggio di 21 persone della Marina Militare (info su www.naveitalia.org). 

Francesca Morganti, docente di Psicologia dell’invecchiamento e servizi territoriali all’Università degli Studi di Bergamo, ha raccolto la sfida con coraggio, intraprendendo un’iniziativa originale di ricerca sul campo. Ha coinvolto in un viaggio in barca di cinque giorni cinque studentesse e altrettanti anziani con fragilità, in collaborazione con l’associazione InsiemeAte Onlus diretta da Paola Brignoli e Innovative Health Research (www.insieme-a-te.it), I partecipanti hanno avuto la possibilità di fare il bagno al largo, ammirare il paesaggio costiero da un punto di vista insolito e partecipare a tante attività, sperimentando i ritmi e i compiti dei marinai, stringendo nodi e collaborando a manovrare le vele.  Il viaggio si è svolto a settembre ma i suoi effetti continuano: sono nate nuove amicizie e i parenti hanno notato cambiamenti significativi nei loro cari, che hanno acquistato più energia anche nella vita quotidiana.

Fuori dalla routine

«È un modo per cambiare prospettiva sulla realtà - sottolinea la professoressa Morganti - e ottenere nuovi stimoli. L’idea di fondo è che la vita può essere vissuta con pienezza fino in fondo, e non ci sono preclusioni per gli anziani, a patto di rispettare i corretti accorgimenti di sicurezza. Anzi mettersi alla prova uscendo dalla “comfort zone”, contribuisce a migliorarne le condizioni generali raggiungendo a volte risultati inaspettati, come emerge dai primi risultati della nostra ricerca. Una dimostrazione che non è adeguato concepire i servizi rivolti all’età anziana solo in termini di assistenza».

A volte per proteggere gli anziani si rischia di ridurli in una condizione di emarginazione: «Per il loro benessere - sottolinea Paola Brignoli, responsabile di InsiemeAte, con sede a Gorlago - è importante mantenere una vita sociale vivace e la possibilità di uscire dalla routine quotidiana. A volte basta poco, anche una breve passeggiata, o quattro chiacchiere con un’amica». Alessandro Azzola, di Nembro, ha stabilito un record: è infatti il passeggero più anziano salito finora su Nave Italia: «Ho compiuto 90 anni a bordo - ricorda - e mi hanno organizzato una bellissima festa, con tanto di festoni colorati, palloncini e karaoke».

Si è adattato facilmente alla vita di bordo, grazie al suo carattere aperto: «All’inizio non conoscevo nessuno, ma non è stato un problema, mi piace scherzare con tutti e raccontare qualche episodio della mia vita passata. Sono già stato in crociera quando ero più giovane e

non avevo quindi timore del mal di mare. Nonostante l’età mi sento bene. Ho lavorato duramente per tutta la vita come meccanico, proseguendo l’attività di mio padre, ora affidata a uno dei miei figli. Mi sento ancora abbastanza bene, anche se mi stanco facilmente e le gambe iniziano a cedere un po’. Se fosse per me andrei anche sulla luna». Nel suo soggiorno c’è una cyclette, e la ginnastica per restare in forma è un momento irrinunciabile della giornata: «Usciamo quotidianamente per una passeggiata - chiarisce Maria, la badante, che lo ha accompagnato anche nel viaggio su Nave Italia - incontriamo i parenti, e facciamo esercizi per migliorare la mobilità. Così anche la vita sulla barca non è risultata così faticosa».

Esperienza straordinaria

Per le studentesse è stata un’occasione per mettersi alla prova: «Sono al terzo anno - spiega Martina Perolari di Gazzaniga, laureanda in Scienze dell’Educazione - e finora sono state rare le possibilità di lavoro sul campo, anche per questo ho colto con entusiasmo l’opportunità di partecipare a questo progetto. Non è semplice instaurare un rapporto con gli anziani, è importante salvaguardare e rispettare la loro autonomia, le loro capacità, per questo in particolare il viaggio ha rappresentato una bella palestra. Ci siamo divise i compiti, ognuna di noi si è focalizzata su un’area specifica, mettendo in atto terapie non farmacologiche con l’obiettivo di migliorare aspetti cognitivi e di relazione. Abbiamo creato alcune attività mnemoniche come passatempo e stimolo, e altre si sono concentrate sulle emozioni. Tutte erano sempre caratterizzate da un coinvolgimento attivo, basato sull’idea che si può imparare in ogni momento della vita. Ognuno ha tenuto il suo diario di bordo per annotare i ricordi più belli. Mi è capitato di incontrare persone scettiche su questa esperienza: ma per me è stata straordinaria».

