«La malattia mi ha fatto riprogettare la vita, ma anche aprire lo sguardo»

SENZA BARRIERE. Alessandra Morri e la scoperta di una fragilità diventata ispirazione per il lavoro da architetto.

«Noi non abitiamo delle regioni - scrive Christian Bobin -. Noi non abitiamo nemmeno la terra. Il cuore di coloro che amiamo è la nostra vera casa». Uno spazio che ha radici fatte di emozioni, desideri, sogni: così la intende Alessandra Morri, che come architetto si occupa di stanze, pavimenti, muri, tubature e finestre, ma nel suo percorso personale, segnato dalla sclerosi multipla, ha trovato uno sguardo inedito, aperto su dimensioni più profonde. Ha imparato a convivere con la malattia, riuscendo perfino a trasformarla, in modo inaspettato, in «una marcia in più»: la crepa da cui entra la luce della canzone di Leonard Cohen, una prospettiva più ampia che l’aiuta a comprendere profondamente anche le fragilità di altri, a entrare in sintonia con le persone che si affidano a lei, e la spinge a ragionare su cosa sia davvero «casa».

Nel suo studio affacciato su via Baioni, inaugurato da poco - «senza barriere», commenta sorridendo Alessandra - dominano il giallo del sole, il verde delle piante, il bianco che riassume tutte le altre tinte. Lavorano con lei alcune giovani colleghe e un’amica artista. Dalla sua famiglia ha ereditato orizzonti aperti sul mondo: «Mia madre è per metà greca e metà inglese e ha studiato a Londra, mio padre si è trasferito a Bergamo dalla Romagna. Ci hanno cresciuto in un ambiente internazionale, spingendoci a studiare le lingue e a viaggiare».

Così dopo aver frequentato il liceo scientifico «Fermi» in città, Alessandra si è trasferita per un anno a Parigi, poi ha vinto una borsa di studio e ha completato gli studi di architettura a Ginevra: «In quegli anni ho dovuto mantenermi da sola e ci sono riuscita proprio grazie agli assegni di studio e alle lezioni private. Una volta rientrata dovevo ottenere il riconoscimento della mia laurea, e nel frattempo mi sono iscritta all’ordine degli architetti in Francia, esercitando la professione in uno studio a Parigi, e mi spostavo avanti e indietro da Bergamo. In seguito mi sono iscritta all’ordine degli architetti di Bergamo e sono diventata referente per l’internazionalizzazione. Ho portato per esempio in città l’esperienza degli “studi aperti” di architettura, ora diffusa a livello internazionale».

A 30 anni la scoperta

La sclerosi multipla si è manifestata all’improvviso proprio al ritorno di uno dei suoi viaggi: «Era il ’94, avevo trent’anni. All’improvviso mi sono accorta di non riuscire a reggermi in piedi: la parte inferiore del corpo non aveva più sensibilità, muovevo a stento le gambe. All’epoca non era facile ottenere una diagnosi, è servito tempo. Ho impiegato oltre sei mesi per tornare a camminare normalmente, grazie a terapie di cortisone». Alessandra ha comunque deciso di proseguire con la sua vita: «Non ho voluto rinunciare ai miei progetti, perché io non sono la sclerosi multipla. Sono la mamma di Alessandro, Christian e Paola, sono un architetto».

Tre figli speciali

I suoi figli sono stati tutti e tre adottati: «Prima Paola, che ho accolto in affido dai 9 ai 18 anni, oggi ne ha 36 ed è a sua volta madre di quattro figli. Poi Christian: quando è arrivato, sempre in affido, aveva due anni, l’ho adottato quando ne aveva 12, oggi ne ha 23. Infine Alessandro, che mi è stato affidato quando aveva solo due mesi e mezzo, quando l’ho adottato aveva tre anni, oggi ne ha 19 e fa il cuoco».

Quando ha chiesto l’idoneità per l’adozione l’ha fatto con il desiderio di mettersi in gioco fino in fondo: «Ho iniziato questa avventura a 32 anni e forse all’epoca l’ho fatto con un pizzico di incoscienza, a volte non mi sentivo capace, poi invece, come accade a ogni genitore, ho imparato ad affrontare le sfide e le difficoltà che si sono presentate nel tempo. Sono cresciuta insieme con i miei figli, fra alti e bassi, momenti belli e altri più critici, e sono molto contenta della strada che stiamo percorrendo insieme».

«Sono sempre stata molto concentrata sul presente, attenta ad assaporare il momento, ho sempre pensato che la cosa più importante sia stare lì dove sei, dando il meglio di te».

La provvisorietà della maternità «supplente» dell’affido e l’incertezza della sclerosi multipla hanno influenzato la sua visione della vita e l’hanno spinta a dare un nuovo valore al presente: «Spesso, per esempio, le madri acquistano durante i saldi abiti un po’ più grandi per l’anno successivo, io non l’ho mai fatto, perché non sapevo se mi sarebbero serviti. Sono sempre stata molto concentrata sul presente, attenta ad assaporare il momento, ho sempre pensato che la cosa più importante sia stare lì dove sei, dando il meglio di te».

