
(Foto di Tom Vasàsz)
ORTOPEDIA. Fondamentale utilizzare una bicicletta adatta alla propria altezza, altrimenti sono problemi.
Il prossimo 3 giugno sarà la giornata mondiale della bicicletta, e con il ritorno della bella stagione riprendono gli sport e le gite all’aria aperta anche da parte di chi non pratica in maniera agonistica, tutto l’anno, discipline come il trekking o il ciclismo. Quest’ultimo, nello specifico, deve rappresentare un tema di grande attenzione da parte di chi imbraccia la bici per percorrere percorsi lineari o sentieri, perché senza particolari accortezze si rischia di incorrere in traumi di varia natura. Il ciclismo è infatti responsabile di circa il 10–20% delle fratture da trauma sportivo. Un dato che si riferisce sia a praticanti amatoriali che professionisti e comprende diverse tipologie di bicicletta: da corsa, mountain bike e da città. Ne parliamo con i dottori Gennaro Fiorentino, responsabile Uo Ortopedia e Traumatologia, e Sebastiano Giambartino, ortopedico, di Humanitas Gavazzeni.
«Le problematiche derivanti dal ciclismo sono principalmente di due tipi. La prima coincide con le cosiddette meccanopatie, cioè i problemi che nascono dalla particolare postura assunta sulla bicicletta. Mi riferisco al mal di schiena, alle lombosciatalgie o alle ernie da cattiva postura, al dolore al piede dovuto ad un aggancio non corretto della scarpetta al pedale, alle problematiche che nascono dal cattivo appoggio sul sellino, che negli uomini, ad esempio, possono provocare patologie di natura prostatica. E poi è importante non sottovalutare mai il rischio di incidenti, che possono portare a lesioni ossee (fratture, lussazioni, distorsioni) e a lesioni muscolari. Le fratture sono più o meno gravi a seconda dell’energia meccanica – e quindi della velocità – sviluppata al momento della caduta. Quelle più frequenti sono la frattura del femore, che si verifica quando si cade sull’anca, quella del polso, soprattutto per chi pratica mountain bike e, scivolando dal sentiero, cerca di attutire i danni appoggiando le mani a terra, le lussazioni e la frattura della clavicola, che si verificano quando, a seguito della caduta, si atterra sulla spalla».
«Per quanto riguarda gli aspetti meccanopatici è fondamentale utilizzare una bicicletta adatta alla propria altezza: anche solo pochi centimetri in più o in meno possono comportare problemi di non poco conto. Importante è anche prestare attenzione alla “messa in sella”, cioè alla posizione che si assume mentre si pedala, che può essere valutata anche con l’aiuto di un biomeccanico, soprattutto quando si soffre di neuropatie (sindrome del tunnel carpale o cervicobrachialgia). La regola generale rimane comunque quella di “dosare gli sforzi”, utilizzando il rapporto giusto per ogni percorso ed evitando i sovraccarichi. Diminuire il ritmo in salita è una buona regola, facendo lavorare molto anche i muscoli addominali. Infine va mantenuta una buona elasticità del tronco per rendere la pedalata più armonica. Molti ciclisti affiancano all’attività su strada anche un po’ di esercizi eseguiti in palestra, così da allenare tutte le parti del corpo, non solo le gambe. Per evitare o limitare i danni da caduta è fondamentale dotarsi, oltre che di una sana attenzione, di protezioni come ginocchiere, gomitiere, paraschiena e ovviamente il caschetto, che è imprescindibile».
«È indubbio che le persone che si sono sottoposte a interventi di protesi all’anca o al ginocchio devono stare molto attente a tornare in bicicletta. Per loro è comunque sconsigliata la pratica della mountain bike, molto più traumatica in caso di caduta. Se proprio non possono farne a meno, è bene che si premurino di dotarsi di tutte le protezioni di cui ho parlato prima, in questi casi ancor più necessarie».
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