Anche Paolo Illenupi ha vissuto i cinque giorni di navigazione come un momento eccezionale: «Non conoscevo nessuno ma ci siamo comunque trovati subito bene. C’era a volte un po’ di dondolio ma non mi ha provocato disagi. Quando mi hanno proposto di salire sull’albero maestro ho avuto un po’ di timore, perché la scala mi sembrava malsicura. Invece poi sono salito senza neanche accorgermene, ed è stata una sorpresa inaspettata. Mi sono rimasti impressi i paesaggi che abbiamo osservato dalla barca, soffermandoci accanto alle città sulla costa. Non ho mai visto posti così belli. L’unica pecca è che il viaggio è durato poco, mi sarebbe piaciuto restare a bordo ancora un po’. Chissà quando passerò ancora giornate così speciali, ho svolto attività straordinarie e per me indimenticabili. Se me lo proponessero ripartirei subito. E pensare che fino al mattino della partenza ero titubante e non volevo andare».

Enrica Federici ha 79 anni e 4 figli e vive da sempre a Costa di Mezzate. È rimasta vedova quando aveva 38 anni, la figlia maggiore ne aveva 16 e il minore 9: «Ho dovuto impegnarmi e faticare molto per crescere i miei figli. Sono stata anche operata di tumore alla gola, ma non mi sono mai lasciata andare, ho cercato di mantenere un atteggiamento positivo anche nei momenti più difficili». Negli ultimi mesi, a causa di una caduta in casa che le ha provocato una lesione alla spalla, ha dovuto essere più prudente e

limitare i movimenti, ma prima si spostava ancora in bicicletta, almeno in paese. È una persona che si fa voler bene, e su Nave Italia ha messo a frutto le sue doti di coraggio: «Mi hanno proposto di fare il bagno in mare aperto, e al momento avevo paura, perché non ho mai nuotato nella vita. All’inizio mi tenevo forte alla scaletta, poi però ho capito che non avrei corso nessun pericolo, così mi sono buttata. I miei figli quando hanno visto le foto non ci credevano. È stato bellissimo, me lo ricorderò per sempre». Ogni pomeriggio Enrica andava sul ponte a prendere il sole con una delle studentesse, Eliana Baioni: «Ci piaceva molto, stavamo sedute e guardavamo il paesaggio scorrere dalla prua, potevamo chiacchierare e confidarci liberamente. Mi sono piaciute anche le altre attività, come dipingere le magliette o leggere la vita di Giuseppe Majorana nella cabina di pilotaggio quando abbiamo tenuto a bordo la cerimonia di commemorazione. In barca ci aiutavamo a vicenda, perché in questa situazione così particolare sono nate spontaneamente amicizia e solidarietà reciproca».

La prospettiva giusta

Eliana, che sta studiando ora per la sua seconda laurea, ha scoperto in Enrica alcuni tratti comuni: «Siamo due donne resilienti. Anch’io ho conosciuto la malattia, e questo mi ha cambiato profondamente. Intorno ai 49 anni sono stata operata per un carcinoma mammario. Ho già una laurea in giurisprudenza, ho lavorato come fiscalista prima di stare a casa per dedicarmi ai miei due figli. Ora sono entrambi grandi, così ho deciso di seguire la mia passione per il volontariato e le attività sociali. Avevo già frequentato un corso all’Humanitas e poi proprio nell’anno della pandemia ho deciso di fare il test per la facoltà di Psicologia. Volevo raccordare le mie esperienze con i corsi universitari. Nave Italia ha rappresentato un’opportunità per realizzare questo desiderio. Tutti sulla nave partecipavano alla vita comune, dividendosi i compiti. Nella nostra società miriamo tutti alla perfezione, invece la prospettiva giusta è quella di valorizzare le capacità che ognuno possiede».

Il viaggio su Nave Italia ha un forte valore simbolico, per promuovere una cultura che consideri davvero la vecchiaia «il compimento della vita», come scrive Cicerone, da trascorrere nel modo migliore possibile, seguendo ciò che l’associazione InsiemeAte si impegna da anni a realizzare con il metodo «Optimus domi», perché gli anziani possano stare bene a casa propria. «All’inizio i familiari delle persone che seguiamo erano intimoriti da questa proposta - concludono Paola Brignoli e Francesca Morganti -. Noi stesse quando abbiamo visitato il brigantino, con le sue cabine e le scale, avevamo qualche timore. In realtà l’equipaggio ci ha aiutato moltissimo. Nonostante le fatiche e qualche momento di apprensione, tutto è filato liscio. La vera meraviglia però è stata vedere gli anziani fare cose che non ci saremmo mai aspettati. Al terzo giorno sembravano tutti ringiovaniti: chi prima usava il bastone lo ha dimenticato in cabina, ognuno ha superato paure e limiti. Abbiamo capito con stupore quanto sia importante la socializzazione, e ci siamo impegnati a supportarli per lasciarli esprimere e far affiorare le loro capacità migliori».

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