Il dolore e il record: quando la sobrietà scende in campo

IL COMMENTO. Sobrietà. In una settimana in cui il termine è stato usato fino a sconfinare nell’abuso, Atalanta e Lecce hanno fatto proprio il concetto e se lo sono portato in campo.

Sobria la protesta del Lecce, con quella maglia bianca con il simbolo del lutto e lo spazio dello sponsor riservato a una scritta («Nessun valore, nessun colore») che suonava come una denuncia alla gestione quantomeno superficiale della vicenda da parte della Lega Calcio. Sobrio il dolore della famiglia giallorossa nel ricordo di Graziano Fiorita, il fisioterapista ucciso da un infarto fulminante giovedì nel ritiro di Coccaglio (Brescia) dove il gruppo cercava la concentrazione giusta per venirsi a giocare al Gewiss Stadium, il giorno successivo, una sfida salvezza delicatissima e tecnicamente impari, poi rinviata di quarantott’ore. Durante le quali il Lecce è tornato a casa, non si è allenato, non ha dormito, ha pianto, ha pensato di non giocare ma ha deciso di onorare l’impegno. Sobria (e lodevole) anche la partecipazione dell’Atalanta.

dal mazzo di fiori consegnato agli avversari da capitan de Roon a quegli sguardi, quelle strette di mano, quei comportamenti che anche nelle fasi più concitate di un match che metteva in palio punti pesanti – per la corsa Champions dell’una e per la salvezza dell’altra – non sono mai venuti meno

Sugli spalti, dove i tifosi hanno rinunciato a cori e striscioni sottolineando con un lungo, caldo applauso quel minuto di silenzio che ha accomunato Fiorita a Papa Francesco, figura che in tema di sobrietà ha dato al mondo una lezione lunga dodici anni. E in campo, dal mazzo di fiori consegnato agli avversari da capitan de Roon a quegli sguardi, quelle strette di mano, quei comportamenti che anche nelle fasi più concitate di un match che metteva in palio punti pesanti – per la corsa Champions dell’una e per la salvezza dell’altra – non sono mai venuti meno.

Sobrio persino il modo con cui Mateo Retegui ha tagliato un traguardo da leggenda: 24 gol in un campionato, come Pippo Inzaghi, l’unico in 117 anni capace di segnare tanto e vincere la classifica cannonieri in Serie A con la maglia nerazzurra. Un traguardo che avrebbe meritato una giocata spettacolare, con annessa corsa sfrenata sotto la curva. Retegui invece l’ha tagliato così: rigore centrale ed esultanza contenuta, anche perché l’1-1 all’Atalanta non poteva bastare. Invece quello è stato il risultato. Che ha consegnato al Lecce due insperati punti salvezza. Il primo, quello meritato sul campo in una gara chiusa dal pronostico. Il secondo, quello di penalizzazione evitato decidendo di giocare. Anche se con la morte nel cuore.

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