Salva una vita con il dono del midollo e il suo sorriso conquista nuovi volontari

Federica Rizzi. Iscritta ad Avis e Admo, madre di una figlia: «Prima o poi, tutti noi abbiamo bisogno degli altri».

C’è un dono semplice che si può fare a chiunque si incontra, ed è un sorriso, una curva che va dalle labbra al cuore e crea una connessione gentile fra le persone: per Federica Rizzi, 35 anni, di Stezzano, è un atteggiamento naturale e spontaneo, segno esteriore di un’attitudine alla cura e all’attenzione agli altri, che si concretizza anche in altri modi più impegnativi. «Nessuno si salva da solo», dice Papa Francesco, e per Federica è diventato uno stile quotidiano, da portare avanti con naturalezza e senza ostentazioni. Donatrice di sangue con l’Avis da quando aveva 21 anni, è diventata poi anche volontaria Admo e ha donato il midollo osseo, con un gesto che ha salvato la vita di un giovane paziente affetto da linfoma. «Penso che noi tutti, prima o poi, nella vita, abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri - commenta Federica -, e che le buone azioni possano essere compiute senza aspettarsi un tornaconto, e perfino senza sapere chi aiuteremo, come accade sempre ai donatori di sangue e tessuti».

«Ho scritto una lettera alla persona che ha ricevuto le cellule staminali che ho donato, ma non ho ricevuto risposta, perciò non ho mai saputo di chi si trattasse, se non in modo vago. Ciò che conta è che abbia avuto una speranza e una nuova possibilità di vita»

Anche per lei è stato così: «Ho scritto una lettera alla persona che ha ricevuto le cellule staminali che ho donato, ma non ho ricevuto risposta, perciò non ho mai saputo di chi si trattasse, se non in modo vago. Mi piacerebbe molto se un giorno decidesse di mandarmi notizie, ma se non lo farà, in fondo non importa. Ciò che conta è che abbia avuto una speranza e una nuova possibilità di vita. Mi ritengo fortunata, perché proprio io ho potuto offrirgliela. È stata una grandissima emozione e considero un privilegio aver vissuto questa esperienza».

Federica ha una figlia di sette anni, Alice, e un levriero, sempre di sette anni, che si chiama Suzie e arriva dall’Irlanda, adottata grazie a un’associazione che salva i cani sfruttati per le corse e la caccia. «Lavoro a tempo pieno come impiegata e la mia vita è piena di impegni tra lavoro, compiti e attività extra scolastiche. Forse per questo quando ripercorro la storia della donazione di midollo osseo a volte la gente si mostra molto sorpresa: sembra un grosso impegno per una persona come me. In realtà è stato semplice e se potessi lo rifarei senza esitazione».

Sulle orme del padre

Ha intrapreso questa strada seguendo le orme di suo padre: «Fin da bambina l’ho sempre accompagnato al momento dei prelievi per la donazione di sangue. Quando ho avuto l’età giusta ho deciso di iniziare anch’io. Non c’erano nella nostra famiglia persone che avessero avuto bisogno di trasfusioni, perciò si è sempre trattato di un gesto gratuito e spontaneo di aiuto agli altri». L’idea della donazione di midollo osseo le frullava per la testa già da tempo, ma si è concretizzata per caso durante un pomeriggio di shopping, nel settembre del 2019: «Ero in un centro commerciale e mi sono imbattuta in uno stand che ha attratto la mia attenzione, perché era molto colorato. C’erano i palloncini e una postazione per scattare una foto e postarla sui social. Avevo già l’idea di iscrivermi al registro dei donatori ma non mi era mai capitata l’occasione. In questo caso invece ho visto che era già tutto organizzato, si potevano perfino eseguire sul posto i prelievi per la tipizzazione Hla (un test genetico per creare il profilo del donatore), perciò ho deciso di approfittarne. C’è stato anche un colloquio con un medico per l’anamnesi personale, ma è stato tutto molto veloce. Dopo un paio di mesi mi è arrivata una mail che mi confermava che ero idonea alla donazione». L’evento era «Match it now» che si ripeterà il 24 settembre al Centro Donatori dell’ospedale Papa Giovanni XXIII.

La donazione fino ai 55 anni

Il trapianto di midollo osseo è l’unica cura efficace per combattere molte malattie del sangue, e secondo le statistiche solo una persona ogni centomila è compatibile: per questo ogni donatore di midollo in più è importante e rappresenta una speranza di guarigione. Possono iscriversi al registro le persone fra i 18 e i 35 anni, la donazione può avvenire fino ai 55 (si può anche avviare la procedura online dal sito www.admo.it, [email protected], tel. 3407136579).

«Ce ne vorrebbero di più, e a questo scopo sarebbe bello rafforzare le collaborazioni tra associazioni di volontariato per sensibilizzare su questo tema»

«Ce ne vorrebbero di più, e a questo scopo sarebbe bello rafforzare le collaborazioni tra associazioni di volontariato per sensibilizzare su questo tema». In alcuni paesi questo già avviene ma sono ancora pochi. A volte la donazione di midollo spaventa: «Il metodo più utilizzato, oggi, è l’aferesi, simile a una normale donazione di sangue, una procedura che dura in tutto circa tre ore, anche se la durata è soggettiva. Nel mio caso ci è voluto un po’ di più, ma il tempo è passato velocemente, il personale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII mi ha coccolato, passava spesso per vedere come stavo, portarmi un saluto oppure un cioccolatino». Nel caso di Federica il tempo trascorso dall’iscrizione al registro alla donazione vera e propria è stato breve: «La telefonata dell’ospedale è arrivata, a sorpresa, solo un anno e mezzo dopo. Mi sono stupita, dato che molti volontari Admo che ho incontrato sono arrivati a 55 anni senza avere questa possibilità. La pandemia ha aggiunto incertezza a quel periodo: mi sono chiesta se avrebbero accettato una donazione che proveniva da Bergamo, una città così colpita dal Covid. Eppure mi hanno convocata, e questo mi ha reso molto felice».