Alessandra non ha mai voluto considerarsi «malata»: «La sclerosi multipla è una malattia del sistema nervoso centrale, che si presenta in tanti modi diversi, ogni caso è a sé. Io sono stata tutto sommato fortunata, perché i sintomi non sono molto evidenti. Non ho mai voluto considerarmi malata. Ho chiesto solo l’anno scorso la disabilità, per l’accentuarsi di alcuni sintomi, e sono rimasta sorpresa quando nella certificazione è stata riconosciuta per il 50%. Dopo quel primo malore al ritorno da un viaggio ho avuto diverse ricadute, ma le ho superate. Ho sempre cercato di reagire, sono fatta così: se ho delle energie residue le uso. Ho perso l’uso di tre dita, ho ripreso il movimento della mano, ma non la motilità fine. Guido un’auto automatica, in autostrada uso il telepass, quando si presenta un nuovo ostacolo cerco di trovare qualche accorgimento per aggirarlo. Da 11 anni seguo una terapia che per il momento si è rivelata efficace, confido nella ricerca e nel mio cuore spero di arrivare al giorno in cui troveranno una cura».

La casa a Bracca

Ha acquistato a Bracca una vecchia casa, che negli anni ha ristrutturato, dove vive con il marito e dove ha aperto una casa vacanze che ha chiamato «Bloom» (fioritura in inglese). «Per arrivare a Bergamo bisogna percorrere venti chilometri, ma questo piccolo paese è affascinante, il paesaggio è suggestivo, ci sono indimenticabili cieli azzurri. È un luogo tranquillo e silenzioso al riparo dai ritmi cittadini, dove la vita può prendere respiro. Forse per questo arrivano persone anche dall’estero, di recente ho ospitato anche un regista arrivato da Parigi».

L’attenzione alla fragilità e alle difficoltà di movimento sono diventati temi d’ispirazione per il suo lavoro: «Mi sono impegnata per esempio a costruire residenze per anziani e centri

diurni perché la mia condizione mi permette di capire a fondo quali siano le loro necessità. Dopo 30 anni di lavoro ho deciso di rimettermi in gioco iscrivendomi a un master di psicologia architettonica e l’ho trovato davvero appassionante. Mi ha aiutato, infatti, a indagare sui bisogni più profondi delle persone. La casa in fondo è espressione della persona che ci abita, e può diventare terapeutica e rigenerativa. Sicuramente avere la sclerosi multipla ha reso più acuta la mia sensibilità. Oggi quando mi dedico al progetto di una casa me lo immagino flessibile, adattabile al cambiamento di età dei suoi abitanti. Il bagno per esempio può essere modificabile in base alle esigenze di bambini e anziani. L’età comporta spesso una perdita di udito, perciò può essere introdotto, se occorre, un campanello luminoso».

Le esigenze dei più fragili

Alessandra ha indagato soprattutto nelle esigenze degli anziani: «Svolgendo ricerche sulla vita dei centenari, mi sono concentrata su quali ingredienti permettano di invecchiare bene e migliorino in generale le condizioni di benessere. Diamo per scontate le condizioni di base: un’alimentazione equilibrata, senza alcol né fumo. Fa bene dedicarsi ad attività manuali, come la cura del verde. Il vero segreto, però, sono le relazioni, stare con gli altri. Anche per questo fra le mie idee per il futuro ci sono anche progetti di co-housing senior (vita comune per anziani) con case flessibili a seconda delle esigenze».

Fra i suoi hobby c’è anche quello di creare gioielli con materiali di riciclo, regalandoli alle amiche: «Mi diverte usare materiali “poveri” dell’edilizia, come viti, elastici e guarnizioni, e dare loro un aspetto del tutto diverso. Creo monili adatti anche a persone che faticano a usare le mani come me, senza chiusure complicate». Così trova frammenti di bellezza anche in luoghi inaspettati.

Nel suo compito di Consulente tecnico d’ufficio del Tribunale Alessandra lavora proprio sulle relazioni, mettendo alla prova la sua sensibilità sociale: «Accadono tanti conflitti fra vicini, a volte per futili motivi. Ho verificato che almeno nell’80% dei casi esiste una soluzione tecnica, che permette di ricomporre i conflitti. È un osservatorio molto interessante, dal punto di vista professionale e umano».

Alessandra ha incontrato l’Associazione italiana per la sclerosi multipla di Bergamo da poco: «Ho incontrato per caso Loredana Pirrelli, che da anni fa parte dell’Aism, anche lei con sclerosi multipla. Fra noi è nata una bella amicizia. Credo sia molto importante mettersi in rete, scambiarsi esperienze, sostenersi a vicenda nelle difficoltà».

Alla fine dell’anno proprio rispondendo a un invito di Loredana è partita con lei per un pellegrinaggio a Medjugorje: «È stato un viaggio intensissimo e sorprendente. Sono salita su una stradina di montagna con altre cinquemila persone sotto la pioggia, al buio, eppure ci sono riuscita. Mi sono messa gli scarponcini, mi hanno aiutato un po’, è stata una grandissima soddisfazione arrivare in cima, quando a volte mi crea ansia dover salire una rampa di scale. Questa esperienza mi ha lasciato un segno, mi ha spinto a riscoprire un cammino di fede».

Ogni incontro, ogni impegno quotidiano ha un valore essenziale: «A volte mi preoccupa avere una malattia degenerativa. Anche per questo resto sempre vigile, all’erta, mi impegno in tante attività. Penso che più della malattia conti il modo in cui ogni persona riesce ad affrontarla, reagire, conviverci. Mi aiutano molto la mia famiglia, le mie passioni, il mio lavoro: attingo da loro speranza e serenità».

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