Emozione e ragionamento. Cuore e cervello si parlano

IL CONVEGNO. Sabato 11 ottobre al Centro congressi un incontro per approfondire lo stretto legame tra i due organi che condividono molte caratteristiche.

C uore e cervello hanno caratteristiche simili, per certi aspetti. E si integrano strettamente. Lo sa la cultura popolare, da sempre. Lo afferma anche Elio Staffiere, cardiologo, responsabile scientifico, insieme a Patrizia Rocca e a Francesco Pattarino, del congresso regionale dal tema «Cuore e cervello: organi entrambi elettrici che condividono la scintilla della vita», in programma sabato 11 ottobre al Centro congressi Papa Giovanni.

Dottor Staffiere, cuore e cervello, emozione e ragionamento. Davvero i due organi si influenzano a vicenda?

«Eccome. Una grande emozione porta a una reazione, a una scarica di elettricità che dal cervello va al cuore. Si tratta di due organi segnati profondamente dall’attività elettrica. E da una forte scarica elettrica possono arrivare delle aritmie, delle extrasistoli cardiache. Nei casi più gravi di scarica nervosa si può cadere nella Sindrome di Takotsubo, che è in pratica un infarto: si chiudono le coronarie in seguito a una potente scarica di adrenalina, si verifica uno spasmo, una chiusura delle coronarie. È il caso che si verifica tra il due e il tre per cento di tutti gli infarti. L’emozione forte negativa, un terribile spavento, un dispiacere formidabile possono creare i presupposti per un evento del genere, nel linguaggio comune si dice anche “crepacuore”. Poi naturalmente ci sono tutti gli altri fattori di rischio legati a ipertensione arteriosa, fumo, colesterolo alto, diabete, obesità, sedentarietà, stress che pure incidono».

Si parla spesso di stress e lo si indica come fattore di rischio. Ma di che cosa si tratta in concreto?

«Potremmo dire che ci sono due tipi di stress, cioè di forte pressione sul sistema nervoso, uno positivo e uno negativo. Una grande felicità improvvisa è un fattore di sovraccarico del sistema nervoso, di stress, ma certamente positivo, che ha conseguenze buone sull’organismo. Invece la pressione negativa sul sistema nervoso, lo stress dovuto a fatica, a continue difficoltà emotive, influenza l’organismo che produce più cortisolo, un ormone che fa salire la glicemia, aumenta la frequenta cardiaca e la pressione del sangue. È come quando ci si deve preparare per la lotta: tutti i sensi vanno all’erta, salgono i valori… tutto questo va bene se legato a una momento particolare, ma quando diventa una situazione continuativa allora no, allora diventa una condizione di stress, cioè negativa: non si può restare in tensione alta per troppo tempo. Ma nel nostro tempo molte persone vivono in questa condizione di tensione continua per il lavoro, per gli impegni, per come si affronta la vita».

È vero che dentro al cuore si trova una specie di «piccolo cervello»?

«È un argomento oggetto di studio, in effetti nell’atrio si trovano dei neuroni che sembrano essere il luogo dove prendono forma le prime tracce di emozioni e da qui partirebbe l’informazione che un attimo dopo arriverebbe al cervello».

Lei ha parlato di uno stress positivo.

«È un modo di dire. Mi riferivo a forti carichi emotivi, legati a buone notizie, a situazioni gratificanti. Allora questa carica emotiva induce l’organismo a produrre neurotrasmettitori come le endorfine e la ossitocina, che portano a condizioni di serenità, di gioia. L’ossitocina lo chiamano “ormone della fiducia”. Lo stesso accade con lo sport: vai a fare una corsa o un giro in bicicletta e quando torni ti senti più felice. Questo accade perché hai prodotto in misura maggiore endorfine».

Il cuore ha una relazione con le malattie neurodegenerative?

«Indirettamente sì, sia per il cuore sia per il cervello bisogna cercare di limitare al massimo i fattori di rischio, tentare di prevenire il più possibile i rischi. Sono situazioni piuttosto note. Fa bene al cuore e al cervello fare percorrere diecimila passi al giorno di buon ritmo. E fa bene anche all’umore, come dicevo prima. Poi è chiaro che esistono altri elementi come i fattori genetici che risultano meno decisivi man mano che l’età media si allunga. Pensi che negli anni Sessanta l’aspettativa di vita in Italia era di 71 anni, oggi è di 83 anni… è chiaro che il rischio di ammalarsi con l’età aumenta a prescindere dal fatto genetico».

Leggere fa bene al cuore?

«Molto bene, come tutte le attività della mente perché producono benessere e, come abbiamo visto, il benessere influenza tutto l’organismo. Fa bene fare le parole crociate e giocare a scacchi. Ma leggere romanzi forse ancora di più», perché è un esercizio formidabile per il cervello. Dobbiamo riconoscere i simbolini che sono le lettere, dobbiamo poi collegarli e riconoscere il significato delle parole che poi vanno a loro volta collegate per decifrare il significato delle frasi… insomma un grande lavoro. Ma leggere una storia, un romanzo va ancora oltre: ci identifichiamo con i personaggi, immaginiamo le situazioni, avvertiamo i sentimenti, guardiamo la vita da un punto di vista diverso dal nostro e questo costituisce una meravigliosa esperienza che mette in moto tutte le capacità del nostro cervello e allo stesso tempo ci aiuta a produrre quei neurotrasmettitori di cui parlavamo prima, come le endorfine, che aiutano l’organismo a trovare un equilibrio, che potremmo definire “soddisfazione” o “serenità”. Questo chiaramente incide sulla salute».

Parlerete anche di questo nel convegno dell’11 ottobre?

«Parleremo di diversi argomenti, soprattutto di neurocardiologia, cioè di connessione tra cuore e cervello, con tutto quello che ne consegue».

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