
La salute / Bergamo Città
Martedì 30 Settembre 2025
Più qualità della vita al paziente: aiuto ai familiari che lo curano
CURE PALLIATIVE. L’Asst «Papa Giovanni XXIII» offre agli assistiti un servizio a largo spettro. È gratuito, ha reperibilità telefonica e non ha limiti di durata.
Garantire la miglior qualità di vita possibile e il supporto ai familiari. È questo, in estrema sintesi, l’obiettivo delle cure palliative per le persone affette da malattie irreversibili e croniche progressive che, in fase avanzata, possono essere assistite a casa propria. Nella provincia di Bergamo i cittadini possono contare su una rete ampia di enti abilitati ad effettuare il servizio di cure palliative a domicilio. Tra questi, quello dell’Asst Papa Giovanni XXIII si distingue per il collegamento diretto con tutte le specialità di uno dei più grandi ospedali pubblici italiani e per la presenza di un’équipe multiprofessionale attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Ne abbiamo parlato con Roberta Marchesi, responsabile delle Cure palliative precoci e simultanee dell’Asst «Papa Giovanni XXIII».
Dottoressa Marchesi, partiamo da un dato: tra il 2023 e il 2024 gli utenti seguiti dal vostro servizio sono aumentati di quasi il 60%.
«È un dato che ci sprona a proseguire nel nostro lavoro. Alle famiglie sta arrivando sempre di più la percezione della qualità, della professionalità e allo stesso tempo dell’umanità delle nostre équipe multiprofessionali. Stiamo consolidando un modello che integra il lavoro sul territorio con il collegamento diretto e rapido con gli specialisti dell’ospedale. Questo ci permette in molti casi di attivare il servizio in tempi rapidi, garantire così la precocità della presa in carico e una continuità di cura molto stretta. In alcuni casi questo può fare la differenza per ridurre situazioni critiche che altrimenti finirebbero in pronto soccorso o in ricoveri non più appropriati».
Come si accede al servizio e quali sono le garanzie per le famiglie?
«L’attivazione può arrivare dal medico di medicina generale, dallo specialista ospedaliero, dai servizi sociali, ma anche dal paziente stesso o dai suoi familiari. È gratuito, non ha limiti di durata e assicura reperibilità telefonica e, all’occorrenza, anche in presenza al domicilio 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo dà alle famiglie la certezza di avere sempre un punto di riferimento, in ogni momento così delicato della malattia».
Attivato il servizio, chi decide a quale ente erogatore affidarsi?
«La normativa regionale prevede che siano i cittadini a scegliere liberamente tra i soggetti accreditati presenti nel territorio di residenza. Noi siamo una delle opzioni. Crediamo che con la forza di un grande ospedale multispecialistico alle spalle, unita a un’équipe dedicata e reperibile 24 ore su 24, sia davvero possibile fare la differenza per i pazienti e per i loro familiari in una fase così delicata della vita».
Le cure palliative sono ancora spesso associate al paziente oncologico. È davvero così?
«Non solo. Accogliamo persone adulte, e in rari casi anche giovani, con molte altre patologie croniche evolutive: cardiologiche, respiratorie, neurologiche, ma anche chi non può più sostenere la dialisi. Di recente abbiamo introdotto una stretta collaborazione con l’ambulatorio dello scompenso cardiaco: i pazienti più fragili ci vengono segnalati direttamente e possiamo valutare precocemente un’assistenza domiciliare, anche con terapie complesse come infusioni continue di farmaci cardiologici».
Qual è il contributo degli infermieri in questa iniziativa?
«Sono una figura centrale nel percorso assistenziale. Con competenza clinica e capacità relazionale offrono un supporto concreto e qualificato al paziente e alla famiglia. Gli infermieri monitorano l’evoluzione clinica, rilevano tempestivamente ogni segnale di peggioramento, collaborano con medici ed équipe multidisciplinare per controllare i sintomi e garantire la qualità di vita. Non offrono solo assistenza tecnica, ma una presenza capace di orientare, rassicurare e sostenere, anche nei momenti più critici. Solo attraverso un ascolto autentico, una comunicazione chiara e la costruzione fin dall’inizio di un rapporto di fiducia è possibile far sentire la famiglia parte integrante del percorso, mai sola di fronte alla complessità della malattia».
Quanto conta il supporto alla famiglia nel vostro percorso?
«Moltissimo. Nelle case dei pazienti si entra, per così dire, “in punta di piedi”. Non solo il paziente, ma anche la sua rete familiare, che spesso coincide con la figura del caregiver, è destinatario diretto del nostro servizio pubblico. Non escludiamo mai la relazione con il medico di medicina generale, che è il professionista di fiducia del paziente e della famiglia. A pazienti e familiari offriamo come parte integrante del servizio un supporto psicologico durante la presa in carico. A questi ultimi anche nel periodo successivo al lutto, se richiesto. È un elemento che completa il nostro lavoro multiprofessionale, perché la cura non riguarda solo l’aspetto clinico, ma anche il benessere emotivo di chi è coinvolto».
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