Così è iniziata la procedura per verificare l’effettiva compatibilità con il ricevente: «Sono stata sottoposta a un nuovo esame, e visto che eravamo quasi “gemelli genetici”, il percorso è proseguito. Prima di tutto i medici dovevano accertarsi del mio stato di salute: la prima preoccupazione era che fossi sana e che la donazione non potesse arrecarmi alcun danno. In questo i medici del Centro donatori dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, guidato da Laura Castellani, sono molto scrupolosi, ed è rassicurante per chi decide di donare. Dopo un check-up completo, esclusa qualunque condizione patologica, mi hanno chiesto di confermare le mie intenzioni. Credo che sia corretto, e che d’altra parte sia importante intraprendere questo percorso con senso di responsabilità, e con l’idea di portarlo fino in fondo, anche per non creare false aspettative in persone già segnate da gravi difficoltà».

«Alla fine la raccolta è stata addirittura il doppio di quella richiesta, e parte delle cellule sono state congelate e conservate. La donazione non è stata dolorosa e non mi ha causato alcun problema. Qualche giorno dopo gli esami di controllo sono risultati subito normali»

Nel mese di giugno del 2021 è arrivato finalmente il momento della donazione: «È una data che porto incisa nel cuore, non la dimenticherò mai, e visto che mi piacciono molto i tatuaggi, forse troverò un posto dove custodirla, magari sullo stesso braccio del prelievo. Nei cinque giorni precedenti ho dovuto assumere attraverso iniezioni (due al giorno, che ho fatto da sola) un farmaco che stimola la produzione di cellule staminali e il loro passaggio nel sangue periferico. L’unico effetto collaterale è stato un po’ di stanchezza e mal di ossa, che si supera facilmente con un po’ di paracetamolo. Alla fine la raccolta è stata addirittura il doppio di quella richiesta, e parte delle cellule sono state congelate e conservate. La donazione non è stata dolorosa e non mi ha causato alcun problema. Qualche giorno dopo gli esami di controllo sono risultati subito normali».

Poi Federica è entrata a pieno titolo fra i volontari Admo. A Bergamo gli iscritti sono 16.173, 277 solo nel 2022. Le donazioni effettive sono state finora in tutto 183, 2 nell’ultimo anno: «Ci sono le attività di sensibilizzazione, gli stand informativi, gli incontri pubblici, le testimonianze nelle scuole, tante iniziative coinvolgenti a cui partecipare. Quando racconto la mia storia mi emoziona poi sapere che qualcuno si è sentito stimolato a iscriversi al registro. Ogni firma in più è una possibilità di salvezza per una persona malata».

Federica ha potuto contare sul sostegno della sua famiglia, che ha appoggiato la sua scelta fin dall’inizio: «Mi hanno sostenuto e accompagnato in questa bella avventura. Il mio compagno Andrea ha seguito l’esempio e si è a sua volta iscritto al registro nazionale»

Il 17 settembre per esempio è stata proprio Federica a tagliare il nastro della Admorun Fluo promossa da Admo Cene in ricordo del piccolo Samuele, vittima della leucemia. Per chi sta pensando di iscriversi al registro c’è l’appuntamento già citato del 24 settembre all’ospedale Papa Giovanni, con la possibilità di procedere alla tipizzazione per creare il proprio «profilo di donatore». Il 29 settembre, poi, Federica sarà alla serata informativa promossa all’oratorio di San Colombano. «È importante parlare con i giovani per iniziare a seminare in loro maggiore consapevolezza, perché siano pronti a rispondere sì se poi arriva la chiamata. La donazione è alla portata di tutti, non siamo supereroi».

Il racconto alla figlia

Con calma e pazienza Federica ha raccontato la sua esperienza anche alla figlia: «Era incuriosita da tutte quelle visite in ospedale e così gliel’ho spiegato, con un linguaggio adatto a lei. Spesso mi accompagna alle manifestazioni dell’Admo. Domenica scorsa abbiamo fatto insieme un’esperienza straordinaria, partecipando a una giornata di giochi promossa da “La mitica” al parco della preistoria di Rivolta d’Adda».

«La mitica» è la nazionale italiana dei ragazzi guariti dalla leucemia: «Da tempo sono in contatto con il capitano Giacomo Terranova, che ha iniziato il suo impegno associativo dopo aver avuto a sua volta un tumore. Oggi si impegna a sostegno delle famiglie con bambini malati. Girano per tutta Italia promuovendo iniziative di intrattenimento e solidarietà, in cui spesso c’è anche il calcio. Trascorrere una giornata con loro è stato splendido, la loro attività è davvero importante».

Il sostegno della famiglia

Federica ha potuto contare sul sostegno della sua famiglia, che ha appoggiato la sua scelta fin dall’inizio: «Mi hanno sostenuto e accompagnato in questa bella avventura. Il mio compagno Andrea ha seguito l’esempio e si è a sua volta iscritto al registro nazionale». Per lei l’impegno continua, ogni volta con nuovi traguardi: «Quando ho donato il midollo nel reparto di ematologia dell’ospedale ho incontrato tanti pazienti e mi sono resa conto di quanto sia fortunata. Credo che da questa condizione nasca anche la responsabilità di dare una mano a chi si trova in difficoltà quando ce n’è l’occasione. A ottobre tornerò anche a donare il sangue. Fare del bene rende felici, provare per credere».

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