Il Long Covid colpisce il 24% di chi contrae
il virus: ora un network

LA RICERCA. La sindrome di Long Covid è nota per causare oltre 200 sintomi diversi in quasi una dozzina di sistemi e organi, tra cui cuore, polmoni, reni, cervello, occhi e cute, ma ancora oggi non esistono un test approvato per fare diagnosi o un trattamento raccomandato.

Fatica persistente, stanchezza, debolezza mentale e fisica, dispnea, dolore al petto, disturbi gastrointestinali ma anche depressione, ansia e nebbia cognitiva: questi sono solo alcuni dei sintomi riconducibili alla cosiddetta sindrome del «Long Covid» che colpisce circa il 24 per cento delle persone che contraggono l’infezione da Covid-19. Sebbene l’entità e la gravità dei sintomi della sindrome da Long Covid inizialmente sembrassero correlati ad un’infezione più grave, vi sono evidenze crescenti che la qualità dell’infezione acuta non sia determinante nell’insorgenza del Long Covid; anzi, si osserva il quadro anche dopo forme relativamente lievi. I protocolli clinici includono generalmente una valutazione fisica, cognitiva e psicologica completa.

Tuttavia, i motivi per i quali alcune persone presentano sintomi persistenti dopo l’infezione da Covid-19 e le conseguenze a lungo termine di ciò rimangono tuttora sconosciute, motivo per cui i protocolli clinici includono generalmente una valutazione fisica, cognitiva e psicologica completa. Mancano, tuttavia, dati di alta qualità sui risultati di queste strategie di valutazione e gestione. In questo contesto, la condivisione di dati ed esperienze tra clinici e ricercatori diventa fondamentale per aumentare adeguatamente la conoscenza di questo fenomeno. È da qui che nasce il Network Lombardia Long Covid (Llc) dalla cooperazione e collaborazione di figure specialistiche del mondo clinico e non, provenienti da 7 strutture sul territorio lombardo: Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Unità di Malattie Infettive - Coordinatore, Politecnico di Milano, Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (Deib) e Dipartimento di Ingegneria Gestionale (Dig), Università degli Studi di Milano, Centro per la Ricerca Multidisciplinare in Scienze della Salute (Mach), Asst Santi Paolo e Carlo, Unità di Malattie Infettive, Asst Spedali Civili Brescia, Asst Niguarda, Dipartimento di Politiche per la Salute dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs, insieme a Fondazione Onda Ets.

«Come Fondazione Onda Ets siamo lieti di far parte di un progetto di ricerca così importante, che ha il potenziale di trasformare la presa in carico delle persone con sindrome da Long Covid sul nostro territorio, come il Network Lombardia Long Covid» dichiara Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda Ets. Nello specifico, il network si prefigge la raccolta e lo scambio di dati già disponibili per identificare le problematiche più rilevanti che emergono nella popolazione con Long Covid, consentendo, quindi, di prevedere le future necessità del sistema sanitario: il fine ultimo, dunque, preparare le infrastrutture e il personale per rispondere adeguatamente alle esigenze del Sistema salute e migliorare il percorso di presa in carico del paziente con Long Covid. Nello specifico, la piattaforma del LLC Network, che si focalizza su tre ambiti di studio principali - sistema respiratorio, sistema cardiovascolare e disturbi cognitivi e neuropsichiatrici - consentirà la valutazione in tempo reale degli interventi predisposti, per ottimizzarli e rispondere rapidamente all’evoluzione delle necessità dei pazienti.

Che cosa è il Long Covid

«Per Long Covid si intende la presenza di sintomi per almeno 3 mesi dopo la fase acuta dell’infezione. Tutti coloro che contraggono un’infezione da SARS-CoV-2 sono potenzialmente a rischio di sviluppare Long Covid. È importante sottolineare, soprattutto perché stiamo ancora convivendo con questo virus, che ad ogni nuova infezione c’è un nuovo rischio di sviluppare Long Covid. La sindrome di Long Covid è nota per causare oltre 200 sintomi diversi in quasi una dozzina di sistemi e organi, tra cui cuore, polmoni, reni, cervello, occhi e cute, ma ancora oggi non esistono un test approvato per fare diagnosi o un trattamento raccomandato. Il quadro è ancora in via di definizione, ma diversi studi suggeriscono che il vaccino contro il Covid può ridurre, ma non eliminare, il rischio di sintomi a lungo termine. La condivisione di esperienze cliniche tra diversi centri e ricercatori risulta fondamentale per generare evidenze, lo slancio e le risorse di cui abbiamo bisogno», aggiunge Alessandra Bandera, Professore associato, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico.

«A 5 anni di distanza, vediamo ancora forte le impronte della pandemia: un’impronta che rimarrà nel tempo e che ha segnato la crescita di alcuni disturbi legati alla depressione, all’ansia e in particolar modo ai disturbi del sonno che pesano soprattutto tra anziani, giovani e giovanissimi»

«A 5 anni di distanza, vediamo ancora forte le impronte della pandemia: un’impronta che rimarrà nel tempo e che ha segnato la crescita di alcuni disturbi legati alla depressione, all’ansia e in particolar modo ai disturbi del sonno che pesano soprattutto tra anziani, giovani e giovanissimi. Per combattere tutto questo resta imprescindibile la capacità di chiedere aiuto senza nascondere paure e disagio ma anzi conservando la memoria di quanto accaduto e che ha portato con sé un grande insegnamento: quello del valore umano, della condivisione e dello stare insieme», conclude Claudio Mencacci, co-presidente Società Italiana Neuropsicofarmacologia - Sinpf e presidente del Comitato tecnico-scientifico di Fondazione Onda Ets.

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